Sembra mediare tra le accuse di “stalinismo” piovute dal coordinatore della mozione Orlando, Massimo Maisto, e le rassicurazioni del segretario provinciale Luigi Vitellio. Andrea Marchi indica la sua idea di come dovrebbe essere il Pd post 30 aprile.
Come giudica il risultato del congresso a Ferrara?
Positivamente. Da un lato per il numero importante di iscritti che hanno deciso di partecipare ai lavori congressuali e che denota, in Italia ed anche a Ferrara, la voglia di partecipazione e la capacità di mobilitazione virtuosa del Pd. Siamo oramai l’unico partito, ad eccezione del Psi, che fa congressi e democraticamente decide. A Ferrara tutto si è svolto con partecipazione e rispetto delle regole, senza contestazioni. Per quanto attiene al risultato, mi pare evidente a Ferrara una netta affermazione della mozione Renzi, anche in aree territoriali, mi riferisco al Delta Ferrarese, dove il risultato non era affatto scontato. Non voglio in alcun modo banalizzare ma l’ansia, o l’esigenza di riformismo mi pare accclarata. Il fatto che in tanti, di tutte le mozioni, ci si sia ritrovati per discutere nei circoli, la dice lunga sul fatto che il Pd c’è. Al di là infine del risultato, è la prospettiva che conta: la domanda del popolo del Pd, a cui bisogna dare risposta è unità. Questa è la chiave vincente per un grande Partito Democratico.
Unità anche a costo di sopire le discussioni?
La discussione ed il dibattito sono, e devono essere, la matrice e il tessuto di coltura del Partito Democratico. Un conto è aborrire le discussioni infinite per non decidere mai; un altro è anestetizzare il dibattito interno. Questo no. Unità e sintesi potrebbero essere il motto del Pd, a cui ci si arriva non attraverso percorsi infiniti ma certamente istituzionalizzati e attraverso luoghi di discussione che peraltro abbiamo. Si chiamano direzioni, si chiamano assemblee degli eletti. Se la discussione e soprattutto la scelta si fermano a livelli di pochi e costruiti all’occasione, si corre il rischio che ci si senta ospiti o peggio, di essere strumentali. Questo non è certamente lo spirito del Pd, e, se malauguratamente la china fosse quella, il partito “farebbe” bene a pochi ma vanificherebbe la sua missione.
Anche a Ferrara?
A Ferrara come altrove, il principio è lo stesso a mio parere: unità e sintesi, condivisione. E’ evidente che i mesi e gli anni futuri saranno densi di appuntamenti ed è naturale pensare, oltre che auspicabile, che la discussione sia ampia e condivisa. Le elezioni politiche del 2018 e quelle amministrative del 2019 saranno passaggi delicati ed importanti sui quali sarebbe al di fuori della logica propria del Partito Democratico non immaginare una condivisione di strategie, idee, persone funzionali non a correnti o “circoli buoni” ma al territorio ed alle sue necessità. Non solo. Questa provincia ha l’assoluto bisogno di fare una riflessione profonda sul suo futuro, su come agganciarsi al treno regionale, come affrontare una demografia calante e rilanciare un’economia che in alcune zone stagna ed in altre presenta performance eccellenti. Il Pd è partito leader ed ha l’onore e l’onore di condurre, in modo qualificato e competente come sa fare questo partito, la riflessione e l’azione, attraverso dibattito e confronto.
Perchè ha scelto Renzi?
E’ noto che non sono mai stato un sostenitore congressuale di Renzi; dopo il referendum del 4 dicembre, in direzione provinciale, ebbi a dire pubblicamente che da quella sera, da quel momento, a mio parere, la politica italiana rischiava di scivolare pericolosamente lungo il piano della democrazia consociativa, dei tanti, qualcuno grande, molti piccolissimi, a decidere seguendo le ben note logiche Cencelli. Renzi è stato un segretario certamente perfettibile e talora con una squadra di ultras al seguito che ne hanno forse peggiorato l’immagine più che il valore dell’azione. Rimane tuttavia un dato, che al governo ha dimostrato doti di leadership indiscutibili ed una capacità di smuovere il felpato torpore degli ultimi governi, pure da noi sostenuti in modo importante. Sostenere la mozione Renzi è anche un modo per rivendicare le scelte fatte da quel governo, alcune delle quali assolutamente importanti per il Paese. Da sindaco, a me piace ricordare ad esempio che con Renzi si è ricominciato a ricostruire quel patto con i Comuni che i governi precedenti, di vario colore politico, avevano tradito in maniera eclatante. Si è ridata la possibilità di fare investimenti e garantire servizi. Anche il Jobs Act, una scelta difficile e forse anche superficialmente valutata da alcuni, ha di fatto il merito di aver riportato al centro del dibattito il contratto di lavoro a tempo indeterminato. Poi, è chiaro, anche in questo caso può essere uno strumento perfettibile ma la scelta di fondo denota coraggio e capacità di individuare un riformismo che unisce interessi di lavoratori e di imprese. Dal dialogo e dal confronto nascono buone cose, ne sia prova la recente firma del contratto dei metalmeccanici.
Le ricordo però che è proprio sul tema del lavoro che si è creata la distanza con le OO.SS. e in particolare con la Cgil.
Questo, nella differenza di posizioni e di ruoli, è un tema che va affrontato ed il vulnus in qualche modo sanato. E’ impensabile nell’attuale quadro politico pensare che non sia il Pd il partito del lavoro in Italia. E ancora, è il Pd che deve farsi carico dell’esigenza di dare una svolta ad esempio al dramma della disoccupazione giovanile. E’ così peregrina l’idea di confrontarsi senza pregiudizi ma con efficacia e concretezza con i sindacati, con la Cgil per dare una risposta ad un problema che è dei cittadini più giovani? Cito ancora il contratto dei metalmeccanici perchè episodio più recente del successo del dialogo fra parti sociali ed impresa, andando a costituire un esempio dove gli aumenti di stipendio sono reali, si contempla, in stile europeo, sanità e previdenza integrativa ed altro ancora. Il Pd non può sottrarsi al confronto, nella certezza che fondamentali sono le alleanze sociali. Similmente, i sindacati non vedano, ecco, il Pd come il coacervo del male assoluto. Credo non occorra andar lontano per accorgersi che interlocutori politici affidabili e concreti non affollino la platea del Paese.
La rottamazione è ancora un tema? E a Ferrara?
Io credo che in politica, come nella vita, vi siano dei cicli, che vanno al di là del tema anagrafico. Può scandalizzare taluni ma l’improvvisazione, seppur improntata al più sincero entusiasmo ed a cervelli brillanti, non porta lontano. La tradizione dei grandi partiti forma i suoi quadri e dirigenti sul campo, specie nelle amministrazioni locali, dove il confronto con i cittadini è quotidiano ed i problemi da affrontare sono diversi per gravità e complessità. La scuola migliore è il territorio, il miglior setaccio di competenza la capacità di lavorare molto con sacrificio. Poi, il tema legato alla necessità di disarticolare meccanismi di privilegi di posizione valeva prima di Renzi, con Renzi e varrà spero anche dopo. Decenni di Parlamento o di consiglio regionale significa bloccare la crescita di un partito. E molto semplice. A Ferrara, ancora una volta come altrove. Con una specificità, mi permetto di segnalare. Si vada a vedere l’eta media delle giunte e dei sindaci degli ultimi anni. Voglio azzardare sia una delle più basse del Paese, con una ulteriore specificità. Quegli uomini e quelle donne erano tutto tranne improvvisati, persone che da anni hanno coltivato un rapporto virtuoso con il territorio e con l’azione amministrativa locale, ricevendo consenso e stima dagli elettori.
Un auspicio per il congresso e per la mozione che sostiene.
Per il congresso è presto detto: dal 1º maggio, anzi dal 2 – osserviamo la Festa del Lavoro – il Partito proceda unito e compatto con il suo segretario eletto, in un’ottica, ripeto, di rispetto ma di unità di intenti. Per la mozione Renzi l’auspicio è che vinca. Dirò di più, come auspicio personale, ripetendo quanto ho detto nei congressi di circolo dove sono andato a presentare la mozione: mi piacerebbe che il termine “Renzismo”, se mai esiste, cambi di significato. Se è vero che per molti oggi è sinonimo di incapacità di sintesi con posizione diverse e, diciamolo, anche di una certa protervia, dal 2 maggio sia invece associato a buon governo, ascolto delle posizioni e capacità di far sentire tutti a casa e nessuno ospite.