
(archivio)
Stesso naso particolare, stessa bocca, stesse orecchie e altezze comparabili. Per il perito del tribunale c’è “un’elevata compatibilità” tra la fisionomia di uno dei rapinatori mascherati che colpirono alla Caricento di via Bologna nell’aprile 2015, e Salvatore Alfio Leone, oggi a processo per quella rapina.
Il collegio giudicante presieduto da Luca Marini (a latere Giulia Caucci e Leonarda d’Alonzo) ha ascoltato le conclusioni a cui è giunto il perito, Giapiero La Ferla della Polizia scientifica di Padova, incaricato di eseguire un’analisi delle immagini delle telecamere di sorveglianza della filiale per capire se ci fosse o meno corrispondenza con Leone, che è già in carcere .
Per il consulente della procura (Giorgio Mazzanti) quella corrispondenza è totale (per quelli della difesa, avvocato Tommaso Manduca del Foro di Catania, esattamente l’opposto), per il perito c’è meno certezza ma rimane una “elevata compatibilità”, anche perché “non c’è alcun elemento di non compatibilità”. Insomma, c’è una “piena coincidenza dei tratti morfologici” come le bocca, le orecchie, il naso e l’altezza, ma mancano dei cosiddetti “contrassegni”, ovvero elementi particolarissimi, come tatuaggi, o altri segni particolari. Uno ci sarebbe, ovvero una cicatrice che Leone ha vicino a un occhio, ma nelle immagini la parrucca usata dall’ignoto rapinatore cade proprio in quell’area coprendo la sua eventuale presenza. C’è però un segno – ovvero un ispessimento del naso – che accomuna i due soggetti: per il perito non è abbastanza per renderlo un segno davvero particolare ‘oggettivo’, ma rimane un elemento in più di non poco valore per arrivare a un giudizio di elevata probabilità sull’identità tra i due soggetti (nella scala adottata, è il giudizio che precede il massimo della compatibilità, ovvero l’identità totale).
Il 18 ottobre si ritorna di nuovo in aula per la discussione e la sentenza.
Per l’accusa, Leone agì insieme ad altri due complici, introducendo all’interno della banca uno a volto scoperto e due travisati con parrucche e finti occhiali, armati di taglierino. I malviventi avevano costretto i dipendenti, sotto minaccia dell’arma, ad aprire la cassaforte a tempo, prelevando il denaro contenuto all’interno, nonché quello nei cassetti delle casse continue. Il tutto per un bottino finale di 180mila euro. La banda agì praticamente indisturbata per circa un’ora e mezzo, dopo aver rinchiuso direttore, quattro dipendenti e tre clienti in uno sgabuzzino di servizio.
Le indagini condotte dai carabinieri permisero nel tempo di individuare gli autori: oltre a Leone vennero arrestati anche Damiano Castelli, 25 anni, già con precedenti specifici per rapine compiute anche in altri istituti di credito (che si trovava già in carcere) e Filippo Sapienza (che ha scelto un rito alternativo), che quando venne eseguito l’ordine di cattura si trovava con Leone rinchiuso nella Casa Circondariale di Padova per un’altra rapina in una banca veneta nell’aprile del 2016.
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