Politica
7 Marzo 2018
Morghen lamenta lo "svuotamento politico delle commissioni", Tagliani: "Dobbiamo assicurarci che gli anziani non vengano ghettizzati"

Scontro in consiglio sul regolamento delle case famiglia

di Redazione | 4 min

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(archivio)

di Martin Miraglia

È uno scontro frontale quello che si consuma in consiglio comunale martedì pomeriggio sul nuovo regolamento — che verrà condiviso nella sua di fatto interezza anche dagli altri comuni dell’unione Terre e Fiumi prima e del resto della provincia poi — sulla gestione delle case famiglia sul territorio comunale del capoluogo di provincia estense.

“Questo è un regolamento condiviso con Asp e Asl perché questo è un pezzo fondamentale dei servizi che vengono dati alle persone leggermente non autosufficienti. Vogliamo determinare cosa le case famiglia possano e non possano fare sul territorio. Il nostro percorso di autoregolamentazione riguarda quelle che hanno al massimo sei ospiti e non abbiamo aggiunto requisiti edilizi o igienico-sanitari ma abbiamo aggiunto requisiti organizzativi e di funzionamento a garanzia delle persone che vi lavorano”, spiega l’assessore ai servizi sociali Chiara Sapigni introducendo le regole che includono la presenza di un infermiere per la somministrazione dei farmaci e l’istituzione di un registro giornaliero delle presenze.

Rendine però la prende malissimo, e dopo la sospensione dell’assise per via del cartello con scritto ‘è finita la cuccagna’ che aveva addosso comincia il suo intervento, durissimo, contro l’introduzione di altra burocrazia, a suo dire: “Questo è un altro modo per rompere i cossiddetti a chi lavora per favorire chi non lavora, perché si mettono dei paletti laddove non esistevano. La legge permetteva a chi aveva una casa abbastanza grande di prendere in casa anziani autosufficienti con una semplice comunicazione e senza alcun adempimento. I costi erano minimi per quello, poi una mattina l’amministrazione si è svegliata e ha detto ‘mettiamo qualche adempimento burocratico’. Il risultato è che ci sono maggiori costi per chi gestisce queste case famiglia perché devono avere il personale qualificato, sono soggetti a controlli eccetera. Come sempre chi deve lavorare deve mantenere i primi sei mesi coloro che lo controllano, e poi per sé e la sua famiglia. È indecoroso, è un sistema barbaro, organizzato da chi non ha mai lavorato in vita sua: che controlli ci saranno mai da fare in una casa famiglia dove c’è una vecchia che mangia e che dorme. (…) È un pessimo provvedimento. La gente non vi vuole più anche per questi affari”.

A questo punto la discussione si è già animata, anche per via del tono di voce alto utilizzato da Rendine stesso. Gli risponde a stretto giro Fausto Facchini del Pd, che si dice “allibito” da Rendine che “non si riesce ad ascoltare”. “Dice che la gente non ci vuole ma è 40 anni che ci prova ed è 40 anni che non riesce a vincere. Un’amministrazione che deve salvaguardare i cittadini-utenti perché non deve fare questi controlli? Non possiamo permettere che vengano ghettizzati degli anziani in posti ignobili”, aggiunge.

Per la pentastellata Ilaria Morghen invece il problema sarebbe procedurale, a causa dello “svuotamento politico della commissione dove molte delle considerazioni espresse fin qui erano già state espresse ma non erano state prese in considerazione. Il problema è la specificità delle imprese che si vanno a regolamentare”, mentre per Cavicchi della Lega “è giusto che ci siano regole, se non ci sono qualcuno se ne approfitta. Un regolamento serve e va fatto rispettare anche se l’aggiornamento quotidiano delle presenze mi sembra eccessivo”. Per Paola Peruffo di Forza Italia invece una possibile soluzione potrebbe essere quella di dividere il regolamento: “Vanno tenute distinte le parti legate all’apertura delle case famiglia che dovrebbero spettare al comune e quelle riguardanti la loro gestione e quindi quella delle persone che dovrebbe essere di competenza dell’Asl. Di case famiglia non ce ne sono abbastanza a fronte di uno Stato che non si è attivato nonostante l’età della popolazione che avanza. Ci sono persone che si trovano con case grandi su cui magari gravano anche le tasse che decidono di mettere su una casa famiglia, vanno messi dei paletti. Vediamo ad esempio la somministrazione di farmaci, in una casa famiglia di massimo sei persone non vedo come ci sia modo di avere un infermiere, anche perché chi vive da solo in casa propria a 90 anni prende da solo di tutto e di più”, mentre per Matteo Fornasini, suo collega di partito “di questo regolamento non c’era bisogno, si introducono elementi che sono già presenti nella normativa nazionale e regionale, tanto che nella premessa sono elencate ben 22 normative di riferimento. Sentir dire che per semplificare è necessario introdurre un nuovo regolamento è assurdo”.

A mettere la parola fine sulla discussione è il primo cittadino Tiziano Tagliani, con un tono di voce che tradisce il suo sdegno per lo svolgimento del dibattito: “La maggioranza degli altri comuni di questa provincia ha già questo regolamento, identico, sollecitate dalle altre case famiglia messe in difficoltà dalla concorrenza sleale di altre case famiglia che aprono senza avere i requisiti. Chi sta seduto tra questi scranni deve fare in modo che ci siano le minime condizioni di sicurezza per gli anziani e che la concorrenza sia leale”.

Alla fine, la delibera comunque passa: i voti a favore sono 16, i contrari 9 (sono i gruppi Gol, Cinque Stelle e Forza Italia) e 2 gli astenuti (Fratelli d’Italia e la Lega).

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