Attualità
24 Gennaio 2018
Intervista a Fiorenzo Baratelli, presidente dell’Istituto Antonio Gramsci

Quell’oscuro oggetto chiamato famiglia

di Marco Zavagli | 6 min

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Quest’anno il ciclo organizzato dall’Istituto Gramsci e dall’Istituto di Storia Contemporanea è dedicato al tema “Famiglie”.

Alle spalle abbiamo un’apprezzata attività di cicli dedicati ogni anno ad un tema: sui caratteri degli italiani; due cicli sull’Europa; due cicli sulla democrazia e l’anno scorso il ciclo dedicato alla libertà. Si tratta di programmi che prevedono conferenze da gennaio a dicembre. Presentando il programma del ciclo di quest’anno abbiamo sottolineato la novità che lo contraddistingue.

Di che cosa si tratta?

Iniziamo un percorso che sposta l’attenzione analitica sulla società. Vorremmo analizzare i luoghi e i modi in cui si formano e si strutturano l’identità personale e sociale. E’ come se volessimo mettere alla prova della vita quotidiana le grandi parole che abbiamo approfondito negli anni scorsi: la democrazia e la libertà. Per questo motivo abbiamo dato un titolo generale a questo progetto pluriennale: la società degli individui.

Cos’ha di particolare questa espressione che pare cosa ovvia?

Pare ovvia, ma non è così. Per spiegarmi voglio riportare alla memoria una frase, diventata famosa, pronunciata dall’allora primo ministro inglese Margaret Thatcher: “La società non esiste. Esistono solo gli individui” (1987). Era una frase falsa, con una forte connotazione ideologica, perché non esistono gli individui senza società e viceversa. Ma essa segnalava la novità che caratterizza il nostro tempo della modernità dispiegata: le società sviluppate non stanno più insieme per la forza della tradizione. La tradizione, nel suo significato lessicale di ‘insegnamento trasmesso’ e accettato come un fatto naturale, è stata messa in crisi dall’emergere degli individui. La trasmissione lineare di idee, concezioni della vita e del mondo si è inceppata. Questo meccanismo che garantiva stabilità e continuità alle società è stato privato della sua autorità e funzionalità.

Allora come stanno insieme le società degli individui?

Sappiamo che ciò che tiene insieme una società è il legame sociale. Oggi questo fondamentale elemento connettivo non è più dato per scontato, ma è sempre più il risultato di una costruzione degli individui. E, ovviamente, questa costruzione sarà più o meno consapevole e responsabile in relazione alla qualità culturale, civile e alla consistenza delle persone.

E come siete arrivati al tema del ciclo di quest’anno dedicato alle famiglie?

Se questo percorso dei prossimi anni ha un senso non si poteva partire che dalla famiglia, poiché si tratta della più antica e universale istituzione di base di ogni società. La famiglia è da sempre il luogo della cura, degli affetti, delle emozioni. E’ la sede dove si realizzano processi decisivi di socializzazione primaria e di costruzione delle identità.

La famiglia è anche un tema divisivo nella società e nel confronto tra società diverse? È anche oggetto di trasformazione storica e sociale molto veloce, tanto più negli ultimi decenni, al punto che verrebbe da definirlo un ‘oscuro oggetto’ non del desiderio, ma di comprensione.

E’ vero. E uno dei motivi fondamentali di divisione è il concetto di famiglia naturale. Rispetto questa posizione, ma non la condivido. E’ sempre una società storicamente determinata (tradizioni, storia, culture, religioni ecc.) che di volta in volta definisce dal punto di vista della rilevanza sociale e giuridica quali rapporti di coppia e di generazione sono considerati legittimi e riconosciuti come famiglia.

Perché il titolo al plurale: “Famiglie”?

Perché stiamo vivendo anni di radicali cambiamenti che hanno per oggetto la famiglia e che configurano una pluralità e varietà di nuclei famigliari.

Potrebbe precisare meglio questi cambiamenti radicali?

Richiamo in rapida sequenza solo i titoli delle principali novità. 1) Stanno cambiando i rapporti tra le generazioni. E la loro qualità nuova (pensiamo ai nonni che vengono dagli anni sessanta e dal ’68) cambia il senso di tutti i ruoli: nonni, genitori, figli, nipoti. 2) Le possibilità offerte dalle tecniche di fecondazione assistita hanno rotto l’ovvietà del legame biologico tra chi è genitore e chi genera. 3) Le separazioni, i divorzi, l’aumento delle coppie di fatto, l’ottenuto riconoscimento delle coppie dello stesso sesso cambiano l’idea di coppia e modificheranno sempre più i processi di formazione della famiglia. 4) Infine, le conseguenze della più grande rivoluzione non violenta e radicale cominciata nel secolo scorso, quella femminile. Nonostante gli ostacoli che incontra, compresa la tragedia dei femminicidi, è una rivoluzione inarrestabile. E le conseguenze stanno sconvolgendo tutti i piani in cui penetrerà sempre più: il lavoro, i diritti, il sociale, il culturale, i ruoli di coppia. Infine, a queste novità strutturali e culturali si accompagna una gravissima crisi economica che rende drammatica la vita di molte famiglie. La disoccupazione o il lavoro precario che rende cupo il futuro dei figli; la condizione drammatica in cui versano molti anziani (basse pensioni e malattie degenerative); l’insufficienza dei servizi sociali. In questa condizione di assedio la famiglia diventa un luogo di riparo, di difesa e, spesso, si chiude in se stessa. Diceva un grande psicoanalista inglese, Donald Winnicott, che un welfare che funziona aiuta le famiglie a non sentirsi sole e a diventare un presidio per la stessa vita democratica di un paese. E qui si apre il discorso su ciò che dovrebbero fare gli attori sociali, politici e istituzionali per sostenere le famiglie.

In conclusione, in questi anni abbiamo visto un protagonismo dell’Istituto Gramsci su diversi fronti. Li vogliamo ricordare?

Innanzitutto, vorrei sottolineare la qualità dei componenti del comitato direttivo dell’associazione: docenti universitari, insegnanti, giovani intellettuali molto capaci, persone provenienti da diverse esperienze professionali e associative. E vorrei anche ringraziare tutti coloro che in questi anni hanno tenuto le conferenze. E’ grande merito loro la buona fama di qualità e serietà di cui gode la nostra offerta culturale. Per venire ad altri campi di intervento, organizziamo, sempre in ottima collaborazione con l’Isco, cicli formativi per gli insegnanti. Da due anni è attivo un percorso intitolato “I colori della conoscenza” di cui è responsabile la professoressa Daniela Cappagli. E’ molto partecipato e apprezzato dagli insegnanti e dagli studenti che vi partecipano. Abbiamo prestato molta attenzione ai temi sociali (lavoro, povertà, questione degli anziani, servizi sociali). Come Istituto Gramsci abbiamo costruito rapporti di collaborazione con lo Spi-Cgil con cui condividiamo cicli su questioni economiche e sociali e con il Ridotto del Teatro comunale sulla ricostruzione della storia del teatro e della musica della nostra città. Infine, ogni anno si è ormai istituzionalizzato l’appuntamento con due esperti di storia della Chiesa cattolica, Massimo Faggioli (insegna negli Stati Uniti) e Piero Stefani (biblista e scrittore) che con la loro guida esperta ci aiutano ad interpretare il fecondo e innovativo magistero di papa Francesco. Questo importante impegno è seguito da Roberto Cassoli che, fra l’altro, ha anche curato la pubblicazione di un libro dedicato a don Piero Tollini. A marzo si terrà un incontro pubblico con il vescovo, monsignor Gian Carlo Perego, che concluderà le numerose iniziative che si sono tenute in varie parrocchie per ricordare un sacerdote di cui la comunità ferrarese, credenti e non credenti, deve essere orgogliosa. Per concludere, in questi anni, cogliendo l’occasione della ricorrenza di anniversari (di autori e opere) abbiamo ricordato figure di chiara fama morale e intellettuale Ne cito solo alcuni: Hanna Arendt, Albert Camus, Elias Canetti, don Milani, Aldo Capitini, Michel Foucault, Natalia Ginzburg, Elsa Morante, Eugenio Montale, Carlo Emilio Gadda, Alberto Moravia, Alessandro Manzoni, Giacomo Leopardi, Thomas Mann, Leonardo Sciascia, Vitaliano Brancati, Federico De Roberto, Tommasi di Lampedusa, Giorgio Bassani, Simone de Beauvoir…

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