Cronaca
9 Ottobre 2017
Il caso più eclatante si è verificato al dipartimento di Medicina e Chirurgia

Sciopero dei docenti, tanti disagi per gli studenti universitari

di Redazione | 3 min

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“Lo do a settembre.. se il professore non sciopera”: questa la situazione in cui si sono trovati numerosi studenti italiani a causa dello sciopero che ha portato al blocco degli esami di profitto per la sessione autunnale, dal 28 agosto al 31 ottobre. Motivazione dello sciopero del personale docente è stata rivendicare l’adeguamento salariale, richiedere più fondi per gli Atenei e i centri di ricerca, sistemi di valutazione dell’operato diversi e più attenzione sul ruolo e l’importanza delle università. La protesta ideata dal “Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria” prevedeva il blocco degli esami per un solo appello, ed in caso di appello unico sarebbe stato fissato un appello straordinario dopo quattordici giorni.

Tutto questo ha creato notevoli disagi agli studenti di tutti i dipartimenti: il caso più eclatante si è verificato al dipartimento di Medicina e Chirurgia dove un docente ha scioperato per l’appello previsto ed il giorno dopo ha iniziato regolarmente ad esaminare i candidati, saltando però i primi 15 studenti iscritti all’appello, coloro che avrebbe dovuto interrogare il giorno di sciopero, che invece sono stati rimandati al primo appello utile.

“È un caso soggettivo, strano e beffardo, uno sciopero a metà, ma doppiamente lesivo, in cui non vi è stato un pari trattamento tra gli studenti – ha raccontato ad Estense.com Leonardo Uba, referente di Rete universitaria attiva-. In altre facoltà si sono cercati dei palliativi: a Giurisprudenza alcuni docenti nella giornata di sciopero hanno organizzato una riunione con gli studenti per informarli delle loro motivazioni, di cui però gli allievi avevano già preso atto da tempo. Quello che si contesta non è lo sciopero in sé, è un diritto, ma il fatto che noi studenti non siamo stati coinvolti, che non si è discusso di questa situazione negli organi consultivi in cui vi è la rappresentanza di studenti, docenti e amministrazioni cittadine, come la commissione ‘Unitown’. Questo avrebbe dato modo agli studenti di chiedere appelli in più, e ai professori di avere soluzioni diverse che non danneggiassero gli studenti. Del resto sono le due facce della stessa medaglia, non ha senso ‘farsi sgambetti’ a vicenda”.

Il disagio più diffuso, come ha raccontato Alessandro Balboni di Azione Universitaria, è stato che molti docenti non hanno voluto comunicare in anticipo la loro adesione allo sciopero e che quindi gli studenti hanno scoperto la mattina stessa dell’appello di non poter sostenere l’esame, insieme al problema delle borse di studio: molti ragazzi si sono trovati ad avere un numero insufficiente di crediti per richiedere la borsa di studio. “Per noi rappresentanti è stato particolarmente difficile gestire questa protesta perchéeravamo tra due fuochi – spiega Balboni – i professori rivendicavano il loro diritto allo sciopero, e allo stesso modo gli studenti rivendicavano loro diritto allo studio”.

Non ha avuto segnalazioni di casi particolari Francesco Demaldè, presidente di Student office che ribadisce però che: “Lo sciopero ha portato un avvicinamento degli esami, concentrandoli tutti nella seconda parte di settembre, creando problemi in particolare a chi ha preparato più di un esame. Questa protesta ha colpito soprattutto chi è alla fine della carriera universitaria – prosegue Demaldè – che per non aver potuto sostenere esami non si potrà laureare nella sessione autunnale. La cosa triste è che siamo stati colpiti noi studenti, l’elemento vitale dell’università, che non c’entriamo nulla, la questione riguarda soprattutto il Miur e i docenti”.

Aleggia ora lo spettro di un proseguimento dello sciopero per la sessione invernale ma a Ferrara, al momento, nessun docente ha accennato di voler proseguire nella protesta. “Mi auguro che se si proseguisse a gennaio – afferma Uba -, questo esperimento fallimentare abbia fatto cambiare idea ai docenti, mostrando che non ha senso rivalersi sugli studenti, ma cercare un punto d’incontro con un loro coinvolgimento più attivo e pianificando insieme una protesta più costruttiva, con il supporto di comitati come Unitown”.

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