Comacchio
3 Dicembre 2011
Presunti episodi di episodi di corruzione e concussione. Sotto accusa anche l’ex sindaco Cicognani

“Comacchiopoli”, chiesto rinvio a giudizio per 12 persone

di Marco Zavagli | 3 min

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L'ex sindaco Maria Cristina Cicognani

Comacchio. La procura chiede il rinvio a giudizio per tutte le persone indagate nell’ambito di “Comacchiopoli”. L’inchiesta, chiusa dalla procura di Ferrara a marzo, si appresta ora a passare al vaglio del gip, al quale il pm Nicola Proto ha chiesto il rinvio a giudizio per dodici persone, tra cui metà dell’ex giunta di centrosinistra che governò la cittadina dei Trepponti prima della parentesi, già chiusa, di Paolo Carli.

Il lavoro della procura, nato dalle indagini dei carabinieri su presunti episodi di corruzione e concussione negli intrecci tra politici e imprenditori della cittadina lagunare, ha incrociato i riscontri relativi alla sponsorizzazione del Comacchio calcio, al nuovo porto turistico e agli abusi edilizi. Ne uscirono dodici indagati per sette capi di imputazione.

Dalle carte esaminate da via Mentessi emerge che l’ex sindaco Maria Cristina Cicognani è indagata per tentata concussione (in concorso con Valter Cavalieri Foschini, già vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici, e Berto Cavallari, già assessore all’Urbanistica) per aver indotto un privato a cedere al Comune un terreno a Lido di Spina per sbloccare una pratica del piano urbanistico per la costruzione del porto turistico degli Estensi. Siamo nel gennaio 2009.

Vengono poi Manlio Carli, allora dirigente all’Urbanistica (si parla di fine 2008), Filippo Farinelli (ex presidente del consiglio provinciale in quota Rifondazione comunista), ancora Berto Cavallari, Eugenio Gramolelli (ex assessore alle Attività produttive ed ex consigliere provinciale del Pd), Fabrizio Felletti (ex assessore allo Sport) e gli imprenditori Luciano Vazzoleri e Sergio Marinelli. A loro viene contestato il concorso in corruzione. Si tratta del famoso filone riguardante la sponsorizzazione della locale squadra di calcio. La vicenda, che portò inizialmente agli arresti domiciliari i primi quattro risale alla fine del 2008 e riguarda una promessa di sponsorizzazione per il Comacchio calcio, del valore di 30mila euro. La società sponsorizzatrice, attiva nell’edilizia, avrebbe offerto quei soldi in cambio dell’interessamento per una pratica relativa alla richiesta di concessione di un’attività produttiva, ferma nei cassetti del municipio. La ditta avrebbe chiesto, attraverso Farinelli, un interessamento presso gli assessori Cavallari e Gramolelli. Secondo la procura in seguito a questo “scambio”, si sarebbe avuta una accelerazione dell’iter burocratico nel rilascio della autorizzazione. Gli indagati avrebbero accettato la promessa di pagamento di denaro (i 30mila euro) e avrebbero effettivamente ricevuto 4.800 euro a favore della società sportiva.

Di omissione in atti d’ufficio è invece accusato Antonio Pini, fino a maggio 2008 dirigente del settore Urbanistica. L’architetto avrebbe omesso di adottare tempestivamente il provvedimento di demolizione in relazione a un abuso edilizio a Lido di Spina. A Pini sono contestati anche due ipotesi di concussione, per aver indotto l’imprenditore Sergio Marinelli (l’anno di riferimento è il 2003) a versagli 15mila e 5mila euro per sveltire due pratiche riguardanti altrettante concessioni edilizie.

Di nuovo Pini, questa volta con l’imprenditore edile Guerrino Ventura, è indagato per abuso d’ufficio. A entrambi la procura contesta fatti relativi a maggio 2008: l’allora dirigente all’urbanistica avrebbe ritardato la sospensione dei lavori di costruzione di un parcheggio contiguo ad alcune villette a Porto Garibaldi. Un abuso edilizio (almeno secondo la segnalazione che fecero allora i vigili urbani) realizzato in un’area destinata a verde pubblico.

Un capo di imputazione riguarda anche Iginio Ferroni, ex consigliere comunale di Alleanza nazionale. Per lui l’accusa è di istigazione alla corruzione, per aver sollecitato nella primavera del 2009, per il tramite di Marinelli, la promessa di un versamento di 50mila euro da parte di un imprenditore (che si rifiutò di cedere) per dare il proprio voto favorevole all’eventuale approvazione del piano urbanistico esecutivo.

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