Politica
16 Marzo 2016
Il deputato Pd difende le scelte di turbogas e inceneritore, che furono il fulcro delle lotte ambientaliste

La scomparsa del Movimento. Il ‘grande nemico’ Bratti: “Rifarei tutto”

di Redazione | 9 min

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brattidi Daniele Modica

Sono stati il punto di incontro della battaglia delle tante sigle dell’associazionismo. Turbogas e inceneritore riuscirono a coalizzare quello che fu il Movimento ferrarese. Quando si maturò e si portò a compimento l’ampliamento dell’inceneritore e la costruzione della turbogas, sulla poltrona di assessore all’ambiente della città di Ferrara c’era Alessandro Bratti.

Dal 1999, quando fu chiamato ad occuparsi di ambiente e mobilità dall’allora sindaco Gaetano Sateriale (che lo ha sostanzialmente confermato al ruolo che ricopriva nell’amministrazione Soffritti) ad oggi ha fatto una carriera sorprendente. Nel 2008, dopo una parentesi di due anni come direttore di Arpa, diventa deputato del Pd. Dal settembre 2009 è presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati.

Rielaborando i dati della classifica dell’Organizzazione Mondiale della Sanità raccolti da 1600 città dal 2008 al 2014, è possibile osservare l’istantanea di una Ferrara ai primi posti in Italia per livelli di inquinamento da pm 2,5 e pm 10. Lei nel 2006 a proposito dell’inceneritore e turbogas ha detto: “Sono convinto, e continuerò a sostenerlo, che la centrale termoelettrica rappresenta uno dei progetti più importanti che l’amministrazione ha portato avanti con coraggio negli ultimi anni”. Ne è ancora convinto?

“Assolutamente sì. Quel progetto è stato importante da un lato perché era ambientalmente migliorativo rispetto all’esistente di allora. Furono date autorizzazioni alle emissioni al camino più restrittive rispetto alla vecchia centrale ad olio inoltre si iniziò un lavoro importante di bonifica dei terreni. Vorrei ricordare che poiché la centrale a ciclo combinato non ha mai funzionato a pieno regime se non forse all’inizio per periodi limitati la quantità reale di inquinanti emessi in atmosfera è stata di molto inferiore a quella emessa negli anni precedenti.

A ciò si aggiunga che oggi se il Polo chimico esiste ancora è perché si è continuato a fare investimenti tra cui quello della centrale. Ricordo inoltre, e i dati verranno presentati fra qualche mese, che il sito chimico di Ferrara insieme a quello di Ravenna sono quelli che rispetto a Mantova e Marghera sono stati i più “ambientalizzati”.

Quindi secondo lei la promessa che venne fatta in occasione della costruzione di queste opere, cioè che la turbogas avrebbe avuto meno emissioni in rapporto ai Mwe prodotti rispetto al sistema precedente ad olio combustibile, è stata rispettata?

“Come ho già detto: la nuova centrale non funziona a pieno regime e con lo sviluppo delle rinnovabili che come è noto hanno priorità di dispacciamento (cioè l’energia prodotta con le rinnovabili viene immessa in rete prima di quella prodotta da combustibili convenzionali) quell’impianto non andrà mai a pieno regime e quindi inquina e inquinerà molto meno rispetto all’impianto precedente. Se poi per qualche motivo legato alle scelte di strategia energetica del paese la centrale dovesse andare a pieno regime se si vuole limitare ulteriormente le emissioni basta in sede di revisione di Autorizzazione ambientale integrata abbassare i limiti. Ricordo che l’autorizzazione ambientale va rivista periodicamente. Addirittura a legislazione vigente l’autorizzazione può essere rivista senza aspettare la scadenza se intervengono migliori tecnologie o si evidenzia un pericolo igienico sanitario”.

Se l’impianto turbogas non è mai stato utilizzato a pieno regime, perché costruirne uno da 800 Mwe? Non ne bastava la metà, o ancora meno?

La decisione della taglia dell’impianto è decisa dal proponente non da chi autorizza. Allora fu una scelta legata al mercato energetico sebbene funzionale alle attività all’interno del Polo chimico.Ne sono state costruite di centrali talmente tante che ora poiché il mercato energetico in Italia è saturo non è conveniente economicamente “accenderle”. Questo è un problema dei gestori. Le autorità pubbliche devono garantire il rispetto delle autorizzazioni dopo averle date.

Un’altra promessa di cui si discuteva a quei tempi riguardava la ricaduta che le due opere avrebbero avuto sul progresso economico della città. Ad oggi le sembra una promessa mantenuta? Valuti anche le dichiarazioni che il 16 aprile del 2013, Giuliano Guietti, allora segretario provinciale della Cgil, fece al nostro quotidiano: “La centrale Turbogas avrebbe dovuto garantire un abbattimento del 30% sui prezzi energetici, che invece paradossalmente sono quasi il doppio che all’esterno del polo industriale”.

“Oggi se a Ferrara esiste ancora il Polo chimico e se vi sono investimenti in atto è anche perché fu fatto quell’investimento. Sul costo dell’energia è noto che vi è una legislazione e soprattutto vi erano delle decisioni delle Autority per l’energia e del gas che fino a poco tempo fa non privilegiava le aziende che usufruivano delle cosiddette RIU (cioè reti interne). Recentemente qualcosa è cambiato anche per l’interessamento dell’attuale amministrazione e dei parlamentari. Quindi la situazione denunciata da Guietti non è più quella”.

La terza rassicurazione dell’amministrazione di allora riguardava invece lo sviluppo del Petrolchimico. Non ho bisogno di citare alcuna fonte per rammentare la situazione attuale di totale difficoltà e incertezza del complesso industriale ferrarese. Come commenterebbe?

“Rispetto alla crisi che ha investito il settore della chimica (ben prima della crisi dell’economia del 2008) il Polo chimico di Ferrara è stato uno dei pochi in Italia in cui si è continuato a fare investimenti. Vi è una difficoltà ed incertezza che riguarda Eni e Versalis. Si sta discutendo del futuro della Chimica in Italia ma è sufficiente raccogliere un po’ di letteratura in merito e ci si renderà conto che gli Accordi di programma realizzati a Ferrara sono citati in positivo da tutti gli addetti del settore. A Ferrara è ancora presente il Centro di ricerche Basell, vi è Yara che continua ad investire, vi è un investimento importante di Versalis che verrà mantenuto qualunque sia il nuovo azionista di maggioranza dell’azienda. Le bonifiche e operazioni di messa insicurezza stanno procedendo. C’è un interessamento verso le nuove frontiere della chimica verde. Nella parte confinante ex Solvay si stanno consolidando aziende come la Softer che ha sede a Forli che è in fase espansiva. Pensiamo che cos’è la crisi a Marghera, a Gela o in altri ex petrolchimici e ci si renderà conto che a Ferrara si può guardare al futuro con un certo ottimismo. Non c’è dubbio però che non si può dormire sugli allori”.

Abbiamo individuato nel referendum di iniziativa popolare del 2007 un momento di grande sforzo democratico voluto da associazioni e gruppi di liberi cittadini che volevano opporsi ad un progetto della giunta Sateriale di cui lei faceva parte. Cosa ne pensa di quei movimenti. In loro vedeva puro interesse ambientale o anche velleità politiche e interessi personalistici?

“In quel periodo a Ferrara c’era una grande vivacità e un confronto democratico molto interessante. Come sempre capita la stragrande maggioranza delle persone coinvolte era animata da buona fede, ma qualcuno è stato abile a strumentalizzare la protesta per fini personali di vario tipo e genere. Io ho un buon ricordo di quel periodo e credo che a Ferrara ci sia stata una sperimentazione di democrazia partecipata. Ricordo che in quegli anni (2003) Ferrara insieme a Oslo e Heidelberg vinse il Premio Città sostenibile a livello europeo (unica città italiana nella storia) e nel 2001 vinse la classifica di Ecosistema urbano promossa da Legambiente”.

Lei allora aveva molte responsabilità sulla vicenda inceneritore/turbogas in qualità di assessore all’ambiente, almeno fino al 2006. Tornando indietro rifarebbe tutto? C’è qualcosa che cambierebbe del suo operato?

“È difficile rispondere con il senno di poi. In quel periodo insieme ovviamente ad altri abbiamo realizzato di fatto il Parco Urbano (con la piantumazione degli alberi e la costruzione del pontino che collega il sottomuro con il parco), abbiamo rifatto il parco Pareschi e Parco Massari, abbiamo sistemato il piazzale sottomura nord, si è smantellata la cupola del cvm di Solvay e bonificata l’area ex Solvay, chiuso l’inceneritore di via Conchetta e l’inceneritore dei rifiuti speciali pericolosi all’interno del Petrolchimico. In più abbiamo chiuso le discariche di Ca’ Leona e iniziato la riqualificazione della vecchia discarica degli inerti nel Parco urbano. Allargato l’area pedonale e ztl, tolto le auto attorno al Castello e da piazza Municipale, costruite piste ciclabili che allora ci collocavano al primo posto in Italia sulla ciclabilità urbana.

Si poteva fare di più? Può darsi. L’unico rammarico che mi rimane è di non essere riuscito a far passare l’idea dell’interruzione dell’asse Giovecca-Cavour e nel non essere riuscito a far passare l’idea di costruire una tramvia o quanto meno di avere presentato un progetto in tal senso al CIPE. Un errore è stato quello di pensare che i parcheggi sotterranei fossero un problema ambientale. Lì ho sbagliato: era necessario avere il coraggio allora di farli”.

Nel 2006 è stato chiamato alla guida di Arpa. Nominare uno dei maggiori fautori dell’inceneritore e della turbogas, come lei, direttore di Arpa Emilia-Romagna, che dovrebbe monitorare l’effettiva situazione di inquinamento prodotto, non è un conflitto di interessi secondo lei?

“Direi che la domanda ha poco senso. Il conflitto di interessi riguardo a che? Che interessi personali avrei avuto in queste vicende? Tra l’altro quando io ho diretto Arpa quegli impianti erano già stati costruiti. In più Arpa è dotata di ufficiali di polizia giudiziaria che come è noto rispondono direttamente all’autorità giudiziaria e non al direttore o meglio non per quelle funzioni. Quindi se vi fossero stati illeciti di qualunque genere nelle autorizzazioni dei due impianti e se si fosse individuato mai una mia azione illecita la magistratura avrebbe potuto intervenire. Ricordo che come direttore di Arpa sono stato fautore e proponente alla giunta regionale di un Progetto, Moniter, di monitoraggio sugli inceneritori in Emilia Romagna. Progetto che ha messo in evidenza alcune problematiche sanitarie legate alle nascite premature. Quindi…”

Dopo tutto quello che ci siamo detti, che messaggio vorrebbe dare oggi ai ferraresi?

“Ai ferraresi direi che la qualità ambientale di Ferrara è molto elevata ed il controllo esiste ed è molto capillare. Rimane un territorio molto delicato e quindi occorrono molte attenzioni. C’è un problema molto serio che ci accomuna a tutti i comuni della Pianura padana: l’inquinamento atmosferico. Ormai è chiaro che questo problema va affrontato su scala del bacino padano. Ritengo invece che proprio l’ambiente possa costituire una grande possibilità per lo sviluppo della nostra comunità. Chimica e parco del Delta possono coesistere? Io ritengo di si, anzi possono essere un pezzo importante dello sviluppo della nostra provincia”.

Cosa si sta facendo nelle sedi parlamentari per il futuro dell’ambiente in Italia?

“A livello nazionale credo che vi sia più sensibilità sui temi ambientali legati anche a quelli dello sviluppo. La legge sugli ecoreati, la legge per la green economy, la riforma delle agenzie ambientali, la legge sul consumo di suolo (le prime due già approvate) sono provvedimenti particolarmente significativi. La legge sugli ecoreati era in attesa di approvazione da 21 anni.

Sono stati anche presentati provvedimenti che dal punto di vista ambientale io considero contraddittori quali ad esempio il cosidetto sblocca trivellazioni.

Oggi sono molto impegnato sui temi collegati alla legalità ambientale e nel portare avanti tutte quelle istanze che pongono al centro l’ambiente. Si tratta di far comprendere che l’ambiente, oltre ad essere il bene comune da conservare, è anche una grande opportunità di sviluppo. Forse la sola che un Paese come l’Italia possa perseguire”.

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Mario Testi

Valentino Tavolazzi

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