di Cecilia Galotta
Milanese d’origine, ma newyorkese di formazione: il cantautore Claudio Niniano, busker per il quarto anno consecutivo, ma new entry fra gli invitati di quest’anno, racconta la genesi delle sue corde country-folk a tinte blues.
Raccontaci la tua storia. Da quanto suoni per strada?
Suono da quando avevo 11 anni, ma è dal 2011 che ho cominciato a suonare per strada. Mi sono diplomato come musicoterapista, e ho viaggiato molto. Sono stato a New York, ma anche in Africa e in tanti altri bei posti che mi hanno lasciato molto. Nel cominciare l’arte di strada c’è stata soprattutto la voglia di mettersi in gioco.
Quest’anno il fil rouge del festival è proprio la Grande Mela. Ti senti dunque inserito in questo omaggio?
Tantissimo. La mia chitarra acustica e voce si sono formate proprio a New York, posto al quale sono molto affezionato. Ci sono stato prima di suonare nei Buskers, e lì, ancor prima, ho trovato questa commistione di gente che viene un po’da tutte le parti del mondo a esprimere le sue corde, le sue note, e questo riprende in pieno lo spirito che poi avrei rivissuto nel festival.
Certo l’atmosfera street delle vie di New York sarà diversa da quelle ciottolate ferraresi. Come la vedi riportata?
Stefano Bottoni mi ha trasmesso molto della genesi di questo festival, che guarda allo street newyorkese ma nascendo e formandosi completamente nella radice ferrarese. Vedo una connessione tra due realtà diverse che però, ognuna con la sua anima, mettono insieme uno spirito solo.
Quando si dice Buskers, fra gli artisti di strada, che risonanza ha?
Per me è sempre stato un festival di grande risonanza. Per un musicista di strada suonare al Buskers Festival è un gran bel traguardo. Quando si dice Buskers, anche prima che ci suonassi, ha sempre avuto un certo appeal.
E’ possibile fare del musicista di strada un lavoro a tempo pieno? Tu lo riesci a fare?
Io, come musicoterapista, lavoro anche in due hospice a Milano. Ma è assolutamente possibile fare del musicista di strada un lavoro a tempo pieno: nella mia economia, per esempio, costituisce l’entrata più importante.
L’attività di musicoterapista è molto diversa da quella performativa?
Sì e no. Si può applicare in tantissime situazioni. A volte c’è l’ascolto, a volte suono io, e a volte si compongono canzoni insieme. La musica diventa un modo per esternare emozioni e sensazioni che a volte in altro modo non riescono a prendere forma. E questo rientra un po’ in ogni aspetto della vita.
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