Cronaca
3 Febbraio 2023
In aula a Cosenza il giornalista Milicchio ha deposto sulla morte dell'ex calciatore di Argenta: "Esclusi l'ipotesi perché non c’era nessuna frenata né macchia di trascinamento"

Processo Bergamini, la testimonianza: “Parlarono di suicidio, ma troppe cose non tornavano”

di Redazione | 3 min

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di Stefania Scarfò

Nella trentacinquesima udienza in Corte d’Assise a Cosenza per il processo sull’omicidio di Denis Bergamini, ascoltato in aula il giornalista Giuseppe Milicchio che al tempo della morte del giocatore era un collaboratore della società del Cosenza Calcio.

Milicchio ha raccontato la sua ricostruzione della vicenda, da cronista, nell’immediatezza dei fatti: “Qualche giorno dopo la morte di Denis (2-3 giorni dopo) – ha affermato – mi sono recato nella sede Rai di Cosenza per avere notizie e informazioni. Si stava procedendo alla trascrizione di un’intervista fatta al Procuratore Abate nella quale lo stesso affermava con certezza che si trattava di un suicidio e che l’autopsia non fosse necessaria, siccome non era necessario appurare le cause del decesso. L’unica ipotesi alternativa che Abate introdusse fu quella di un suicidio assistito. Abate parlò di un trascinamento del corpo del ragazzo per circa 45 metri. Alla luce delle sue affermazioni decisi di effettuare un sopralluogo sulla statale 106. Mi recai sul posto dell’incidente dove venni subito fermato da una pattuglia dei carabinieri che mi impedì di fare riprese. Con l’operatore salimmo allora in macchina e facemmo delle riprese dalla macchina in movimento riprendendo il tragitto fino alla macchia ematica sull’asfalto. Non c’era nessuna frenata né macchia di trascinamento, motivo per il quale sin da subito esclusi l’ipotesi del suicidio. C’erano troppe lacune nella prima ricostruzione e troppe cose che non tornavano. Mi sembrò subito strano, poi, che per andare a fare quella famosa telefonata si preferì andare in un locale lì in zona, davanti al quale passammo, e non si preferì, invece, andare dai carabinieri. Proprio lungo la strada per raggiungere il locale, c’era un cartello che indicava la locale stazione dei carabinieri”.

Il Pm Primicerio chiede poi al teste della sua conoscenza con Domenico Corrente, all’epoca dei fatti magazziniere-factotum nella società del Cosenza. “Ero molto amico di Mimmolino – sottolinea Milicchio -. So che aveva avuto le scarpe e l’orologio di Denis e che le aveva fatte avere alla famiglia. Mi disse poi che a fine campionato sarebbe andato a trovare la famiglia di Denis perché aveva delle confidenze da fare loro. Non mi disse né come fece ad avere scarpe e orologio né quali fossero queste confidenze”. Confidenze che poi Corrente non riuscirà a fare alla famiglia. L’uomo perse la vita, assieme ad Alfredo Rende (altro magazziniere del Cosenza) in un incidente stradale di ritorno dalla trasferta di Trieste a fine stagione, proprio a pochi chilometri da Roseto Capo Spulico”.

Il controesame degli avvocati Cribari e Pugliese introduce la vicenda di una cena in un ristorante di Laurignano, nel settembre del 1989. Milicchio, entrando nel locale assieme ad altri, vide alcuni giocatori del Cosenza, tra i quali Denis, che si trovavano all’interno del locale: “Ad un certo punto sentimmo del vociare e abbiamo visto Denis alzarsi e uscire, assieme ad altre persone. Rientrò dopo pochi minuti. Abbiamo ipotizzato dovesse spostare la macchina parcheggiata male”. Chieste anche al teste informazioni sull’acquisto della Maserati: “Su quell’auto ne sono state dette tante – ha detto Milicchio – tutte bugie. Non c’era alcun traffico di droga nel contesto di quella squadra e mai la Maserati seguì il pullman in trasferta”.

“Si tratta di una testimonianza importantissima -commenta a margine dell’udienza Anselmo – perché questo giornalista ha raccolto le dichiarazioni del procuratore capo di allora che depistano la stampa, perché parla di suicidio quando gli stessi giornalisti rimangono perplessi”.

“E i cronisti che si sono recati sul posto -aggiunge – hanno tutti pensato all’omicidio. E’ emerso anche un particolare che finora era sfuggito: sul luogo c’era l’insegna “Carabinieri” quindi non si capisce perché l’Internò non sia andata subito lì ma in un ristorante”.

Decisa l’acquisizione delle deposizioni rilasciate negli anni da diversi testimoni che quindi non saranno chiamati a deporre. Tra questi anche quelli che erano stati chiamati a testimoniare nell’udienza del prossimo 7 febbraio. Motivo per il quale l’udienza è stata annullata dalla Corte. Si torna in aula il 24 febbraio.

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