Cronaca
4 Gennaio 2022
Per il sindacato e per un agente il nuovo regolamento e le disposizioni del comando discriminano e penalizzano gli obiettori di coscienza

Polizia locale armata, la Cgil porta il Comune in tribunale

di Redazione | 4 min

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(archivio)

Le conseguenze della dotazione di armi e il nuovo regolamento della Polizia locale di Ferrara dovranno passare per il vaglio del tribunale. La Fp-Cgil e un agente del corpo, entrambi assistiti dagli avvocati Marina Capponi e Sibilla Santoni – hanno infatti citato in giudizio il Comune per condotta discriminatoria.

L’udienza davanti al giudice del lavoro Alessandra De Curtis è già fissata per il prossimo 15 febbraio. La violazione è ritenuta dai ricorrenti integrata sia dal punto di vista individuale – ovvero per l’agente che si afferma discriminato – che dal punto di vista collettivo.

In questo secondo caso, si evince dall’atto di citazione in giudizio, perché, nella sostanza, il nuovo regolamento di Polizia locale di Ferrara, all’articolo 15, crea da un lato una incompatibilità tra l’obiezione di coscienza e l’appartenenza al corpo, dall’altro non permette l’esercizio dell’obiezione tra il personale già in forze che non abbia avuto occasione precedente per manifestare la propria volontà: è il caso, ad esempio, del personale femminile e di chi che non è stato assoggettato agli obblighi di leva. E ciò comporterebbe – non solo in via potenziale ma anche nei fatti, perché il sindacato sostiene che vi siano agenti che per motivi etici rifiutano l’uso delle armi – anche una asserita ingiusta sottomissione del personale all’obbligo di armarsi.

Col rischio, come dimostra la vicenda singola dell’agente che ricorre, di vedersi spostati ad altre mansioni, peraltro con perdite dal punto di vista salariale. L’agente, infatti, lamenta che, in virtù della sua obiezione di coscienza, il comandante Claudio Rimondi, con un ordine di servizio, lo ha spostato dai servizi esterni a quelli interni della Centrale radio operativa, con relativa perdita di bonus e indennità, nonostante fosse possibile impiegarlo ancora nei servizi esterni, ai quali è legittimato e qualificato, e nei quali non è previsto l’uso delle armi (quelli di polizia tributaria o amministrativa, ad esempio). Il tutto a seguito di quanto stabilito da un regolamento successivo alla data di assunzione nel corpo.

Secondo il ricorso, in ogni caso, la norma del regolamento che dichiara l’incompatibilità per gli obiettori di coscienza con l’appartenenza al corpo di Polizia locale è in contrasto con le norme generali dell’ordinamento, che non prevedono tale limite per l’accesso ai relativi concorsi e proteggono la manifestazione del pensiero e l’obiezione di coscienza. “Inoltre – si legge nel ricorso -, per gli obiettori già in servizio che non rinuncino al loro status, il Comune prescrive in astratto il collocamento in servizi compatibili con tale posizione, ma in realtà li distoglie dalle loro mansioni anche se compatibili e riserva loro un trattamento svantaggioso sotto il profilo delle condizioni lavorative”.

Insomma, l’agente avrebbe subito “una penalizzazione direttamente connessa al suo status di obiettore”.

A ciò va aggiunto che il Comune non ha accettato la proposta del sindacato di attivare percorsi lavorativi “che consentano la manifestazione dell’obiezione di coscienza all’uso e porto delle armi anche ai quegli/quelle Agenti ai/alle quali ciò non è stato consentito per ragioni di genere e di età, non essendo interessati alla chiamata obbligatoria alle armi ed in ogni caso essendo stati assunti, quando il Comune non aveva adottato alcuna decisione circa l’armamento del Corpo. E ciò per la sola ragione di aver ‘dovuto’, a seguito di ordine di servizio, assoggettarsi alle esercitazioni di tiro, a rischio, in caso di rifiuto, di subire conseguenze disciplinari o comunque un trattamento deteriore sul piano lavorativo, esattamente così come è accaduto al collega obiettore”.

“Tale condotta del Comune – contestano i ricorrenti -, anche sotto il profilo della protezione da comportamenti ritorsivi […], determina un vulnus nei confronti di tutti quei soggetti non ancora identificati che sono o potrebbero trovarsi in condizione analoga, che sono stati scoraggiati dalla libera manifestazione del proprio pensiero e dalle loro convinzioni personali di rilievo etico, diritto pur riconosciuto dall’ordinamento, per timore di subire condizioni lavorative peggiorative o addirittura rappresaglie direttamente connesse alla loro condizione di portatori/ trici di quel determinato fattore di protezione”.

La richiesta è quella di accertare e dichiarare la discriminazione collettiva della condotta del Comune di Ferrara e la discriminazione individuale nei confronti dell’agente ricorrente, disponendo al contempo un piano per la rimozione delle discriminazioni e riconoscendo anche il danno da risarcire al poliziotto che si ritiene discriminato.

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