di Davide Nanni*
Ferrara è la città che conta il numero di case popolari più alto in Emilia-Romagna, dopo Bologna. Un patrimonio di 3.341 alloggi pubblici che il nostro Comune, da oltre un secolo, mette al servizio di tutti quei nuclei familiari che – per molteplici ragioni – versano in condizioni di medio o grave disagio economico. La gran maggioranza dei complessi residenziali gestiti da Acer è stata costruita prima degli anni ’90 e oggi necessita interventi di manutenzione periodica e straordinaria, ammodernamento, efficientamento energetico spesso molto consistenti.
Negli ultimi cinque anni il Comune di Ferrara ha erogato all’Azienda Casa risorse insufficienti a implementare e mantenere standard di abitabilità qualitativamente adeguati al benessere dell’utenza. Lo dimostra l’aumento costante del numero di alloggi Erp vuoti tra il 2019 e il 2023: da 692 a 955, due terzi dei quali non potranno mai essere assegnati perché mancano i requisiti minimi di abitabilità. Nel frattempo la domanda di casa a costi calmierati è drammaticamente esplosa a causa della crisi economica e di politiche nazionali poco lungimiranti, come l’azzeramento del Fondo Affitti e di quello per la morosità incolpevole.
Eppure la giunta Fabbri, nel 2021, ha rinunciato a realizzare 31 nuovi alloggi pubblici in zona Darsena, salvo poi agitare in maniera strumentale il problema “case popolari” fomentando una inutile e penosa guerra tra poveri. Oggi, a pochi mesi dalle elezioni, la macchina comunicativa di Fabbri esalta la riqualificazione energetica e sismica di 24 alloggi in via Verga. Un intervento importante, finanziato con risorse nazionali, ma decisamente tardivo: da anni chi abita in quei palazzi lamenta il malfunzionamento degli impianti di riscaldamento e la scarsa manutenzione delle parti interne, escluse dai lavori di ammodernamento. Lo stesso avviene in tante altre parti della città: da Foro Boario a via Borsari, passando per Piazzale San Giovanni. Chi scrive ha avuto modo di vedere, ad esempio, le condizioni abitative indecorose di anziani e famiglie nei caseggiati popolari di via Primo Maggio: vani piccoli, infiltrazioni nei sottotetti, pareti divorate dall’umidità e della muffa. Una situazione ben nota e taciuta dai nostri attuali amministratori che non si sono mai preoccupati di intervenire, sfruttando le possibilità di spesa emerse con il Pnrr e il Superbonus.
Nemmeno la richiesta presentata da Acer per modificare i vincoli sugli immobili di via Primo Maggio presenti nel nuovo Piano Urbanistico Generale è stata accolta dal Comune: nessuna demolizione sarà possibile, con costi più elevati di riqualificazione. Il duo Fabbri-Balboni continua a illudere gli elettori promettendo “la casa prima ai ferraresi” ma ci credono davvero? Evidentemente no. Ferrara ha bisogno di politiche abitative serie e di scelte coraggiose: investire
sull’edilizia pubblica almeno un milione l’anno; delineare assieme ad Acer e Università strategie di sviluppo per l’edilizia sociale rivolta a studenti e giovani coppie; incentivare il cohousing e disincentivare tutte le dinamiche speculative che hanno aggravato il caroaffitti in centro storico, con danno ai piccoli commercianti, agli operatori turistici e ai tanti studenti fuorisede. Una cosa però si potrebbe fare anche subito: destinare il rimborso di 806.288,4 euro ottenuto dalla sentenza Lageder al recupero di alloggi Erp vuoti, raddoppiando la posta di bilancio del 2024. Il sindaco Fabbri è d’accordo?
* consigliere comunale del Partito Democratico
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