Spettacoli
7 Maggio 2024
L'attore e drammaturgo: “Mi sono preso la libertà di rappresentarlo come un personaggio che resiste nel tempo"

Al Comunale Orsini porta in scena “I fratelli Karamazov”

(Foto di Fabrizio Sansoni)
di Redazione | 2 min

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Un percorso all’interno dell’ultimo e forse più grande romanzo di Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov, che Umberto Orsini porta in scena al Teatro Comunale di Ferrara da venerdì 10 a domenica 12 maggio (venerdì e sabato alle 20,30, domenica alle 16). Un testo che Orsini affronta per la terza volta nella sua carriera d’attore come una vera e propria linea guida e “cavallo di battaglia”. Dopo il fortunato sceneggiato televisivo di Bolchi e La leggenda del grande inquisitore, questo “nuovo Karamazov” è per Orsini l’occasione di confrontarsi direttamente con la complessità del personaggio più controverso e tormentato dell’intera epopea letteraria: Ivan Karamazov, il libero pensatore che teorizza l’amoralità del mondo e conduce forse consapevolmente all’omicidio l’assassino di suo padre; Ivan Karamazov, protagonista controverso e tormentato, colpevole e innocente insieme, ritorna a parlare, come un uomo ormai maturo che sente di non aver esaurito il suo compito, che sente il suo personaggio romanzesco troppo limitato per esprimere la complessità del suo pensiero e chiarire le esatte dinamiche dei “delitti” e dei castighi”… E così si confessa e cerca di raccontare la sua storia. Compila le sue memorie e tenta di fare luce sui propri sentimenti e sulla propria filosofia, provandosi a svelarne le implicazioni criminali in un vero e proprio thriller psicologico e morale il cui più alto vertice resta l’immaginario poema di Ivan che narra del confronto metaforico tra un Cristo tornato sulla terra e un vecchio inquisitore che crede che Egli si meriti il rogo.

“Mi sono preso la libertà di rappresentarlo come un personaggio che resiste nel tempo – racconta Umberto Orsini -, e mi sono chiesto, e gli ho fatto chiedere, perché mai l’autore, il suo creatore, lo abbia abbandonato non-finito. E questo non-finito me lo sono trovato tra le mani oggi, come in-finito e dunque meravigliosamente rappresentabile perché immortale e dunque classico”.

“Il cuore drammaturgico e registico di queste nostre Memorie di Ivan Karamazov è quello d’una sofferta e sibillina riflessione sull’identità – scrive nelle note di regia Luca Micheletti -. Assumendo il romanzo come nucleo mitologico “a monte”, ci siamo chiesti chi sia Ivan. Un personaggio, d’accordo. Ma anche l’incarnazione romanzesca di un nodo ideologico cruciale e, quindi, un alter ego dell’autore… Ivan è una creatura narrativa che, nonostante le diffuse connotazioni che lo descrivono e le molte pagine che Dostoevskij gli dedica, sfuma nell’imprendibile: è la maschera e il pretesto di logiche segrete, negate”.

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