Politica
21 Marzo 2016
"La giunta Tagliani rifiutò 25mila euro per urilevare l'incidenza dei tumori, cifra di poco maggiore a una delle venti Toyota Prius da poco acquistate dal Comune"

Scomparsa del Movimento. Mantovani: “Destra-sinistra? Aveva ragione Gaber”

di Redazione | 7 min

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mantovanidi Daniele Modica

Tommaso Mantovani, classe 1964, fu uno dei promotori e dei protagonisti della lotta ambientalista dei primi anni 2000 a Ferrara e del referendum del 10 e 11 febbraio 2007 con cui 11.539 ferraresi espressero il loro dissenso al progetto di ampliamento dell’inceneritore e e di costruzione della turbogas. Sul suo curriculum vitae ci tiene a precisare di non aver mai avuto tessere di partito. Di tessere di associazioni ambientaliste invece ne ha da vendere: Medicina Democratica, Wwf, ecc. È socio fondatore del comitato civico indipendente Ferr’Aria pulita dal 2003. Dal 2009 al 2014 è stato consigliere di circoscrizione per Progetto per Ferrara e oggi fa parte del Movimento 5 Stelle.

Il referendum del 10 e 11 febbraio 2007 fu l’apice di un movimento di protesta contro il progetto di ampliamento dell’inceneritore e la costruzione di una centrale turbogas. Quali erano le ragioni della protesta?

“Il punto di partenza della protesta era e rimane il terribile primato che abbiamo in regione: la più alta incidenza di cancro al polmone, al colon e all’utero. Anche in questi giorni di grande concentrazione di PM, si capisce che non può essere solo il traffico veicolare, dal momento che i valori più alti si sono registrati in aree come la bassa reggiana e parmense, che hanno una morbilità più bassa della nostra per quanto riguarda l’apparato respiratorio”.

Alcuni sostenitori della politica ambientale del Comune affermano che il progetto fu migliorativo a livello ambientale e che le criticità devono essere ricercate da altre parti, nelle particolarità del territorio, in altre strutture vicine, ecc. Alla luce di questo, non crede che almeno nell’intenzione l’amministrazione realizzare qualcosa di migliore rispetto all’esistente, cioè le due centrali ad olio combustibile ad esempio?

“In un contesto critico come il nostro, come le ho già spiegato prima, è stata semplicemente una sciagurata ricerca di business economico e politico (voti e sponsor), da parte dell’amministrazione e dei suoi sodali, motivare il permesso a Enipower di costruire una centrale a turbogas da 800Mwe e ad Hera di ampliare l’inceneritore di Cassana. Anche Prodi (Franco, fratello di Romano) all’epoca professore di Fisica all’Università di Ferrara, relazionò che installare una megaturbogas in questo territorio poteva essere solo una “decisione politica”, perché era chiaro che non poteva comportare un miglioramento dell’aria: era questo infatti che sbandieravano gli assessori all’ambiente dell’epoca (uno caduto in disgrazia; l’altro in piena carriera, paradossalmente, tra gli “ecodem”). Naturalmente l’amministrazione e il partitone andarono avanti a testa bassa. Ma qualche cittadino doveva pure opporsi”.

E dunque arriviamo alla protesta. Chi partecipò era gente di sinistra o di destra o apolitica?

“Direi da da sinistra e da destra. Si cominciò con i comitati. Il Comitato per una città sostenibile e FerrAria Pulita (del quale ero tra i fondatori) rapidamente raccolsero migliaia di firme “in piazza” contro la turbogas, sostenuti dalle associazioni, come WWF, Legambiente e Medicina Democratica. Alla soglia dei 40 anni, ho capito che la dicotomia destra-sinistra era davvero quella di Gaber. E che i partiti tradizionali sono interessati solo alla difesa della gerarchia, dei finanziamenti e della distribuzione dei posti di lavoro. Un sistema complesso che sta in piedi solo con i voti dei cittadini”.

Ricorda ancora qualche episodio della protesta di quei giorni che faccia capire quanto era forte la vostra motivazione?

“Quando piantammo le tende davanti al cantiere dell’inceneritore di Cassana. Mi ricordo una notte sotto una pioggia torrenziale. L’unico a venirci a trovare fu il senatore Nando Rossi, allora in rotta con il secondo governo Prodi (che difendeva inceneritori e turbogas in Emilia-Romagna e in tutta Italia)”.

La popolazione ferrarese sente come un’emergenza la questione ambientale?

“La gente di Ferrara vede ormai nella difesa della salute e dell’ambiente i primi doveri della politica. Oltre al lavoro, naturalmente. Ma le due istanze non andrebbero presentate come antitetiche dalla “maggioranza”, che cavalca il solito ricatto occupazionale, per non rischiare di incrinare l’apparato politico-economico consolidatosi nei decenni”.

Lei fa riferimento al polo chimico. Ma torniamo a quei giorni. Cosa successe una volta raccolte le firme?

“Ne abbiamo portate al sindaco qualche migliaia, non si fece trovare. E l’assessore all’ambiente disse che ci volevano ben altri numeri per far cambiare progetto alla giunta. Allora gliene portammo più di 11mila, con il referendum del febbraio del 2007. Ma, evidentemente la maggioranza applicava la tecnica propagandistica del rialzo dell’asticella. Non solo. I pochissimi consiglieri comunali che lottavano attivamente con noi dovettero rompere con i partiti di riferimento (come Emanuela Zucchini di Rifondazione comunista e Francesca Cigala Fulgosi con i Verdi, ndr), perché ostracizzati sia dalla maggioranza sia dall’opposizione. Lo stesso difensore civico (ora in regione) e i “garanti” giudicarono il referendum inammissibile”.

L’amministrazione motivò quelle scelte parlando di miglioramento economico anche in termini di minor costo dell’energia.

“Un’altra balla propinata ai cittadini era che l’inserimento di Eni nel petrolchimico (con la turbogas) avrebbe ridotto gli oneri delle aziende esistenti e favorito l’insediamento di altre. Risultato? Nessun nuovo impianto (Estelux per pannelli solari fu un’altra bufala) e il costo dell’energia fornita da Enipower cominciò subito a strozzare Nylco e P-Group. Per non parlare della chiusura di Versalis (300 lavoratori) di questi giorni, sempre dell’Eni, che indica chiaramente l’intenzione di ridurre il settore chimico.

Se alla fine il movimento ambientalista non portò a casa l’annullamento o almeno la sospensione del progetto di inceneritore e turbogas, fu una sconfitta? Qual è invece secondo lei il maggior risultato della lotta per l’ambiente del ferrarese?

“Il risultato più grande nella lotta del movimento ambientalista a Ferrara, per me, fu la chiusura dell’inceneritore di via Conchetta. Grazie ad un laboratorio di analisi chiamato (e pagato) dallo studio Maruzzi, furono raccolti campioni di diossina nei dintorni e partì un esposto alla Procura della Repubblica. Gli altri campioni, ai camini dell’inceneritore, poteva prenderli solo Hera, che li fornì ai carabinieri del NOE (nucleo operativo ecologico). Nonostante qualche incertezza, non si diede luogo a procedere. Ma l’inceneritore, stranamente, fu chiuso immediatamente, circa due anni prima del termine previsto”.

Il problema è che mancano gli studi che dimostrino una maggiore incidenza tumorale nelle zone più inquinate del ferrarese.

“Qualche anno dopo, il dottor Aldo De Togni dell’istituto di epidemiologia dell’Asl di Ferrara, con scrupolo scientifico e non partitico, registrò nelle vicinanze dell’inceneritore, a Malborghetto di Ferrara, una strana concentrazione di linfomi non Hodgkins. Ma quando lo stesso medico, nell’autunno del 2009, chiese alla giunta Tagliani 25mila euro di finanziamento per un progetto di rilevamento dell’incidenza dei tumori nel comune di Ferrara, il sindaco rispose di no. Da notare che la cifra era poco più di una delle venti Toyota Prius da poco acquistate dal Comune, per fare un po’ di propaganda ambientalista.

Lei fu uno dei protagonisti di quella stagione di battaglie ambientali ad essere convinto che la via da intraprendere fosse quella politica, con la formazione di un soggetto che si potesse presentare alle elezioni. È ancora convinto che fosse la via migliore?

“Guardi, la svolta più grande nella lotta ambientalista fu il coinvolgimento di Beppe Grillo. Chiamato a Ferrara grazie a Mario Testi, ci diede una bella mano. Ricordo migliaia di persone in piazza municipale, dove aspettavamo sindaco ed assessore all’ambiente, che invece uscirono dalla porta di servizio. Quando capimmo che l’unico modo per essere ascoltati dall’amministrazione, succube o connivente con multiutilities e multinazionali, era rubarle voti, Beppe ci tenne a battesimo. Prima della costituzione del M5S (4 ottobre), ci presentammo alle elezioni nella primavera del 2009. Ma non tutto il movimento ambientalista fu d’accordo nella formazione di liste civiche, per cui i voti si dispersero, pur portando Tagliani al ballottaggio. Ma alle regionali del 2010, quando ormai eravamo rappresentanti del M5S, i voti in città raddoppiarono. E triplicarono alle passate comunali del 2014. Credo che l’unica strada per una vera dialettica democratica con il Pd, l’abbiamo tracciata. Inutile disperdersi in protagonismi o ricerca di visibilità personali”.

Inutile chiederle se la questione ambientale a Ferrara sia ancora attuale. Cosa si augura per l’imminente futuro?

“Spero che il M5S continui a fare da referente nella difesa della salute e dell’ambiente, a Ferrara come altrove, operando davvero un’ecologia della politica e smascherando una propagandistica “organizzazione del dissenso” da parte della “maggioranza”, di destra o di sinistra. In più occasioni ho visto tentativi di cavalcare temi ambientali da parte di chi in realtà appoggia inceneritoristi e inquinatori. Mi sembra schizofrenico parlare a Roma di Terra dei fuochi e di traffico illegale di rifiuti, ma impedire a Ferrara la raccolta differenziata porta a porta, bloccandola al 50%. Forse per lasciare materiale all’inceneritore e permettere ad Hera il business delle “energie rinnovabili”, cioè produrre energia elettrica comprata dallo Stato a tre volte di più del prezzo di mercato? Considerando che in Italia è un business da 10 miliardi di euro l’anno, credo che di lavoro da fare ce ne sia ancora tanto”.

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