Cronaca
19 Ottobre 2018
Assolti gli imputati sbagliati del colpo alla Carife del 2015, eseguito dalla banda di cui faceva parte un giovane condannato invece per un altro colpo alla Caricento

I destini incrociati di due rapine con ostaggi

di Daniele Oppo | 2 min

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(archivio)

Si sono conclusi in maniera opposta i due processi per due rapine con ostaggi datate 2015 e, a loro modo, profondamente legati.

Il primo vedeva imputati per il colpo dell’ottobre 2015 alla fiale Carife di via Comacchio due uomini di nazionalità albanese, che il gup Danilo Russo ha assolto nella maniera più piena possibile: non sono stati loro. E per Hoxhaj Rian, 31 anni, residente ad Ostiglia (difeso dall’avvocato Carlo Bergamasco, che si dice “estremamente soddisfatto, anche per l’onestà intellettuale del pm che ha chiesto l’assoluzione”) e Ajazi Anri, 29, detenuto nel carcere di Mantova per altri fatti (difeso dagli avvocati Sola di Modena e Dal Ben di Verona) non poteva che finire così: le immagini delle telecamere di sorveglianza non avevano mostrato coincidenze così nette tra gli imputati e gli autori immortalati dall’obiettivo e, soprattutto,  la responsabilità per quella rapina se l’era addossata un’altra banda, composta da soggetti veneti e siciliani, tra i quali il reo confesso Filippo Sapienza, arrestato in Veneto nel 2016.

Il caso vuole che nella stessa giornata un altro uomo fosse a processo per un’altra rapina a mano armata, con ostaggi, compiuta questa volta alla filiale della Caricento di via Bologna, qualche mese prima, nell’aprile del 2015. Si tratta di Salvatore Alfio Leone, arrestato nel 2016 proprio insieme a Sapienza, il quale confessò di aver preso parte alla rapina alla Caricento (e a un altro colpo a Copparo), fece il nome di tutti i complici tranne che di uno, rimasto ignoto.

Per la procura quel complice era proprio Leone (che fino all’ultimo si è sempre dichiaro innocente per questa rapina), che quel giorno indossava una parrucca, e che è stato oggetto di una perizia fisiognomica che ha dato ampi riscontri sulle somiglianze tra imputato e ‘rapinatore misterioso’. Il pm Ciro Alberto Savino – che aveva in mano entrambi i fascicoli – ha chiesto per lui una condanna a 9 anni di reclusione. Il tribunale collegiale – presidente Luca Marini e a latere Giulia Caucci e Leonarda D’Alonzo – lo ha invece condannato a 5 anni, escludendo la recidiva e riconoscendo le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti.

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