Prosegue il processo nato dall’inchiesta relativa alle presunte difformità strutturali dello stadio Paolo Mazza, riscontrate durante il cantiere per i lavori di ampliamento dell’impianto sportivo cittadino fino a 16mila posti, avviato dopo la permanenza della Spal in Serie A nel campionato di calcio 2018-2019.
Ieri (lunedì 22 aprile) in aula, davanti al giudice Marco Peraro, rispondendo alle domande del pm Barbara Cavallo, sono stati chiamati a deporre gli ingegneri Carlo Pellegrino e Mario Organte, consulenti della Procura di Ferrara.
“Tutti i margini di sicurezza previsti dalle norme non erano stati rispettati” ha sottolineato, durante la sua deposizione, Pellegrino che, riavvolgendo il nastro a quanto rilevato durante il suo sopralluogo, ha anche ricordato che, dopo il sequestro, “erano stati fatti interventi che avevano sanato in minima parte le problematiche, senza però essere risolutivi“.
In udienza, Pellegrino e Organte si sono successivamente soffermati sulle principali anomalie su cui si fonda oggi l’accusa della Procura, che aveva coordinato le indagini eseguite dalla Guardia di Finanza.
Anomalie – lo ricordiamo – che i due tecnici avevano già esposto nella loro relazione finale di 207 pagine, depositata a gennaio 2020.
Dalla presenza di piastre filettate al posto di bulloni, che avrebbero comportato “una diminuzione della prestazione della struttura”, pur restituendo – nel caso specifico – “una sostanziale accettabilità” come evidenziato da Organte, fino alla eccentricità della capriata della Gradinata Nord rispetto ai montanti che, secondo Pellegrino, aveva rappresentato “una difformità rispetto al progetto” col rischio di “sollecitazioni aggiuntive rispetto a quelle previste” e di un conseguente “sbilanciamento“.
Focus in aula anche sulle piastre non a contatto sulle coperture di Gradinata Nord e Curva Est. Un aspetto che – stando alle parole di entrambi i consulenti – ha rappresentato “la non conformità più grave” rilevata durante le operazioni effettuate per redigere la consulenza, col “rischio di default“.
Con particolare riferimento alla situazione della Curva Est, l’ingegner Carlo Pellegrino ha anche parlato di “mancanza grave” per quanto riguardava l’assenza di bulloni in alcuni giunti, mentre, relativamente alla mancanza di imbottiture dei profili diagonali metallici, incalzato dal pm, che gli aveva chiesto le possibili conseguenze di questa difformità riscontrata durante gli accertamenti, il consulente ha evidenziato come tra i rischi ci sarebbe stato anche quello di un ipotetico collasso della struttura.
Alla sbarra, nel procedimento in corso in tribunale a Ferrara, ci sono finiti Giuseppe Tassi, capo dell’azienda Tassi Group, capofila del progetto, e difeso dagli avvocati Giulio Garuti e Paolo Loberti, e il progettista e direttore dei lavori Lorenzo Travagli, entrambi con l’accusa di frode nelle pubbliche forniture. Con loro Domenico Di Puorto e Adelino Sebastianutti, amministratori di fatto di Gielle e Piemme Group, la cui condotta avrebbe sollevato gli altri due amministratori di diritto delle società, per lo stesso capo d’accusa.
A questi si aggiunge il collaudatore Fabio Chiogna, difeso dall’avvocato Vincenzo Bellitti, accusato di falso commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico per aver attestato la conformità dei lavori della curva Est, nonostante secondo la Procura c’erano sufficienti evidenze per prendere decisioni differenti.
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