Cronaca
14 Dicembre 2017
Alla sbarra un uomo di 46 anni. Udienza delicata con la testimonianza della figliastra che racconta di altre minacce e violenze

Dopo la condanna per violenza sessuale, a processo per maltrattamenti

di Daniele Oppo | 3 min

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È stata un’udienza particolarmente delicata e difficile quella di martedì mattina davanti al tribunale collegiale che vede alla sbarra un uomo di 46 anni per maltrattamenti in famiglia.

L’imputato S.G., palermitano di 46 anni, difeso dall’avvocato Erminia Imperio è già stato condannato in primo grado a 7 anni di reclusione per aver abusato della figliastra minorenne e patteggiò due anni di pena per altri maltrattamenti a carico della madre di lei, sua compagna (che non si è costituita parte civile). I fatti tema del processo attuale sono comunque in qualche modo collegati a quei due processi: tra la fine del 2014 – quando S.G. uscì dal carcere – e il maggio di quest’anno, avrebbe infatti maltrattato ancora la compagna e l’avrebbe costretta ad avere rapporti sessuali non consenzienti in sei occasioni.

Ma una buona parte delle accuse deriva da quanto raccontato dalla ragazza – oggi maggiorenne e che ha riferito di minacce e violenze – ai carabinieri, anche se, a meno di un cambio del capo d’imputazione, non è oggi parte offesa del processo.

La ragazza, molto agitata e scossa anche in udienza, al punto che è stato necessario far uscire l’imputato dall’aula (cosa che ha fatto volontariamente), ha raccontato che subito dopo che lui tornò a casa dal carcere venne dapprima invitata ad andar via – e lo fece, vivendo all’addiaccio per due giorni, prima di trasferirsi dal fidanzato e andare poi al Centro donna e giustizia – poi minacciata e picchiata affinché scrivesse una lettera in cui ritrattava le accuse di violenza da lei subite, oggetto dell’altro processo.

La giovane ha raccontato di essere stata minacciata con un coltello puntato alla gola – anche se in precedenza aveva detto alla schiena – e colpita con dei pugni nel pomeriggio del 30 dicembre per scrivere cose in cui non credeva: ovvero che si era inventata tutto. Per dimostrare le violenze – che le avrebbero causato il ricovero in ospedale il giorno successivo o alcuni giorni dopo (non è stata chiara in questo), mentre veniva assistita dal Centro donna e giustizia – ha mostrato anche alcune fotografie, non verificate, dove si vedono alcuni segni sul suo volto. Non è chiaro se la madre fosse o meno in casa quando accadeva tutto ciò (la donna successivamente ha smentito questa ricostruzione).

Le lettere sono state portata dalla ragazza in udienza: due originali, una ‘brutta’ che avrebbe scritto sotto minaccia, una bella riscritta a casa del ragazzo e una copia con il suo documento d’identità stampato sul retro. La missiva sarebbe servita al legale di lui come prova, ma c’è da dire che è la prima volta che la lettera spunta fuori e va notata la particolarità data dal fatto che abbia conservato lei i documenti originali mentre al patrigno avrebbe consegnato solo una copia. Anche su quest’ultimo punto non è chiaro quando e in che circostanze sia avvenuta la vicenda.

La ragazza ha detto che l’uomo era in possesso di una pistola e che avrebbe avuto intenzione di usarla nei confronti di un’altra persona, ovvero il nuovo compagno della madre, la quale, a sua volta avrebbe subito maltrattamenti consistiti in botte e sputi sul volto. Ma, anche in questo caso, non si è capito se lei abbia mai assistito a tali fatti se non, forse, in un occasione.

Alcune cose da lei affermate sono state però smentite dalla madre, sentita dopo di lei, come quella di avere avuto una relazione con un altro uomo o di avere in qualche modo assistito alle violenze dell’imputato contro la figlia il giorno in cui l’avrebbe costretta a scrivere la lettera e, infine, sul fatto che la giovane avesse dormito due notti all’addiaccio.

Prima di loro ha testimoniato il maresciallo dei carabinieri che ha raccolto la sua segnalazione il 3 maggio 2017, in cui lei si diceva molto spaventata per il ritorno del patrigno nella casa e temeva per la madre.

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