Lettere al Direttore
25 Agosto 2017

Giusto il progetto Movida

di Redazione | 3 min

Da quando siedo in Consiglio Comunale ho sempre sentito l’opposizione sostenere che a Ferrara si spenderebbero troppe risorse per la “cultura”: dai festival ai concerti, dalle biblioteche ai teatri, dalle mostre agli eventi site specific, l’amministrazione comunale scialacquerebbe denaro altrimenti spendibile.
Ci sono sempre “altre priorità” – formula apodittica che solleva dall’onere di provare quali siano le altre priorità-, questa volta in sostituzione di un progetto di mediazione culturale e civica che ha l’obiettivo di fornire ai giovani frequentatori della piazza del mercoledì sera alcune alternative di carattere, appunto, culturale, al semplice “stare”.
Desidero ricordare che l’emendamento al bilancio (a firma del consigliere Fiorentini e mia), approvato dal consiglio comunale nel marzo del 2016, che destinava risorse (individuate nel capitolo per spese di riscaldamento) per “interventi di conoscenza, ascolto e dialogo con i fruitori della vita notturna della città”, nasceva in un contesto, forse oggi dimenticato, in cui ogni giovedì mattina si riapriva la discussione sulla mala educazione di chi la sera precedente aveva occupato la piazza, il salotto di Ferrara. Poiché qualcuno ventilava addirittura di chiudere il sagrato del Duomo per impedirne accesso e fruizione, ci parve utile un approccio liberale che, nell’andare incontro a chi giustamente lamentava un uso spesso improprio di uno spazio “pubblico”, rimarcasse, al tempo stesso, che tale spazio era ed è anche “comune”. Era importante intervenire, ma si è voluto farlo ampliando l’orizzonte dei giovani attraverso l’offerta del mercoledì sera, anziché imponendo divieti.
Per dar vita al progetto Movida On è stato effettuato un questionario, la scorsa primavera, tra i giovani che frequentano la piazza il mercoledì sera, per conoscerne gusti, orientamenti, aspettative. Curiosamente, alla domanda su cosa potenziare dell’offerta di svago, l’82,5% degli intervistati (su un campione di 200 persone, di cui il 70% universitari) ha risposto che vorrebbe più eventi (musicali, artistici, culturali). Parrebbe non essere opinione di tutti, quindi, che a Ferrara si investa “troppo” in cultura.
Nei vari interventi di questi giorni trovo manchi un aspetto fondamentale, ossia la legittima richiesta di verificare la qualità dei contenuti del progetto e delle attività attraverso le quali il progetto verrà realizzato. Si è parlato molto, anche comprensibilmente, di cifre, dei soggetti chiamati ad attuare l’indirizzo dell’amministrazione (in modi per me molto meno comprensibili, essendo tutte associazioni impegnate nel nostro territorio, con riscontri più che positivi e non solo all’interno delle mura ferraresi), del titolo del progetto (sic), ma non ho letto né sentito interventi indirizzati a pretendere la miglior offerta possibile per lo scopo che ci si è prefissi (essendo stato lo scopo definito in consiglio comunale), che indicassero magari percorsi alternativi o complementari rispetto a quelli ad oggi individuati.
Tale subalternità del “cosa” rispetto al “quanto”, o al “chi”, è oltremodo indicativo, in un paese nel quale il dramma dell’analfabetismo funzionale ci colloca penultimi in Europa, prima solo della Turchia, e quartultimi su 33 paesi analizzati dall’Ocse, quanto a competenze relative alla comprensione e alla rielaborazione di un testo semplice, con percentuali del 20% per quanto attiene la fascia di età tra i 16 e i 24 anni. Un paese nel quale, cioè, investire nell’educazione, nella formazione e nella cultura non è affatto tempo perso.
Non occorre essere sociologi per verificare quotidianamente il tasso di conflittualità e al tempo stesso la carenza assoluta del suo antidoto: la capacità di ascoltare (non solo sentire) il proprio interlocutore.
Ebbene, la cultura, nelle sue più varie espressioni (dal fair play richiesto nello sport alla curiosità suscitata da una lettura, da una sonorità inattesa a una satira che ci mette in discussione) è lo strumento più efficace per la convivenza civile.
Il Maestro Abbado disse che la cultura è un bene comune primario come l’acqua e che i teatri, le biblioteche, i cinema sono come tanti acquedotti che la conducono.
È un’immagine poetica e al tempo stesso molto concreta.
Senza acqua non si vive.

Ilaria Baraldi

Consigliera Comunale PD

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