Attualità
30 Aprile 2024
Tomas Gallerani, responsabile area infanzia di Coop Serena: “Una favola per bambini, anche molto piccoli, che parla di resilienza, riscatto, amicizia, supporto, coraggio e libertà”

Una favola per educare i più piccoli all’empatia

di Redazione | 3 min

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È giusto parlare ai bambini di violenza di genere? Quando si può iniziare ad educare all’empatia e al rispetto per gli altri? Queste le prime domande poste al pubblico durante l’evento di presentazione della favola dal titolo: “Libera come una libellula e coraggiosa come un’ape”. Un’iniziativa promossa e ad opera delle educatrici del Nido e Scuola dell’infanzia Scuola Natura Monestirolo struttura di Cooperativa Serena che ha come obiettivo la riflessione sulla violenza di genere, tema che purtroppo nel nostro Paese è molto attuale.

“Una favola per bambini, anche molto piccoli, che parla di resilienza, riscatto, amicizia, supporto, coraggio e libertà. – spiega il responsabile dell’area infanzia di Coop Serena Tomas Gallerani – Parlare di violenza di genere ai bambini è una scelta coraggiosa ma non dovrebbero esistere argomenti che non si possono trattare con i più piccoli. Dobbiamo renderci conto del fatto che i bambini vivono continuamente la realtà che li circonda e noi adulti, insieme alla scuola, abbiamo il compito di essere i mediatori di questa realtà raccontandogli sempre e solo la verità, hanno il diritto di conoscerla. Chiaramente le modalità ed il linguaggio devono essere adatti e consoni all’età, proprio come abbiamo scelto di fare con questa favola che rappresenta una grande occasione di coltivare adulti più sensibili e rispettosi”.

La favola è infatti incentrata sul tema della violenza di genere e dedicata a Giulia Cecchettin che pochi mesi fa ha incontrato la morte per mano di chi diceva di amarla, come ha spiegato la vicepresidente di Coop Serena Chiara Bertolasi: “La fiaba è dedicata a Giulia Cecchettin, inevitabilmente ciò che è successo a lei ha rappresentato una grande presa di coscienza su un tema molto presente, quello della violenza di genere. Perché proprio Giulia? Probabilmente perché era molto giovane, si chiamava come le nostre figlie e aveva gli occhi ambiziosi di chi vuole conoscere il mondo. La sua morte ha promosso un eco rumoroso sul femminicidio, gli educatori dell’asilo di Monestirolo hanno costruito un bellissimo percorso di consapevolezza: non è mai troppo presto o troppo tardi per insegnare che ogni forma di intolleranza e violenza vanno rifiutate.”

Prima della lettura della favola l’intervento dell’assessore alle pari opportunità Dorota Kusiak che ha rinnovato l’importanza di momenti di sensibilizzazione sul tema della violenza sulle donne anche lontano dalla ricorrenza perché “le donne che subiscono violenza hanno bisogno del nostro aiuto e supporto tutti i giorni dell’anno” e quello di Ruggero Villani, direttore di Confcooperative, che ha sottolineato l’importanza di coltivare le generazioni future: “I giovani sono l’infrastruttura più importante nello sviluppo del territorio, una iniziativa come questa si colloca nella tessitura di questa infrastruttura e quindi di un investimento futuro del territorio.”

“C’era una volta, nel bosco di Monestirolo, un Fungo. Aveva il gambo marrone e un cappello rosso come il fuoco con i pois bianchi. Era molto bello e un po’ vanitoso, tutti lo guardavano e si innamoravano di lui.” Così inizia la favola letta al pubblico da Ludovica Vicini, illustratrice della stessa.

Un Fungo un po’ vanitoso e una libellula che, di tanto in tanto, si posa su di lui. Il Fungo chiederà poi alla libellula di fermarsi su di lui e di smettere di volare con le sue amiche api perché “le vuole bene” e si sente triste e annoiato quando se ne va. La libellula si priverà della libertà per stare con Fungo e piano piano perderà l’abitudine a volare, le ali diventeranno trasparenti e sarà sempre triste. La sua amica ape la convincerà a chiedere aiuto e, chiamato l’Agente del bosco, la libellula tornerà libera una volta per tutte.

Un linguaggio che fa riflettere i bambini e commuove i più adulti, una storia che con un linguaggio diverso dal solito ci ricorda che il possesso non è amore ma una forma di violenza.

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