Editoriali
25 Agosto 2017
L’editoriale di Estense.com. Non si dice che l’82,5% dei frequentatori ritiene le offerte di svago “sufficienti” o “buone”

Soldi e Movida, un dubbio sorge spontaneo

di Marco Zavagli | 6 min

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Cara Ilaria,

siamo amici da tantissimi anni e mi riuscirebbe innaturale usare forma diversa da quella colloquiale per rispondere alla tua lettera.

Rinfacci all’opposizione di sostenere che a Ferrara si “spenderebbero troppe risorse per la ‘cultura’: l’amministrazione comunale scialacquerebbe denaro altrimenti spendibile”, nello specifico per la sicurezza.

Io non concordo con quella visione. Per la cultura ogni euro è ben investito. Ma contesto il modo in cui quel denaro viene gestito. E tra poco cercherò di spiegarne i motivi.

Prima voglio dedicarmi all’emendamento, datato marzo 2016, a firma tua e di Leonardo Fiorentini, che giustificherebbe il nuovo progetto Movida on, grazie al quale verranno assegnati nei prossimi due anni 60mila euro ad associazioni scelte dal Comune di Ferrara (va ribadito: soggetti eccellenti nei rispettivi campi a partire da Ferrara Off e Gruppo del Tasso).

Oggi scrivi che contro la mala educazione si proponeva con quel l’emendamento di “fornire ai giovani frequentatori della piazza del mercoledì sera alcune alternative di carattere culturale, al semplice ‘stare’”. In realtà nel documento si immaginava “un progetto di Mediazione culturale e civica durante le serate in centro storico”. Salvo ripensamenti della lingua italiana, di cui non sono stato messo al corrente, le due cose – quella che dici oggi e quella che proponesti allora – non coincidono.

La mediazione culturale e civica, vale a dire interventi volti a risolvere i microconflitti all’interno di una comunità determinata, è diversa dall’incremento di attività culturali e di svago e di rendicontazione di quanto successo. Quest’ultimo passaggio attraverso una web radio appena nata e che deve ancora muovere i primi passi (e, di conseguenza, difficilmente apprezzabile dal Comune per il lavoro svolto in passato, “garanzia di capacità amministrativa”, per mutuare le parole della conferenza stampa indetta per giustificare la scelta degli attori di questo progetto).

Citi poi come punto di forza del tuo ragionamento il questionario effettuato da Promeco la scorsa primavera, tra i giovani che frequentano la piazza il mercoledì sera, “per conoscerne gusti, orientamenti, aspettative”. Fai notare che “curiosamente, alla domanda su cosa potenziare dell’offerta di svago, l’82,5% degli intervistati ha risposto che vorrebbe più eventi (musicali, artistici, culturali)”. “Parrebbe – ne deduci – non essere opinione di tutti, quindi, che a Ferrara si investa “troppo” in cultura”.

Perché Ilaria non dici che da quello stesso questionario emerge come proprio l’82,5% del campione analizzato ritiene le offerte di svago “sufficienti” o “buone”?

Rinfacci nuovamente ai detrattori di parlare unicamente di cifre, senza alcun intervento “indirizzato a pretendere la miglior offerta possibile per lo scopo prefissato, indicando magari percorsi alternativi o complementari”. Credo che solo Nostradamus, o Swedenborg, o il Mago Otelma potessero indicare percorsi alternativi o complementari senza sapere nulla del progetto in atto. Se invece, questo il vero motivo delle rimostranze, ci fossero state dall’inizio trasparenza e partecipazione alle scelte, ecco che avresti potuto avere ad esempio il contributo dell’Ascom, che già in un recente passato aveva ideato percorsi sulla movida (si chiamava guarda caso “Viva Movida’: divertimento ‘responsabile‘ per le serate in centro storico”) e che oggi – come dichiarato dal suo direttore – avrebbe potuto anche investire risorse proprie, andando in alternativa o a corroborare gli introiti delle associazioni o ad allargare lo spettro dei partecipanti al progetto.

Giustamente sostieni che “non occorre essere sociologi per verificare quotidianamente il tasso di conflittualità e al tempo stesso la carenza assoluta del suo antidoto: la capacità di ascoltare (non solo sentire) il proprio interlocutore”. Credi che questa conflittualità si affievolisca se chi opera quotidianamente nel settore culturale a Ferrara vede continuamente come siano sempre quattro o cinque le associazioni a spartirsi la grandissima parte di contributi pubblici messi a disposizione? Spesso al loro interno c’è una commistione di ruoli e un intreccio di figure che rendono anche difficile la distinzione tra le stesse. Si assiste a un labirinto di delibere per altrettanti affidamenti dal quale nemmeno Teseo riuscirebbe ad uscire con il suo filo di Arianna.

Gli esempi sono innumeri e lo spazio di questo intervento non potrebbe contenerli. Ricordo volentieri però l’approccio, diciamo, molto amicale delle istituzioni verso Spazio Grisù, nel cui direttivo sedevi. Quel progetto era ottimo nelle intenzioni, e giustamente lo difendevi. Si rivelò pessimo nello sviluppo, e continuasti a difenderlo. Eppure avevamo provato e scritto che nonostante le roboanti dichiarazioni di intenti, quello che doveva essere un fulgido esempio di recupero di un immobile dismesso grazie a soli contributi pubblici e a costo zero per la comunità, in realtà si era rivelato un cantiere dove alcune associazioni venivano scelte senza evidenza pubblica e potevano operare al suo interno senza costi di affitto e senza i minimi requisiti di sicurezza e agibilità. Il tutto sotto l’occhio cieco e l’orecchio sordo delle amministrazioni pubbliche. Occhio cieco e orecchio sordo che però sono riusciti a far stanziare per il progetto più di 800mila euro di soldi pubblici. Ora è in campo un nuovo progetto, con un nuovo gestore, cui auguriamo ogni successo.

Ma allora si negarono a oltranza i risultati della nostra inchiesta. Si arrivò perfino al farsesco responso di una interrogazione regionale: a Grisù non ci sono imprese insediate. Quindi chi si muoveva al suo interno potevano essere solo fantasmi…

Ora scacciamo i fantasmi e guardiamo al concreto. C’è qualcuno nelle stanze del municipio che si è chiesto perché finanziare soggetti privati per fare quello per cui sono già finanziati soggetti pubblici? C’è qualcuno nelle stanze del municipio che si chiede cosa stiano a fare la stessa Promeco, Area Giovani, Youngercard, Occhiaperti, il Centro di mediazione sociale del Comune di Ferrara?

Promeco in un recente passato è intervenuta positivamente contro gli atti di vandalismo compiuti da giovani studenti su un treno di pendolari. Qualcosa di molto simile agli “episodi di scarso senso civico” da cui muove tutta questa vicenda. L’obiettivo di Area Giovani è “migliorare i contesti e gli stili di vita (ragazzi dai 13 ai 25 anni)”, offrendo “un servizio per promuovere azioni positive che contribuiscano a migliorare i contesti e gli stili di vita”. Mi ricorda qualcosa.

C’è poi il Centro di mediazione sociale, che “sviluppa percorsi di coinvolgimento verso gli abitanti e i frequentatori di contesti urbani caratterizzati da instabilità, marginalità socio-economica, dinamiche conflittuali e senso di insicurezza, al fine di promuoverne la partecipazione alla vita della comunità locale”.

Occhiaperti “nasce per coinvolgere e rendere protagonisti i giovani, offrendo loro modo di esprimersi liberamente e di avere un’occasione di confronto”. Lo scrivono loro, non lo dico io.

Viene poi Youngercard, progetto sì regionale, ma legato a doppio filo con il Comune di Ferrara. La sua missione è “favorire tra i giovani relazioni e atteggiamenti improntati all’attenzione e alla solidarietà, consumi responsabili, senso di comunità e appartenenza”.

A questo punto, Ilaria, sorge spontaneo un dubbio. C’è qualcuno in Comune che ritiene che questi uffici e progetti non svolgano adeguatamente il proprio compito? Se sì, allora dichiariamoli inutili e sopprimiamoli, risparmiando decine e decine di migliaia di euro. Se invece li si ritiene capaci e meritevoli perché sanno assolvere ai propri compiti istituzionali, allora non c’è alcun bisogno di aggiungere fondi per qualcosa che viene già fatto.

Mi congedo riprendendo “l’immagine poetica e al tempo stesso molto concreta” della frase di Abbado che citi: “la cultura è un bene comune primario come l’acqua e i teatri, le biblioteche, i cinema sono come tanti acquedotti che la conducono”.

Anch’io credo che la cultura sia un bene primario e comune al pari dell’acqua. Proprio l’acqua è stata pochi anni fa al centro di un referendum per sottrarla a logiche monopolistiche. Vinse il “sì” alle urne, ma la volontà popolare non è stata rispettata. Proviamoci ora con la cultura.

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