Politica
17 Marzo 2016
L’ex Legambiente rivela una notizia inedita: l’ex city manager aveva già un progetto politico

Fine del Movimento. Marzia Marchi: “A distruggerlo fu Tavolazzi”

di Redazione | 7 min

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Marzia Marchi

Marzia Marchi

di Daniele Modica

Continua con l’intervista a Marzia Marchi l’inchiesta di Estense.com sulla scomparsa del Movimento a Ferrara. Marzia Marchi è una delle protagoniste degli anni di lotte più accese sui temi ambientali che culminarono nel referendum di iniziativa popolare (non autorizzato e di fatto non riconosciuto) che nel febbraio del 2007 permise che 11.539 cittadini esprimessero il loro parere sul progetto di triplicazione dell’inceneritore (150 tonnellate al giorno) e di creazione della nuova turbogas da 800 megawatt. La situazione condusse molti dei promotori a compiere scelte forti, creò i presupposti per la nascita di nuove realtà associative e politiche.

Soprattutto fu un grande esempio, come poche volte si è visto in città, di movimento di opposizione unitario. Marchi è, come si autodefinisce sulla sua pagina Facebook, “guerriera, ambientalista, femminista, nonviolenta, scrittrice a tempo perso, maestra elementare a tempo pieno”, autrice di Repertorio del maschio italiano (Tufani editore, 2007). Vanta una lunga militanza nelle associazioni ambientaliste. Dal 2005 al 2011 è stata presidente di Legambiente Ferrara.

Un grande movimento di opposizione: associazioni, partiti e privati provenienti da mondi completamente differenti che hanno la forza di superare le differenze per una causa comune. Sembra tutto perfetto. Peccato che finito il referendum fu una diaspora. Che cosa fece incrinare tutto?

“Non che cosa. Chi.

Chi?

“Valentino Tavolazzi”.

Valentino Tavolazzi? Fu lui l’unico motivo per cui si sfaldò il gruppo che aveva voluto il referendum e combattuto contro la turbogas e l’inceneritore?

“No, certamente non l’unico. Questo no. Ma ebbe una bella parte”.

Ripercorriamo le fasi fin dal principio per capire come andarono le cose, le va?

“Benissimo. Innanzitutto bisogna dire che il movimento contro la turbogas inizia molto prima del referendum. Dobbiamo risalire all’estate 2003”.

Cosa successe in quell’estate?

“Successe che venne approvata una delibera, la 46065/02. C’è un piano particolareggiato di iniziativa privata che viene presentato in Consiglio Comunale. Il soggetto privato è Eni, il progetto riguarda appunto la turbogas. Un mese dopo, luglio 2003, viene tutto approvato. Tempi record come non era mai successo. E nessuno sa niente. La cittadinanza ovviamente poteva fare osservazioni, ma non è che i cittadini vadano tutti i mesi in Comune a controllare gli atti prodotti”.

Il Consiglio come si era posto?

“Anche questa è bella: in Consiglio erano tutti d’accordo. Anche i Verdi, vorrei sottolinearlo. La consigliera comunale dei Verdi Barbara Diolaiti era la compagna di Sergio Golinelli, allora assessore provinciale all’ambiente”.

Nel 2001 l’assessore Golinelli fa partire a Ferrara il progetto per l’ambiente Agenda 21, un passo che fece sperare?

“Un progetto positivo che doveva coinvolgere associazioni e comitati del territorio. Peccato che si parlerà sempre di tutto, tranne che di turbogas”.

Quando si viene a sapere del progetto della turbogas?

“I tecnici, non i cittadini del comitato, lo vengono a sapere verso l’autunno di quell’anno. E da lì inizia tutto. Io e Davide Scaglianti eravamo i coordinatori della Rete Lilliput che raggruppava, e ancora raggruppa, diverse associazioni come Pax Cristi, Legambiente, Wwf, ecc… Cominciamo a creare un comitato per la turbogas. Nel frattempo però la notizia del progetto energetico dilaga e nasce un altro comitato, Ferrara Città Sostenibile, con diverse persone, tra cui Francesca Cigala Fulgosi che era consigliera comunale per i Verdi e che proprio sulla questione di cui parliamo andò in rotta con il suo partito”.

Capisco che i passaggi sono molti, ma dobbiamo stringere un po’. Facciamo un salto di due anni: nel 2005 lei viene nominata presidente di Legambiente, giusto?

“Sì e qui inizia una grossa battaglia contro il progetto dell’amministrazione comunale. Legambiente diventa collettore delle forze che si muovevano in quel periodo. Facciamo una richiesta di abrogazione della delibera che aveva l’autorizzazione esecutiva, come prevede lo statuto comunale”.

Cioè cercate di fermare la turbogas per vie istituzionali.

“Esatto. Il difensore civile rigetta la nostra richiesta perché dice che non può intervenire in materia urbanistica. È ridicolo. E noi rispondiamo. Il 19 gennaio 2007 presentiamo memoria di respingimento al difensore civico spiegando che a noi interessano le emissioni non il piano urbanistico. E ci mettiamo in attesa, con due avvocati che ci lavorano. Era molto importante avere ragione dal punto di vista istituzionali, magari i tempi burocratici sono più lunghi, ma sono quelli che poi portano a risultati veri”.

Però? Cosa successe?

“A questo punto arriva Valentino Tavolazzi (successivamente responsabile e poi consigliere per Ppf, ndr). Ha il dente avvelenato per come diceva di essere stato trattato dal Comune quando lavorava come city manager. S’infila attraverso FerrAria Pulita, il comitato di Mario Testi, un altro di quelli che erano nati in quel periodo. Tavolazzi è un ingegnere, quindi è molto competente ed era odiato dal Comune per aver fatto fare le analisi sulla diossina in via Conchetta. Lui disse che era inutile aspettare, che non avremmo ottenuto niente, che bisognava prendere in mano la situazione”.

Con il referendum?

“Sì, ma attenzione. Dico una cosa che non ho mai rivelato: Tavolazzi aveva già un progetto politico e ha usato e cavalcato il movimento anti turbogas. Lo so perché mi chiese di fare una lista insieme a lui, prima del referendum. Io non accettai”.

Dopo che nasce l’idea di organizzare un referendum non autorizzato cosa succede?

La crisi. Il gruppo di gente che stava lavorando contro il progetto comunale si spezza in due: c’è chi vuole andare avanti per via istituzionale e chi non vuole più aspettare e passare ad una azione più ad impatto. Io ovviamente non ero d’accordo con il referendum, ma non l’osteggiai. Anzi, curai l’ufficio stampa”.

La sua rottura con Tavolazzi risale a quell’episodio?

“No. Si riferisce a quando più tardi rilasciammo un’intervista insieme a Rai 3. Abbiamo registrato prima uno poi l’altro. Lui va dopo di me e dichiara che Legambiente anche a Ferrara era d’accordo con la turbogas. A me questo fu riferito dopo da un operatore. Io e Tavolazzi avevamo lavorato insieme. Per me è stata una pugnalata”.

Ma c’era qualcosa di vero secondo lei nelle parole di Tavolazzi?

“A livello nazionale avvenivano cose strane, è vero. I grandi capi erano molto più morbidi con i politici. L’allora assessore Bratti riuscì a mettere in cattiva luce il mio lavoro grazie ai contatti con i vertici di Legambiente. Ma a Ferrara no, ci stavo dando l’anima e tutti aveva lavorato molto e bene”.

Quindi alla fine dei conti giudica negativamente il referendum?

“No, il risultato fu positivo. Credo che il referendum del 2007 fu un evento importante e straordinario che si è ripetuto in seguito solo con il referendum sull’acqua. Per giudicare bene l’entità del fenomeno bisogna ricordare che non aveva valore legale. La gente che si è mossa da casa per venire a votare lo ha fatto perché credeva nella bontà del progetto”.

Ma non fu soddisfatta.

“Facendo le scelte giuste le persone avrebbero potuto contare di più”.

Colpa di Tavolazzi allora?

“Non solo. Ma sì, Valentino Tavolazzi e Tommaso Mantovani strumentalizzarono tutto a livello politico per dare linfa a Progetto per Ferrara. Loro hanno spostato il piano ambientale su quello politico”.

Dopo il referendum dunque si scatenano le tensioni tra i vari protagonisti.

“Sì, ci aspettavamo grandi cose. Invece tutto il progetto andò avanti come se nulla fosse, come se quelle 11.539 non esistessero. I movimenti ambientalisti si incrinano, indecisi sulla linea da tenere: se continuare solo con alcuni temi forti o affrontarli tutti. I Verdi in consiglio non ci sostenevano quindi eravamo privi di sponde politiche”.

Insomma la sinistra si divide. Un film già visto, no?

“Sì, purtroppo”.

Potendo tornare indietro, c’è qualcosa che non rifarebbe o rifarebbe diversamente?

“Ho i sensi di colpa per aver lasciato Legambiente, ma purtroppo gli attacca ricevuti dall’interno e dall’alto mi hanno minato”.

Come giudica l’opposizione di oggi?

“Essenzialmente non c’è più nessuno che faccia battaglie ambientali vere. A livello di opposizione mi guardo attorno e piango: abbiamo problematiche drammatiche e non c’è nessuno che si scontri sul merito”.

E allora Fratelli d’Italia, Lega Nord, eccetera?

“L’opposizione di questo tipo in città c’è da sempre. È fittizia. Fanno tanta confusione, poi nei momenti cruciali c’è la concertazione. Grandi tuonate e poi ci si mette d’accordo. L’ultima grande stagione di opposizione è stata il periodo 2002-2010. Poi si è chiuso tutto”.

Non considera i vari comitati che si sono creati contro la geotermia, o come dicono loro, la ‘falsa geotermia’?

Li considero. Ma credo anche che i ferraresi siano un popolo un po’ più difficile rispetto ad altri e che molti si muovano solo quando vengono toccati nel loro interesse personale, anche se è legittimo come atteggiamento”.

E il Movimento 5 Stelle?

“A Ferrara stanno cercando di consolidarsi. Sono brave persone, ma navigano un po’ a vista, non c’è una linea chiara di azione”.

Crede che alle forze di opposizione manchino i giovani?

“Sì, ma non è colpa loro. I giovani di oggi non riescono ad essere costanti in questo genere di cose, a causa della situazione economica, del precariato. Noi abbiamo dedicato tante ore del nostro tempo libero e anche soldi per il referendum e tutte le altre battaglie. Devi avere un lavoro fisso per poterlo fare. Altrimenti non ce la fai. E questo purtroppo interrompe il naturale ricambio nelle forze. Credo che questo sia uno dei problemi principali”.

Leggi anche le interviste a

Mario Testi

Valentino Tavolazzi

Alessandro Bratti

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