Cronaca
25 Maggio 2024
"Lo facciamo per quella donna e in memoria di tutte le altre donne che sono state uccise da un uomo convinto di avere quel potere su di loro"

Udi ancora parte civile in Cassazione per il femminicidio di Rossella Placati

(Foto di Riccardo Giori)
di Redazione | 2 min

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“Ogni volta che entriamo in un’aula di giustizia per affermare questa tesi, lo facciamo per quella donna e in memoria di tutte le altre donne che sono state uccise da un uomo convinto di avere quel potere su di loro. E lo faremo anche il 4 giugno 2024”. A parlare sono le donne dell’Udi (Unione donne italiane) e la data indicata è quella dell’udienza davanti alla Suprema Corte di Cassazione nel processo per il femminicidio di Rossella Placati. Un processo a carico di Doriano Saveri, condannato nei precedenti gradi di giudizio.

Il 23 maggio l’Unione donne in Italia – Udi Ferrara, costituita parte civile fin dal primo grado, si è riunita in assemblea per discutere del nuovo grado e confermare la propria volontà. Fanno quindi sapere che sono state ammesse “perché le Corti di primo e secondo grado hanno accolto la nostra tesi secondo cui il reato oggetto del processo – per le modalità con cui è stato commesso, secondo il capo d’imputazione – frustra e vanifica lo scopo perseguito dall’associazione (la tutela della donna contro ogni forma di discriminazione e di violenza di genere) violando un diritto soggettivo dell’associazione stessa: ogni singolo caso di femminicidio e di violenza su di una donna contribuisce, infatti, a legittimare la cultura sessista che le donne dell’Udi si sono sempre impegnate a contrastare”.

Le donne dell’Udi ritengono “che la costituzione di parte civile sia una ulteriore occasione per portare la nostra storia e le nostre parole dentro al diritto. E’, infatti, anche per merito di questa Associazione, che, insieme ad altre, ne ha fatto una campagna nazionale fin dal 2008, se la parola femminicidio è entrata a far parte del linguaggio corrente e adottata anche dall’Accademia della Crusca”.

“Cercare e individuare – spiegano – il ‘movente femminicida’ nella uccisione di una donna per mano di un uomo, che era o era stato il suo compagno, non costituisce un mero puntiglio lessicale, ma elemento fondamentale per capire per quale motivo un uomo possa arrivare ad uccidere la propria “compagna”, la propria “amata”, atto altrimenti non comprensibile. Il movente femminicida coincide con la volontà di annientamento della donna e la convinzione di avere il diritto di ucciderla per la sua scelta di autodeterminazione, che è per il femminicida, inaccettabile”.

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