Politica
6 Maggio 2024
Editoriale di Estense.com sulla mancata destinazione all’ospedale delle donazioni Covid

Il limite della vergogna

di Marco Zavagli | 4 min

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Che cos’è la vergogna nella Ferrara del 2024? Direi quel sentimento che l’interesse politico o personale impedisce di provare prima dell’8 e 9 giugno.

La nostra inchiesta sulle donazioni Covid ha ricevuto una risposta, più imbarazzante che imbarazzata, da parte del direttore generale del Comune di Ferrara. Una risposta che non ha fatto altro che confermare i più tristi sospetti.

Il sindaco Alan Fabbri ha chiamato a raccolta i ferraresi invitandoli a donare, su un conto corrente intestato al Comune, denaro da devolvere all’ospedale per l’emergenza Coronavirus. Di quei 50mila raccolti nemmeno un euro è andato a Cona.

E non c’era alcun bisogno di lanciare una propria raccolta fondi. Già l’azienda ospedaliera aveva aperto un conto corrente sul quale far confluire i soldi utili all’emergenza pandemica. E invece, solo per la volontà di piantare la propria bandiera anche in territori che non sono di propria competenza, Fabbri ha invitato i cittadini ad affidarsi al suo metodo alternativo. E i cittadini, purtroppo per loro, hanno risposto.

A distanza di giorni dal Municipio non è arrivata nemmeno la balbuzie emotiva di una scusa. Nemmeno quando si gioca sulla pelle delle persone.

E le scuse, loro malgrado, sono dovute non solo a quei 108 cittadini che hanno donato convinti di fare il bene di chi lavorava nei reparti Covid, di chi ci è finito contagiato, di chi ci è entrato e ne è uscito in una bara. Le scuse sono dovute a tutti i ferraresi. Ogni famiglia ha avuto almeno un lutto in quella cupa stagione e vedere con quale leggerezza chi li amministra ha gestito quel denaro fa rabbrividire.

Ora Fabbri e i suoi, scoperti con il dito nella marmellata, provano a giustificarsi dicendo che parte di quei 50mila euro (18.775) sono stati spesi “per sostenere acquisti, tanto necessari in quel difficile periodo, di dispositivi e servizi sanitari: tamponi per test rapido su sangue, mascherine, tamponi rapidi per l’attività di screening”.

Secondo il direttore generale “l’obiettivo è stato quello di sostenere direttamente i costi dei servizi e dispositivi sanitari per affrontare l’emergenza pandemica e tutelare i nostri lavoratori, sgravando così le aziende sanitarie del territorio, già oberate di lavoro, dal sostenere direttamente questo onere e queste spese”.

Nulla di più falso. Legislazione vuole invece che sia l’ente comunale, e non l’azienda sanitaria, a provvedere per i propri dipendenti.

Per eseguire anche test e screening o acquistare mascherine, tra l’altro, il Comune di Ferrara ha ricevuto dallo Stato, nel periodo 2020-2021, oltre 10 milioni di euro in forma di ristoro per le minori entrate comunali e maggiori spese collegate all’emergenza sanitaria.

In sintesi, quei soldi avevano un’unica destinazione possibile: l’ospedale. Non ci sono scuse che reggano. E, soprattutto, non si scherza sulla pelle degli altri.

Farebbe sorridere, se la materia lo permettesse, anche l’ultima timida rassicurazione dell’amministrazione Fabbri: i 30mila rimasti sarebbero stati “contabilmente vincolati dall’ente, in attesa di specifici accordi con le aziende sanitarie per la relativa destinazione”.

Peccato che quelle donazioni, parole dette allora dal sindaco in persona, servissero “in questo momento di emergenza” (nel 2020) per “la copertura delle spese urgenti”. Spese urgenti, non spese del prossimo millennio.

Infine il Comune prova a mettere il cappello anche sui soldi arrivati grazie allo sciopero dei dipendenti. “Sono stati il sindaco e la giunta a volere questa destinazione, per nulla scontata o dovuta”. Si omette sapientemente la circostanza che a chiederlo siano stati invece – con nota ufficiale datata 3 novembre 2020 – Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl (la pubblichiamo qui sotto a beneficio degli increduli).

E questi signori cosa fanno? Non solo non sono capaci di chiedere scusa, ma non ne sentono nemmeno il dovere, visto che sommano alla loro bizzarra gestione di quel denaro anche fantasiose ricostruzioni. E, se non ne sentono il dovere, il problema diventa di coscienza.

Mi viene in mente il nuovo slogan elettorale del sindaco, “Più avanti che puoi”. Temo manchi un segmento: “sposta il limite della vergogna”.

Sposta il limite della vergogna più avanti che puoi. Almeno fino all’8 e 9 giugno.

 

 

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