Politica
15 Marzo 2016
"Oggi Ferrara vanta la peggiore amministrazione del dopoguerra e anche la peggiore opposizione"

Scomparsa del Movimento. Tavolazzi rottama anche i rottamatori

di Redazione | 6 min

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“Gestione clientelare di servizi, lavoro, finanziamenti, incarichi”, classe dirigente senza “progettualità, spessore politico e qualità umane” e “insufficiente credibilità dei soggetti politici che si candidano alla guida del cambiamento”. Il male che affliggerebbe Ferrara dal punto di vista politico, economico e ambientale verrebbe secondo Valentino Tavolazzi, rappresentante di Progetto per Ferrara, sia da chi detiene il potere sia da chi si oppone allo status quo.

L’inchiesta di Estense.com sulla scomparsa del Movimento politico-ambientalista a Ferrara, dopo l’intervista di apertura a Mario Testi, continua proprio con Tavolazzi muovendo i passi dalla storica esperienza democratica del referendum anti inceneritore e turbogas che si tenne il 10 e l’11 febbraio 2007, e che riuscì a portare al voto ben 11539 persone di diversa appartenenza politica e sociale. Tavolazzi fu uno dei protagonisti di quel fermento. In quegli anni, dal 2004 al 2007, ha vissuto diverse esperienze con associazioni e comitati ambientalisti, da “FerrAria Pulita” a “Medicina Democratica” e “Movimento Referendario”, e nel 2008 ha fondato “Progetto per Ferrara” con cui si è presentato alle elezioni amministrative del 2009.

Tavolazzi, che fine ha fatto l’opposizione a Ferrara?

“La debolezza o meglio l’assenza di una credibile opposizione ha rappresentato e rappresenta la vera malattia di Ferrara, una comunità che da decenni viene privata dell’alternanza, sorgente di democrazia e buona amministrazione. Il potere politico dominante (Pd ed antenati), da tempo saldamente innervato nelle istituzioni e nelle pieghe della società civile, grazie alla gestione clientelare di servizi, lavoro, finanziamenti, incarichi, ha definitivamente eroso capacità e qualità della propria classe dirigente. Oggi Ferrara vanta la peggiore amministrazione del dopoguerra e, poichè il degrado ha coinvolto anche gli altri partiti vecchi e nuovi, anche la peggiore opposizione”.

Quanto deve il suo impegno politico all’esperienza referendaria del 2007?

“Il referendum del 2007 (unitamente alle attività che lo hanno preceduto e seguito) è stato un grande laboratorio civico. Per chi vi ha lavorato, il risultato contava più dell’appartenenza partitica, la solidarietà e l’impegno volontario, più del carrierismo o della ricerca di una sistemazione con la (o in) politica. Da quell’esperienza ha preso linfa ed entusiasmo Progetto per Ferrara, che grazie agli elettori, per cinque anni ha portato in consiglio comunale quei valori ed una esperienza di opposizione anomala nel panorama cittadino”.

Oggi non sembra esserci più nessuno che fa opposizione sul merito, per lo meno non con la stessa movimentazione di volontari ed elettori. Come mai? E come giudicherebbe l’attuale situazione dell’opposizione ferrarese?

“Quella spinta propulsiva sembra svanita. In realtà vive sotto la cenere nelle fasce più consapevoli e motivate della popolazione ferrarese, ma nessuno purtroppo è disposto a sacrificare se stesso o il proprio partito, per un progetto politico allargato, teso a catalizzare le motivazioni ed il forte desiderio di cambiamento nella città, a mio parere presenti e pure maggioritari dal punto di vista elettorale. Purtroppo quelle spinte dal basso vengono inesorabilmente depotenziate dalla insufficiente credibilità dei soggetti politici che si candidano alla guida del cambiamento e dalla conseguente delusione/rassegnazione che inevitabilmente si diffonde tra i cittadini. Questo porta alle sconfitte elettorali e dunque acqua al mulino di Tagliani e Pd”.

Perché nonostante il referendum tutto il progetto inceneritore-turbogas andò avanti lo stesso?

“Perchè le battaglie civili, anche giustissime, ma non supportate da adeguata presenza nelle istituzioni di rappresentanti di quegli interessi collettivi, sono destinate alla sconfitta”.

In altri termini?

“In altri termini il cambiamento si può ottenere con la mobilitazione civile, purché contestuale all’ingresso nelle istituzioni delle medesime motivazioni civiche, allo scopo di influenzare/condizionare le scelte amministrative”.

Cioè serve qualcuno dall’interno della stanza dei bottoni. Le sembra di poter dire che i cittadini premiarono con il voto gli sforzi compiuti da lei e dagli altri per il referendum?

“Sí. Era la prima volta che un nuovo movimento civico (Progetto per Ferrara, ndr) di quella natura si presentava alle elezioni. Nel 2009 altri candidati, più noti e di lungo corso, non sono entrati in consiglio. Se Ppf avesse trovato candidati per proseguire nelle istituzioni il proprio percorso politico, alle ultime elezioni comunali avrebbe raccolto ampi consensi”.

Come è attualmente la salute di Progetto per Ferrara?

“Siamo presenti e vigili, senza tuttavia dar vita ad iniziative politiche. Rivaluteremo la situazione e le condizioni politiche nel 2019”.

Si considera uno dei pochi che dopo il 2007 è riuscito a canalizzare politicamente quella grande spinta civica?

“Non vi è dubbio che quella di Ppf sia stata una esperienza unica a Ferrara. Oggi è quasi un bene comune al servizio dei cittadini”.

La rottura con i Cinque Stelle ha in qualche modo compromesso o limitato la sua battaglia per l’ambiente?

“No. L’espulsione dal M5S per mano degli avvocati dei due proprietari Grillo e Casaleggio, è avvenuta all’inizio del 2012. I problemi di democrazia di quel finto movimento dove “uno varrebbe uno”, allora denunciati da pochi gruppi Cinque Stelle, oltre a Ppf, oggi sono sotto gli occhi degli italiani. Quella frattura, tuttavia, non ha minimamente depotenziato la nostra azione politica locale. Fino alla fine della consigliatura nel 2014 Ppf ha operato con il massimo della motivazione e dell’efficacia. Ricordo solo pochi esempi. In quel periodo abbiamo indotto Tagliani a chiudere, anche se in forte ritardo, il derivato Dexia. Abbiamo prodotto numerosi ricorsi alla Corte dei Conti, presentato emendamenti al bilancio, denunciato al Paese lo scandalo di Cona, condotto la battaglia contro la cessione “gratuita” delle reti del gas a Hera. Purtroppo il M5S, dopo la nostra uscita dal Comune, non ha portato avanti quel tipo di battaglie, al contrario sui temi vitali per la città risulta ‘non pervenuto'”.

Quindi, secondo lei, il M5S latita. Su quali punti si sentirebbe di lanciare la sfida per un nuovo rassemblement delle forze di opposizione?

“Le condizioni per convergere sono soprattutto due: la consapevolezza di ciascuna parte che ciò sia davvero necessario e la volontà comune di realizzare un progetto di cambiamento innovativo e condiviso. Poi servono candidati credibili. Purtroppo finora hanno prevalso interessi di bottega e la distribuzione di briciole sotto al tavolo, da parte del Pd”.

Su quali altre emergenze dovrebbe focalizzare l’opposizione ferrarese?

“Le emergenze sono tante, in primis ambiente e sanità. L’aria è malata, l’acqua nei canali e nei fiumi è inquinata. Le coltivazioni utilizzano ancora troppa chimica. La mortalità in alcune patologie diminuisce, ma aumentano i nuovi casi di malattia. L’assistenza sanitaria in città è inadeguata, sia per il dislocamento a Cona di emergenze, cure, day hospital, gran parte delle visite specialistiche e degli accertamenti diagnostici, sia perché non è stata realizzata alcuna forma di organizzazione complementare ed integrativa in città. Le liste di attesa sono troppo lunghe, il disagio di malati e familiari è enorme. Poi c’è il collasso dell’economia, la perdita dei posti di lavoro, la negazione ai giovani ferraresi di un futuro nella propria terra. Ci sono anni di lavoro tanto per una opposizione, oggi silente, quanto per una amministrazione alternativa, posto che un nuovo progetto di cambiamento per la città, possa conquistare la fiducia degli elettori. E a parer mio lo può”.

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