Politica
19 Maggio 2016
Nell'esposto alla procura il sindaco ipotizza i reati di violenza o minaccia ad un corpo amministrativo

Non solo Lodi, Tagliani chiede di indagare anche su Mascellani e politici locali

di Marco Zavagli | 4 min

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10380178_783753798325951_6914115238699183960_oContempla anche l’ingegner Roberto Mascellani e alcuni politici locali, oltre a Nicola “Naomo” Lodi, l’esposto firmato dal sindaco Tagliani e depositato presso la procura di Ferrara lo scorso 3 maggio. Figure che, nella mente del primo cittadino, dipingerebbero scenari inquietanti, dati dall’intreccio tra politica e affari.

Secondo la ricostruzione offerta dal documento, la soluzione del problema di riqualificazione del Palaspecchi (terminato nel 1989 e mai utilizzato) era già pronta nell’autunno del 2015. Una soluzione che vedeva – questo è noto – la destinazione primaria della struttura a cohousing sociale, con l’inserimento dell’intero complesso in un fondo costituito dalla Cassa Depositi e prestiti. Per riuscirci la Cdp e la società Ferrara 2007, proprietaria dell’immobile, hanno selezionato la Intercantieri Vitadello per la realizzazione dell’intervento edilizio e la società Investire per la gestione dell’aspetto finanziario. Investire, Cdp e Vitadello hanno quindi partecipato al bando dell’Acer che cercava un contenitore adatto allo sviluppo del suo progetto di housing sociale. Secondo Tagliani fino ad allora tutto era filato senza intoppi, tanto che la soluzione proposta dalla giunta non aveva trovato opposizione in consiglio.

Poi, a un certo punto, spunta Nicola Lodi, bollato nell’esposto come pregiudicato. A lui il sindaco addebita diverse invasioni dell’edificio (e in una occasione la minaccia di gettarsi dall’alto) e il procurato allarme, per aver dichiarato che all’interno della struttura trovano posto oltre 150 immigrati con annessi rischi per l’ordine pubblico e la sanità. Ipotesi, sottolinea l’esposto, smentita dalla questura ma ripresa nella recente interrogazione dell’on. Fedriga della Lega Nord alla Camera.

Un tam tam mediatico il cui scopo, secondo Tagliani, sarebbe quello di far deviare l’amministrazione dal progetto di recupero in favore dell’abbattimento dell’edificio. Operazione definita impossibile, essendo l’immobile di proprietà privata, e illegittima, non essendo in potere dell’ente locale la requisizione di un edificio salvo casi di estrema necessità.

Ma perché abbatterlo? Qui l’esposto chiama in causa l’ingegner Roberto Mascellani, coprogettista della struttura nel 1985, cui fa capo il gruppo Sinteco, oggi in concordato: l’imprenditore edile avrebbe suggerito alla Cdp di destinare il fondo di 30 milioni di euro, anziché al Palaspecchi, al complesso del Darsena. Mascellani avrebbe anche indicato delle società per abbattere l’ex direzionale pubblico di via Beethoven a costi contenuti.

In questo contesto il sindaco intravede i motivi dell’esposto al Tar avanzato dallo stesso Mascellani contro l’ultima variante al piano di recupero dell’immobile. La Cdp infatti non può finanziare progetti che riguardano beni oggetto di contenzioso.

In questo scenario viene inquadrato il recente incontro a Milano tra Lodi e la dottoressa Delmonte, responsabile social housing di Cdp. Appuntamento che Lodi, privo di titolo a interloquire nell’argomento sempre secondo l’esposto (non è consigliere, ma agisce quale responsabile sicurezza e immigrazione della Lega Nord), avrebbe strappato dietro la minaccia di inscenare clamorose proteste sotto gli uffici milanesi della Cassa. Il documento rimarca anche la differenza tra quanto successivamente comunicato all’amministrazione dalla dirigente e quanto riferito alla stampa da Lodi, che paventava il ritiro della Cdp dal progetto.

Questo il puzzle che Tagliani mette insieme per sostenere che esiste un disegno per far fallire il progetto di recupero. Un disegno che non viene alimentato nei luoghi canonici della politica e figlio di una azione coercitiva che lo vorrebbe sottrarre alla logica della maggioranza.

Di più. Il sindaco ipotizza un intreccio tra politica e centri di interesse affaristici, cui avrebbero fatto da fiancheggiatori alcuni politici locali (che non vengono nominati) nel fomentare la bufera sul Palaspecchi. Tali politici avrebbero contribuito alla turbativa dell’azione amministrativa con modalità illecite, agendo al di fuori del normale confronto politico.

Di qui l’addebito che Tagliani chiede alla magistratura di verificare. Un addebito che nell’esposto prende il nome di una precisa ipotesi di reato, quella prevista dai commi 1 e 2 dell‘articolo 338 del codice penale. La “violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario” punisce chi “usa violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o ad una rappresentanza di esso, o ad una qualsiasi pubblica autorità costituita in collegio”, per “impedirne, in tutto o in parte, anche temporaneamente, o per turbarne comunque l’attività”. Lo stesso vale, recita il secondo comma, per “chi commette il fatto per influire sulle deliberazioni collegiali di imprese che esercitano servizi pubblici o di pubblica necessità, qualora tali deliberazioni abbiano per oggetto l’organizzazione o l’esecuzione dei servizi”.

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