“Il prossimo 8 e 9 giugno qui a Ferrara, si andrà alle urne per eleggere il nuovo sindaco della città estense. È un atto delicato e importante che stabilirà chi dovrà governare la città di Ferrara per i prossimi 4 anni. Personalmente spero che ci vadano in tanti e che democraticamente scelgano il loro sindaco”. Inizia con queste parole il post di Lino Aldrovandi che ha fatto commuovere Fabio Anselmo.
Lo ha fatto commuovere perché ripercorre la storia dell’avvocato e di Lino come della famiglia Aldrovandi colpita da quell’orribile 25 settembre 2005. “Per quel che mi riguarda – scrive Lino -, nel rispetto di chi ha governato la città in questi ultimi 4 anni e che proverà ad essere rieletto, si affaccia un candidato che ho avuto modo di conoscere in un lontano e triste 26 settembre. Il suo nome, Fabio Anselmo”.
Era il giorno dopo la morte di Federico quando Lino Aldrovandi e Patrizia Moretti decidono, “consigliati da un ‘amico’”, di andare nello studio dell’avvocato, “quasi come zombie”. “Eravamo come inebetiti per quello che era successo a Federico – continua il papà -, non ‘sapevamo niente’, o meglio ci avevano dato tante versioni… poi tutte smentite nelle ricostruzioni dei fatti negli anni a venire”.
Ed è proprio da quello studio che, “giorno dopo giorno, cominciammo a conoscerci e quasi senza accorgercene, in un certo senso ‘facemmo squadra’”. L’obiettivo era quello di “restituire a Federico, non la vita purtroppo, quella gliela avevano tolta ‘senza una ragione’ 4 persone in divisa, ma dignità e rispetto a lui, che mai aveva fatto del male a una mosca e nemmeno quella maledetta mattina”.
Una squadra che ha combattuto tante battaglie e che Lino Aldrovandi ricorda anche attraverso le parole di Fabio Anselmo, tratte da pagina 278 del libro “Federico” che nel 2016 ha ricevuto il premio Borsellino. “Un premio – specifica – legato appunto a due parole basilari per la vita delle comunità, ovvero legalità e diritti”.
6 luglio 2009.
Fa caldo. ‘aula del Tribunale è gremita di gente. Giornalisti, colleghi, moltissimi cittadini e tanti poliziotti, per lo più in borghese. C’è pure mia figlia Marta insieme a una sua amica, nascosta dietro, in fondo all’aula vicino all’entrata.
Suona il campanello che annuncia l’uscita del giudice. Tutti in piedi, io sono tra Nicola Proto e Ale. Subito dietro di me Patrizia e Lino.
Il giudice Francesco Maria Caruso, anch’egli in piedi di fronte a noi, inizia a leggere mentre il cuore batteva all’impazzata: “In nome del popolo italiano, il Tribunale di Ferrara, visti gli articoli 533 …”
Capisco subito che è una condanna.
Alzo gli occhi al cielo come a rivolgermi a lui, a Federico Aldrovandi:
“Ti abbiamo dato giustizia, ti è stata restituita la dignità negata…”
Per essere sindaco servono “cuore, testa e coraggio” e a Fabio Anselmo “non mancano proprio”. Una convinzione che Lino Aldrovandi ha maturato “anche per il tipo di lavoro (ero nella polizia locale) che svolsi dal 1981 fino alla fine del 2020 in territori diversi da quello di Ferrara (nell’unione dei Comuni: Argenta-Portomaggiore-Ostellato)”. Quello di sindaco è sicuramente un lavoro “difficile, impegnativo e delicato” ma è sicuro che il candidato abbia le caratteristiche necessarie.
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