Politica
6 Giugno 2019
I dubbi dell'Europa sono stati superati da aprile, quando fu definito lo schema del 'doppio binario': il vero stallo è a Roma

Salvini: “Per i rimborsi agli azzerati aspettiamo l’Europa”. Ma Bruxelles ha già dato l’ok

di Ruggero Veronese | 3 min

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Una versione che imputa la causa dei continui ritardi ai rimborsi (slittati dalla seconda metà del 2018 all’inizio del 2019, e poi a data da destinarsi) alle ‘lungaggini’ e ai dubbi della Commissione Europea, che nei mesi scorsi è intervenuta in diverse occasioni nella discussione tra governo e associazioni di risparmiatori sulla norma per i rimborsi e i relativi decreti attuativi.

La realtà però è piuttosto diversa, perché la Commissione Europea ha già dato il proprio ok alla procedura decisa dal governo italiano per i rimborsi. Lo ha fatto dopo una lunga trattativa durata dall’inizio dell’anno fino a metà aprile, quando il ministro all’economia Giovanni Tria e i commissari europei concordarono lo schema del ‘doppio binario’, con rimborsi automatici per chi si trova sotto a determinate soglie patrimoniali e un arbitrato per il resto della platea. Come forse ricorderanno i lettori che tra febbraio e aprile seguirono gli infuocati dibattiti interni al governo, il ministro Tria fu impegnato per settimane in un confronto a distanza con la Commissione Europea, proprio per avere la certezza che la norme e i relativi decreti attuativi che avrebbe firmato non avrebbero portato a sanzioni contro l’Italia.

Uno stallo superato da circa un mese e mezzo, come dimostrato dalla stessa commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager che nelle ultime settimane ha ricevuto privatamente i rappresentanti di diverse associazioni di risparmiatori e ribadito che ad oggi non c’è alcuno stop da parte dell’Europa alla procedura per i rimborsi definita nel Decreto Crescita, e che spetta ora all’Italia definire l’ammontare del fondo e dei risarcimenti ai singoli risparmiatori. Nessun vincolo o divieto comunitario impedirebbe insomma al governo italiano di dare immediatamente il via libera ai rimborsi. L’unico dettaglio ancora in discussione con Bruxelles è l’ipotesi di innalzare da 100mila a 200mila euro il patrimonio mobiliare di chi ha diritto ai rimborsi automatici, ma questo non ostacola l’avvio delle procedure già concordate e quindi l’erogazione dei primi rimborsi.

Le cause dei ritardi sono quindi essenzialmente interne: anche se al momento non trovano spiegazioni ufficiali, ci sono evidenti e innegabili ritardi nell’iter che il governo italiano ha stabilito. Il Decreto Crescita prevedeva infatti che entro 20 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (il 30 aprile) la Consap (l’ente assicurativo del ministero dell’economia) avrebbe dovuto aprire il portale telematico per consentire ai risparmiatori di compilare i moduli e inviare i dati necessari alle richieste di rimborso, che ci metteranno poi fino a 180 giorni per essere elaborate (molto probabile quindi che i primi rimborsi slittino al 2020, anche nella più ottimistica delle previsioni). Il sito in questione però non è mai apparso in rete e di conseguenza sia la norma per i rimborsi che il relativo decreto attuativo pur essendo formalmente in vigore rimangono inattuati e inattuabili. A questo si aggiunge il fatto che non sono ancora stati nominati i nove tecnici che formeranno l’arbitrato che si occuperà di valutare le posizioni dei risparmiatori che escono dalle procedure per i rimborsi automatici. Le ragioni di tali ritardi non sono state rese note, ma un fatto è certo: l’unico ‘bollino blu’ che manca non deve arrivare da Bruxelles, ma da Roma.

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