Cronaca
6 Aprile 2017
Un uomo di 46 anni dovrà anche risarcire la vittima con 100mila euro

Condannato a 7 anni per gli abusi sulla figliastra minorenne

di Daniele Oppo | 2 min

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È stato condannato a 7 anni di reclusione S.G., palermitano di 46 anni, alla sbarra con l’accusa di aver violentato la figlia minorenne della sua compagna.

L’accusa – sostenuta dal pubblico ministero Isabella Cavallari – gli ha contestato nel corso del processo anche l’aggravante di aver compiuto almeno una parte delle fatti quando la giovane aveva meno di 14 anni. Aggravante riconosciuta dal tribunale in sede di condanna. Esclusa invece la recidiva per maltrattamenti in famiglia, per i quali l’uomo nel 2015 aveva patteggiato una pena a 2 anni.

Per l’uomo anche alcune condanne accessorie, tra le quali l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e quella legale per la durata della condanna. Il tribunale collegiale – Luca Marini presidente, Maria Rita Baldelli e Debora Landolfi a latere – ha condannato S.G. anche a liquidare i danni alla figliastra, costituitasi parte civile tramite l’avvocato Rita Gavioli, quantificati in via definitiva in 100mila euro.

La procura aveva chiesto una condanna più elevata – 7 anni e 7 mesi di reclusione -, mentre la difesa ha puntato tutto sull’assoluzione, cercando di smontare l’attendibilità della perizia disposta dal tribunale sulla base di una consulenza di parte, effettuata dal criminologo Simone Montaldo, che in più punti ha contestato  i metodi con cui è stata redatta la perizia stessa, volta a valutare la capacità della vittima a testimoniare nel processo. Per la difesa il processo si è basato esclusivamente proprio su quanto raccontato dalla giovane ragazza – ha parlato di “ragionamento circolare” -, senza indagare il difficile contesto familiare e la sua effettiva situazione di disagio, attribuendo alle sue parole un’attendibilità che, invece, sarebbe stata fortemente compromessa.

I fatti si riferiscono a un periodo che abbraccia un periodo che va dal 2012 – in occasione del sisma lui l’avrebbe toccata mentre la ‘famiglia allargata’ dormiva tutta nello stesso letto dopo le scosse – al 2013-2014, quando si sarebbe consumata una violenza sessuale vera e propria, con la giovane costretta a subire rapporti completi.  In quell’occasione raccontò l’accaduto a un amico che poi la convinse ad andare dalla polizia e denunciare la vicenda. Da lì si attivò la procedura di protezione, con la ragazza portata in una struttura protetta per diverso tempo. La vittima ha anche raccontato di aver subito minacce mentre si trovava in quel contesto da parte di due amici del patrigno. Particolare degno di nota è che la madre della vittima ha tentato di riconciliare i due, non dando mai credito al racconto della figlia, anche in sede processuale. Atteggiamento che l’avvocato di parte civile ha definito “vergognoso perché ha cercato di farla passare come una bugiarda”.

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