Sono arrivate finalmente in consiglio le interpellanze e le interrogazioni delle minoranze alle quali in tre anni la giunta Fabbri non aveva ancora dato risposto.
Saranno necessarie due sedute per esaurire l’ordine del giorno, che contiene già di per sé un numero più che dimezzato rispetto ai 110 documenti inevasi dal 2019 ad oggi. Anche se nella giornata di ieri la giunta si è sbarazzata di decine di punti dell’odg in appena due ore.
Molti, comprensibilmente dateti, sono stati scartati perché non più attuali. Ad altri si è risposto, ma lasciando attorno all’aula del consiglio un alone da teatro dell’assurdo.
Anche perché ieri si è data risposta a quelle rivolte al sindaco Alan Fabbri. Sindaco che, senza nessuna comunicazione, era assente. E allora è stata costretta per delega l’assessore Cristina Coletti a leggere le risposte preparate per ogni situazione.
Ogni consigliere aveva appena due minuti per formulare le proprie domande. Alle quali seguiva una replica non sempre attinente all’argomento. Pochi infatti, alla fine, sono stati i consiglieri che si sono detti soddisfatti dalle brevi risposte.
A cominciare da quella sull’edicolante finita suo malgrado sulla pagina facebook del vicesindaco. Nicola Naomo Lodi l’accusava in diretta dalle stanze del Municipio di vendere ai clienti le mascherine concesse gratis dalla Regione. SI organizzò anche per “smascherarla”, marchiando personalmente le mascherine, ed esortò i suoi clienti a non recarsi più da lei a comprare i giornali.
La malcapitata, messa alla berlina senza motivo (la procura archivierà il procedimento), finì alla gogna mediatica anche sulla pagina del sindaco, pur senza aver fatto nulla di male. Era l’aprile 2020.
E dopo due anni la risposta di Fabbri, letta da Coletti, ad Anna Ferraresi è che il sindaco non è tenuto a controllare i sollazzi dei suoi assessori sui social.
Poche parole anche per l’autista di Lodi, assunto con contratto interinale nel 2020, poi entrato in graduatoria attraverso un bando e ora assunto per svolgere “competenze relative alla sua mansione”.
A Maria Dall’Acqua del Pd, che chiedeva come fosse possibile che un cittadino che ha subito una multa finisse con nome e cognome sui giornali nazionali solo perché avversario politico dell’amministrazione, viene risposto che il personale addetto ai dati sensibili è “adeguatamente formato e che non è nota la fonte dalla quale hanno attinto i giornali”. E comunque, sempre secondo il sindaco, “La responsabilità di una eventuale diffusione deve ricadere sugli organi di stampa che hanno il dovere di attenersi alla legge sulla privacy”.
Uno scaricabarile al quale risponde il capogruppo dem Francesco Colaiacovo: “affermazioni molto gravi, che mettono in dubbio la libertà della stampa di riportare notizie cui ha avuto accesso e che qualcuno evidentemente gliele ha comunicate”.
Ma ancor più grave è il fatto che “non si cita la responsabilità del vicesindaco (assessore con delega alla Polizia municipale, ndr) che ha diffuso il nome della persona sul suo profilo Facebook”. Ancor peggio il fatto che “i cittadini devono essere tranquillizzati e sapere che i propri dati sensibili sono protetti e non finiscono a qualcuno per scopi diversi da quelli amministrativi o tributari”.
Buffa la risposta anche sul motivo per cui il sindaco fece rimuovere la sagoma di Patrick Zaki da una finestra di Palazzo Municipale. La risposta della giunta cita gli articoli 14 e 15 del regolamento per l’installazione della pubblicità stradale e li mette in relazione con l’interesse storico per edifici vincolati dalle Belle Arti.
Risposta alla quale segue obbligata una domanda. La formula la consigliera Anna Chiappini, del Pd: “ma se l’effige di Giulio Regenni è appesa davanti alla sede della biblioteca Ariostea, che differenza c’è tra Palazzo municipale e palazzo Paradiso quanto a beni monumentali tutelati?”.
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