Terre del Reno
17 Agosto 2017
Iniziato il lungo lavoro di sistemazione dei documenti dopo quasi un secolo di abbandono

Il recupero dell’archivio parrocchiale

di Redazione | 3 min

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Sant’Agostino. Sant’Agostino, o meglio “Sant’Agostino di piano”, come lo si usava chiamare ancora nell’Ottocento, è uno dei tanti paesi, un po’ anonimi, dell’Emilia Romagna, posto al confine tra le provincie di Bologna (antica matrice, col territorio di Galliera) e Ferrara.

Come molti altri piccoli centri della bassa padana, non conserva evidenze architettoniche che possano testimoniare un glorioso passato, come possono vantare molti paesi dell’Appennino dotati di castelli, abbazie, palazzi. Il fiume Reno con le sue frequenti rotte, la presenza di paludi secolari hanno demolito molte delle testimonianze che pure esistevano nella zona, contesa tra le famiglie di nobile tradizione bolognese, che proprio in questi luoghi avevano dei possedimenti: Bianchetti, Malvezzi, Ghisiglieri, Piatesi. Eppure, leggendo il territorio. Le tracce rimangono ancora: le torri, i ruderi, le trasformazioni di antichi palazzi in ville o in case, i toponimi conservati nei nomi delle vie. Tracce di un passato antico, che per Sant’Agostino risale al 1507, anno della fondazione della parrocchia, per volontà dei cugini Girolamo e Francesco Bianchetti di Bologna.

Tracce che rimangono ancora, chiaramente, negli archivi parrocchiali, e in particolare in quello santagostinese, in corso di recupero dopo quasi un secolo di abbandono, con una attività di ordinamento, inventariato e trascrizione effettuata da un gruppo di volontari, con la preziosa collaborazione di Lusa Benatti, storica e ricercatrice santagostinese attiva presso le università di Bologna e Ferrara.

Il lavoro si propone di fornire un censimento dei contenuti dell’archivio che possa costituire una base di lavoro per studiosi e ricercatori, ristabilendo l’ordinamento dei numerosi registri parrocchiali e fornendo un inventario della grande quantità di materiale documentale conservato in cartoni e faldoni, pesantemente manomessi (e forse depredati) negli ultimi due secoli.

Durante l’opera di sistemazione dei documenti (alcuni risalenti al XVI secolo), leggendo faticosamente le grafie manoscritte, ecco riapparire i nomi dei Bianchetti, degli Ariosti, dei legati Monti e Friggieri, delle famiglie abbienti della parrocchia (Biancani, Rabboni, Bittelli, etc..), delle Compagnie ed Unioni religiose, di quel Don Giuseppe Serra che nel 1790 avvio la ricostruzione della chiesa parrocchiale “in ghiara di Reno”, in un luogo alto dove le acque dell’insicuro fiume non avrebbero recato danni. Si consideri che fino alla seconda metà dell’Ottocento (quando si attivò una doppia registrazione documentale, sia parrocchiale che comunale), l’unico depositario locale delle registrazioni demografiche e storiche per eventi di ogni genere (testamenti, compravendite, avvenimenti a carattere pubblico), era l’ente religioso per le tre comunità di Sant’Agostino, San Carlo e Mirabello (“quartieri” dell’allora parrocchia di Sant’Agostino).

Un lavoro lungo, che richiederà tempo e pazienza e che restituirà l’archivio ad una piena fruizione secondo criteri di ricercabilità, ma anche di conservazione e tutela. L’operazione è stata avviata con la riconsegna del materiale archivistico (depositato a Cento dopo il sisma del 2012 e gentilmente riconsegnato dalla responsabile Mariateresa Alberti) in accordo con la Soprintendenza archivistica dell’Emilia Romagna e con la consulenza dell’Archivio Arcivescovile di Bologna.

Nel fascino che emanano le antiche carte, appare con tutta evidenza il fatto che ogni luogo, anche piccolo e apparentemente anonimo, ha una storia, importante da tutelare e trasmettere; in fin dei conti ognuno, anche se non risiede in una capitale della cultura e dell’arte come Firenze, ha i suoi Medici.

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