Politica
16 Giugno 2017
l'editoriale di Estense.com. La rivincita di Marco Fabbri detto Cichino che studia da Napoleone

Il grillino che promise un ‘Vaffa’ a Beppe

di Marco Zavagli | 4 min

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“Non mi farò mettere i piedi in testa da nessuno, nemmeno da Grillo, che posso mandare a ‘fanculo quando voglio”. Era il 17 maggio del 2012. Sul palco un giovane e sconosciuto Marco Fabbri prende il microfono dalle mani di Beppe Grillo, arrivato a Comacchio per lanciare al ballottaggio il candidato del Movimento 5 Stelle contro la coalizione di centrosinistra. E fa la sua prima promessa.

Il guru genovese rimase un poco interdetto, tanto da ricordarsene il mese dopo in una intervista a Travaglio (“Uno dei nostri candidati, sul palco in una piazza di non so più dove, appena l’ho presentato e invitato la gente a votarlo, ha detto: ‘Guardate che io con Grillo non ho nulla a che fare, se mi gira lo mando pure affanculo”). E qualche anno dopo – ottobre 2014 – Marco Fabbri detto Cichino (questa la dicitura sulla scheda elettorale) mantenne l’impegno. Entrò in giunta provinciale insieme agli odiati vecchi partiti nonostante il diktat contrario del M5S. Da qui all’espulsione il passo fu breve. Cichino non si scompose. Anzi, sembrò quasi sollevato. E oggi si può dire che quello fu il casus belli voluto e cercato per smarcarsi da un movimento che secondo lui aveva “ormai assunto una “deriva fascista”. D’altronde i primi attriti con il resto del mondo grillino erano emersi quasi subito. Non è un caso che da Comacchio arrivò la prima sfiducia per i consiglieri regionali Favia e Defranceschi, allora ancora in auge nella galassia pentastellata.

Una volta uscito dal M5S, le porte delle collaborazioni istituzionali si sono aperte come per magia. Cichino ha infilato in rapida successione la candidatura a capitale della cultura, il riconoscimento Mab Unesco per il Parco del delta, l’apertura del Museo del Delta Antico e l’entrata di Comacchio in Area che ne ha fatto uno dei comuni fondatori poi di Clara. “Impresa” quest’ultima che non era mai riuscita agli altri predecessori, da sempre restii ad entrare nella multiservizi per questioni di piccolo cabotaggio locale.

E Marco Fabbri detto Cichino in tutto questo è sempre riuscito a mantenere l’alone del civismo attorno a sé. A costo di recapitare altri ‘vaffa’ a destra e manca. Così è stato con la Consulta per il San Camillo, cavalcata al momento opportuno e scaricata quando era diventata un compagno di viaggio troppo ingombrante. Rimanendo in tema sanità, i suoi voti contrari e le astensioni da “indipendente duro e puro” in sede di conferenza sociosanitaria gli hanno permesso di portare a casa servizi importanti per un ospedale destinato a scomparire da anni e ora diventato il polo medico per l’infanzia di tutto il Basso ferrarese.

A coronamento di una strategia che l’11 giugno si è rivelata vincente, c’è stata anche la lungimiranza di lasciarsi corteggiare dal Pd, che ha tentato in tutti i modi di prenderlo sotto la sua ala protettiva. Un occhiolino che gli ha permesso di utilizzare tutti gli appoggi istituzionali che questa apertura gli offriva, da quelli regionali a quelli governativi, ma senza lasciarsi avvinghiare da un abbraccio che gli sarebbe risultato altrimenti mortale.

E i risultati sono sotto l’occhio di tutti.

Marco Fabbri detto Cichino cinque anni fa conquistò al primo turno 2.489 voti, pari al 22,28% degli aventi diritto. Nell’arco di un lustro il suo apprezzamento è raddoppiato, salendo a 5039 voti, il 50,88%. E senza l’appoggio di Grillo. Una performance che sta stretta a chi è entrato in politica dalla porta secondaria con il soprannome di Cichino (voce gergale che sta per miccino, piccola quantità, briciola). Non è un caso forse che sulla batana del Carnevale sull’acqua si sia presentato vestito nientemeno che da Napoleone. Manie e smanie di grandezza? Chissà. Sta di fatto che cinque anni dopo Cichino le briciole le lascia agli avversari.

In particolare al Partito democratico, che domenica scorsa ha avuto in chiave locale la sua Waterloo. Nel 2012 i dem avevano ottenuto 1.489 voti, il 15,35%. In cinque anni hanno perso i due terzi delle preferenze, raccogliendo appena 537 crocette, il 5,90%. E senza nemmeno presentarsi con il proprio simbolo. Lo stesso Vitellio ha ammesso a malincuore sulla “Nuova” che il sindaco uscente “ha messo sul piatto i suoi cinque anni di mandato e ha vinto così”. Tradotto: ha amministrato bene e noi non siamo stati capaci di proporre alternative valide. Altrove, non in questa provincia, si sarebbe parlato di debacle.

Ora a Marco Fabbri ex Cichino spetta un compito forse più arduo. Fino ad oggi le redini del governo locale sono rimaste saldamente, e unicamente, nelle sue mani. Per diventare un piccolo Napoleone e non un generale senza esercito, la futura scommessa di Fabbri sarà quella di creare e formare attorno a sé una squadra che possa proseguire il suo percorso dal 2022 in poi. E allora potrà continuare a promettere, e mantenere, tutti i ‘vaffa’ che desidera.

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