Politica
1 Settembre 2016
Il capogruppo in Regione critica la scelta di Errani come commissario: "Il suo sistema si è rivelato fallimentare"

Sisma centro Italia. Fabbri attacca il “modello Emilia”

di Redazione | 3 min

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unnamed (11)Per Alan Fabbri il “modello Emilia” per la gestione dell’emergenza post terremoto non è un’esperienza positiva da esportare anche se al tempo stesso lo considera la base per svilupparne uno nuovo.

“La gestione dell’emergenza deve partire dai territori, deve dare protagonismo e responsabilità agli amministratori locali, come fatto in Emilia, dove il presidente della Regione era ed è il commissario”, afferma in apertura Fabbri, per individuare immediatamente il vero target del suo attacco e mettere in discussione il ‘modello Emilia’: “Renzi non usi il sisma del Centro Italia per equilibri politici interni al Pd o per secondi fini referendari. Con Errani abbiamo collaborato nella prima fase dell’emergenza, in un gioco di squadra che ha coinvolto enti locali, associazioni e cittadini. Riconosco il merito di chi ha consentito che i bimbi non perdessero un solo giorno di scuola, ma complessivamente il sistema di ricostruzione che la Regione ha messo in piedi in Emilia nel corso degli anni si è rivelato, su molti punti importanti, fallimentare. Dopo oltre 4 anni siamo ancora in alto mare, sì e no è stato completato un terzo della ricostruzione, migliaia di famiglie sono ancora fuori casa, mancano risorse sulla parte pubblica, ospedali (come quello di Bondeno) devono ancora essere ricostruiti, imprese edili sono esposte finanziariamente e appese alla burocrazia. Se è questo il modello che si replicherà, la ricostruzione, anche in Centro Italia, è destinata ad andare alle calende greche e, ahinoi, molti terremotati saranno condannati a rimanere fuori casa per un bel po’”.

“Renzi – prosegue il capogruppo in Regione del Carroccio – ha magicamente trasformato Errani da politico di lungo corso a tecnico ‘puro’, deresponsabilizzando totalmente i presidenti delle Regioni coinvolte. Innanzitutto rimane inaffrontata la necessità di un sistema di regole nazionali uniche per garantire omogeneità nella gestione delle ricostruzioni post-calamità. Renzi intende ricostruire le seconde case di Amatrice e Accumoli? Lodevole, ma perché in Emilia è stata preclusa questa possibilità?”

Per Fabbri, Renzi oggi “sbandiera il modello Emilia dopo essersi totalmente dimenticato dei terremotati emiliani, da anni rimasti esclusi dalle attenzioni di governi e media”. “Nei nostri territori – spiega – ci sono ancora circa 9mila persone fuori casa, strutture sanitarie ancora da ricostruire, abbiamo dovuto attendere mesi prima di sperare in risarcimenti al 100% e gli stati di emergenza sono stati prorogati a singhiozzo, le zone franche concesse sono state solo di facciata, terremotati fuori casa hanno dovuto pagare la Tari anche sulle superfici delle roulotte. Il sistema emiliano è un sistema eccessivamente macchinoso e che certo non sta garantendo una ricostruzione efficiente, né immune da infiltrazioni. Aziende costruttrici hanno dovuto fare da banca al sistema di ricostruzione, e sono state costrette ad esporsi prima di essere liquidate a ogni stato avanzamento lavori. Il sisma emiliano è stato il primo sisma industriale della storia: lo Stato avrebbe dovuto garantire efficienza e velocità per consentire a un territorio iperproduttivo (esprime il 2% del Pil nazionale) di ripartire il prima possibile, ma non lo ha fatto. Le aziende e i privati che hanno ricostruito lo hanno fatto per meriti propri e non per l’aiuto dei governi che si sono avvicendati. Non è mutuando sistemi inefficaci che Renzi può sperare di ricostruire il Centro Italia.”

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