di Simone Pesci
La povertà sta raggiungendo livelli preoccupanti e in futuro le aspettative non sono rosee. Facendo rete, però, si può lavorare sulla questione in maniera efficace. È quanto emerso sabato mattina al convegno “Povertà a Ferrara: intendiamoci”, che ha gremito la sala Arengo di persone legate al mondo dell’associazionismo, ma anche di semplici cittadini.
Il sindaco Tiziano Tagliani, in apertura, ha voluto ringraziare proprio le realtà associative, definite “un vanto e una ricchezza per Ferrara”. Il primo cittadino si è poi soffermato sulle lacune degli ultimi governi, lanciando qualche sferzata: “Alcune politiche hanno trasmesso debolezza e creato distanza sempre più forte fra il cittadino e la comunità. Ciò si è accompagnato alla riduzione delle risorse a disposizione mentre cresceva la domanda”.
E ancora: “In Italia la fase di immigrazione è stata molto forte. Nessuno però si è preoccupato della formazione, dell’educazione linguistica, dell’inserimento lavorativo e il cittadino ha pensato che la povertà fosse una declinazione dell’immigrazione”.
Secondo Tagliani la ricetta è costruire politiche a contrasto della povertà a livello locale, perché “se si pensa di abolirla con una misura di carattere economico centralista, il reddito di cittadinanza, è sbagliato e il bisogno lo si interpreta solo dentro le comunità locali”. Il richiamo è ridare le “politiche sociali agli enti locali, perchè se sono affidate a politiche nazionali sono fallimenti fin dal primo giorno”.
L’arcivescovo Gian Carlo Perego ha lanciato cattivi presagi: “Fra dieci anni Ferrara sarà più povera. La povertà inattesa si manifesterà in tutto, con il tema dei giovani poveri. Va tenuto in considerazione che, a livello nazionale, un italiano su venti è povero e lo è anche un immigrato su tre. Occorre condivisione perché da soli non ce la facciamo”.
La tesi di Perego è stata avvalorata dal report regionale di Caritas, illustrato dal responsabile emiliano-romagnolo del coordinamento dell’ente, Sauro Bandi: “Negli ultimi 10 anni la povertà in Italia è cresciuta del +182%, nonostante sia aumentato il reddito. In Emilia-Romagna, regione in questo senso privilegiata, la povertà relativa nel 2017-2018 si attesta al 4.5%, mentre la povertà assoluta registra il 3.5% e tocca 65mila individui”.
I corregionali che si rivolgono agli sportelli Caritas sono circa “64300, di cui 20mila minori” rendiconta Bandi, che stima attorno al “30-31% gli utenti italiani, mentre gli stranieri provengono principalmente da Marocco, Nigeria, Pakistan, Ghana e Mali. Il 60% delle persone che si rivolge a noi è disoccupato, ma c’è anche chi lavora e non riesce a sostenere dignitosamente la propria famiglia”.
Caterina Malucelli, dell’Ufficio statistica del comune di Ferrara, ha invece svelato in anteprima i dati dell’indagine comunale del 2018, fatta su mille famiglie residenti in città: “Il 46% dichiara che per arrivare a fine mese spende tutto il reddito, mentre il 6.8% chiede dei prestiti. Il 5.6% arriva a fine mese con gravi difficoltà”.
Dai dati svelati da Malucelli, però, si evince che è migliorata la percezione economica dei ferraresi rispetto alle precedenti indagini: “Il 26% dice che c’è stato un peggioramento economico rispetto all’anno precedente, nel 2015 erano il 31.1%, nel 2012 il 64%. Le maggiori difficoltà sono affrontare le spese mediche, pagare le tasse, acquistare vestiti e i trasporti. Il 3.4% aggiunge di avere difficoltà nell’acquisto di beni alimentari”.
E se il “reddito sommato delle persone benestanti è 3,9 volte più grande della somma dei redditi delle famiglie più povere”, si scopre che al di sotto della soglia di povertà relativa vivono 4364 famiglie.
L’assessore alla Sanità, Servizi alla Persona e Politiche Familiari Chiara Sapigni, in conclusione, ha indicato la strada: “C’è voluto un po’ per accettare che il problema della povertà non riguardava solo una quota marginale, ma si è esteso. Avere a messo a fuoco il problema significa affrontarlo, e l’abbiamo voluto affrontare insieme perché i servizi, da soli, non sarebbero in grado di affrontare le situazioni. Abbiamo scelto di essere in condivisione, ma ciò non significa che non si sia posta attenzione a tutti gli altri temi. Condivisione significa anche chiedere anche ai cittadini di poter cogliere la povertà, non sottovalutarla e non girarci dall’altra parte quando vediamo una persona che dorme sotto un portico o chiede aiuto”.
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