“Autonomia differenziata? No grazie”. È lo slogan del Comitato per il No di cui fanno parte associazioni, partiti politici e sindacati, presente in ogni provincia e in tutte le regioni.
Ma forse prima di spiegare le ragioni del no, o al massimo in parallelo, ci sarebbe bisogno di riprendere i fili del discorso e spiegare di cosa si parla quando si discute di “Autonomia Differenziata”.
Lo sanno bene anche Stefania Soriani, segretaria provinciale di Rifondazione Comunista, Corrado Oddi, portavoce de Il battito della città, e Mauro Presini, di LIP-Priorità alla scuola-referente provinciale del Comitato contro l’Autonomia Differenziata, che per prima cosa denunciano proprio “l’assenza di un dibattito” e la “volontà politica di evitarne la discussione”.
L’autonomia differenziata, per le regioni a statuto ordinario, è una potestà riconosciuta dall’articolo 116 della Costituzione. Fa parte della riforma costituzionale del Titolo V approvata nel 2001. La richiesta è stata avanzata da nove regioni (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Liguria, Toscana, Marche, Umbria e Campania) e prevede una maggiore autonomia rispetto a temi come la sanità, l’istruzione, i rapporti internazionali e con l’Unione Europea, il commercio. Insomma sono molte le competenze che passerebbero alle regioni e che il Comitato per il No definisce “una bestemmia costituzionale”.
“Ci battiamo – dice Stefania Soriani – contro ogni autonomia differenziata perché crediamo che sia anticostituzionale”, questo perché, specifica Mauro Presini, “rinuncia a considerare l’Italia come un paese unico nel quale chi ha di più aiuta chi ha di meno”. Per questo viene definita la “secessione dei ricchi” nella quale “ogni territorio bada a sé stesso” e la cosa che sorprende, spiega Stefania Soriano, è che “Bonaccini stesso non faccia altro che tracciare questo solco tra regioni ricche e regioni povere”. Corrado Oddi sottolinea anche il “rischio di avere venti sistemi differenziati per scuola, sanità, ambiente” e che questo rischierebbe di portare importanti “diseguaglianze sociali ed economiche”. “Vanno rafforzati – specifica – i diritti e le normative di carattere nazionale e universale”.
Al comitato fa specie che un presidente come Bonaccini, con una storia politica lontana da quella leghista, si sia accodato a una proposta molto legata a quello che per anni è stato il cavallo di battaglia del partito che fu di Bossi: “Il federalismo”.
C’è poi anche una critica alle modalità perché “i politici – dice Presini – sono stati bravi ad allontanare i cittadini da questa scelta” aggiungendo che “la proposta di inserirla nella legge di bilancio è scandalosa”. Questo perché così facendo “se ne impedirebbe la discussione oltre che la possibilità di effettuare un referendum abrogativo”.
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