Politica
28 Ottobre 2014
Nannicini: "Il jobs act serve per creare regole certe per quando ripartirà l'economia"

I tre pilastri del jobs act secondo i renziani

di Redazione | 3 min

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IMG_20141027_181837“L’obiettivo delle riforme del mercato del lavoro non è quello di creare lavoro di per sé, magari fosse così, quanto piuttosto quello di creare regole certe che saranno presenti e serviranno una volta completati tutti gli altri passaggi che servono per far ripartire l’economia”. È questo il senso del jobs act secondo Tommaso Nannicini, consigliere economico della presidenza del consiglio e professore di economia politica alla Bocconi, intervenuto nel tardo pomeriggio di lunedì alla sala della musica ad un incontro organizzato da Ferrara Adesso per illustrare i progetti della riforma del mercato del lavoro.

Al tavolo di discussione hanno partecipato anche Giulia Bratti, imprenditrice e presidente provinciale della Cna settore terziario avanzato, e Bruna Barberis, dipendente Tecopress e parte della segreteria provinciale della Cisl, coordinati da Wanda Cavecchia.

Nannicini ha poi illustrato i tre obiettivi del jobs act di Renzi, al momento ancora legge delega ma che dovrebbe entrare in vigore verso fine anno: “Innanzitutto — spiega il professore — dobbiamo prendere atto del fatto che il mondo del lavoro sta cambiando verso una maggiore mobilità e dobbiamo fare in modo che i costi di questo cambiamento non ricadano sui soliti noti, ovvero i giovani, considerando che in passato abbiamo avuto altri interventi sul mondo del lavoro, anche se solo marginali, che hanno creato un dualismo totale tra i garantiti e non”.

“Va poi ripensato il welfare”, continua Nennicini, “soprattutto per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, rafforzando le politiche attive piuttosto che quelle passive. Esiste un sistema basato sulla garanzia del reddito e del posto di lavoro quando possibile talmente radicato che la nostra rete dei centri per l’impiego è assolutamente insufficiente. L’ultimo tassello poi è il rafforzamento delle condizioni contrattuali, facendo scomparire lavori autonomi che in realtà altro non sono che dipendenze mascherate ma lasciando comunque sia la massima indipendenza per le autonomie vere, ed introducendo un nuovo pilastro sulle condizioni contrattuali già presenti come l’assunzione a tempo indeterminato a tutele crescenti. La sfida è quella di rendere centrale questo contratto nei confronti delle nuove generazioni che si affacciano ora nel mercato del lavoro”.

Poche le perplessità sul provvedimento da parte degli altri relatori, anche se Barberis ha chiesto conto del fatto che ogni nuovo governo metta mano al mercato del lavoro — non sempre ascoltando le parti sociali — mentre Giulia Bratti ha evidenziato come nel caso delle imprese come la sua, in cui a lavorare è solo lei, assumere un collaboratore, per quanto comodo potrebbe essere, rimane comunque un passo difficillissimo: “Oltre all’aspetto economico c’è anche tutta la questione della burocrazia che un assunto si porta dietro, aumentando per certi versi ancora di più il lavoro che è già da svolgere”.

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