Cronaca
29 Marzo 2024
Il pm Ciro Alberto Savino ha nuovamente chiesto di archiviare l'inchiesta per la morte di Francesco D'Antoni, avvenuta il 20 marzo 2021 ad Argenta. Dopo la prima, anche la seconda consulenza non rileva responsabilità penali nei due indagati

L’ospedale è troppo lontano e muore d’infarto. Nuova richiesta di archiviazione

di Davide Soattin | 3 min

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La Procura di Ferrara ha nuovamente chiesto l’archiviazione per l’allora direttore del distretto Sud-Est dell’Ausl di Ferrara e per un’operatrice telefonica del 118, inizialmente indagati per omicidio colposo relativamente alla morte di Francesco D’Antoni, deceduto ad Argenta il 20 marzo 2021 per infarto miocardico acuto.

I due erano finiti sotto la lente degli inquirenti con responsabilità diverse. Il primo per aver disposto che dal 18 marzo 2021 – siamo ancora in piena pandemia e in piena crisi sanitaria – l’ambulanza del Pronto soccorso di Argenta non fosse più munita di medico a bordo, aggiungendo che eventuali codici rossi sul territorio sarebbero stati invece gestiti da altre automediche presenti in provincia. La seconda per non aver mandato subito un mezzo di soccorso medicalizzato dopo l’intervista telefonica in cui il paziente lamentava forte dolore al petto e dispnea, e poi che non riusciva più a respirare.

A intervenire, alle 23.19 fu infatti un’ambulanza con solamente un’infermiera, che non aveva possibilità d’intervento, e che per questo richiese l’arrivo di un secondo mezzo con medico a bordo, che giunse sul posto alle 23.46 e ne constatò la morte (l’ora ‘reale’ del decesso è datata circa alle 23.20).

Ma anche se fosse giunta subito, a quanto pare, non avrebbe potuto cambiare le sorti della vittima.

Questa era la conclusione a cui, dopo una prima consulenza tecnica, era arrivato il pm Ciro Alberto Savino – titolare del fascicolo di indagine – che a settembre 2022 aveva quindi chiesto al gip di archiviare l’inchiesta. Richiesta a cui i familiari della vittima si opposero, spingendo il giudice per le indagini preliminari a ordinare ulteriori indagini, che però non hanno cambiato le determinazioni della Procura. La seconda consulenza infatti, disposta nei mesi scorsi dagli uffici di via Mentessi ed eseguita dai ctu Kusstatscher e Cecchetto, ha oggi sostanzialmente confermato quanto già era stato evidenziato con la prima.

Nello specifico, secondo i consulenti, i circa 25 minuti di ‘ritardo’ nel corretto intervento di soccorso, che erano finiti al centro dell’indagine, non sarebbero comunque stati sufficienti “a coprire lo spazio che intercorre tra l’abitazione della vittima e l’ospedale di Cona, il più vicino nosocomio dotato di un servizio di emodinamica (distante 35.6 km), e la successiva sottoposizione ad una angiografia urgente, in tempo utile per salvarlo”. Dunque, aveva scritto la Procura di Ferrara, l’uomo “sarebbe comunque deceduto durante il tragitto in ambulanza, anche in caso di arrivo al domicilio di un’ambulanza con medico a bordo. Deve purtroppo darsi atto che non sussiste, pertanto, nesso di causalità tra il decesso e il ritardo nel soccorso”.

“Il paziente – aveva inoltre scritto il pm, sempre sulla scorta dei rilievi del consulente tecnico – si sarebbe potuto salvare solo attraverso il trasferimento immediato in un reparto di emodinamica, con esecuzione di angiografia in regime di emergenza, poiché tutti i restanti trattamenti terapeutici riportati in letteratura e nelle linee guida non sarebbero stati salvifici“.

Insomma, anche di fronte a un intervento perfetto da parte del 118, D’Antoni non si sarebbe salvato perché l’ospedale più grande, più attrezzato, il fulcro della sanità provinciale, era troppo lontano.

 

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