Cronaca
8 Gennaio 2023
Negli anni '70 fu protagonista delle inchieste sulle principali stragi che insanguinarono l'Italia. Nel 2017 il Premio Stampa Ferrara

È morto Gian Pietro Testa, la penna che mischiò giornalismo e poesia

di Redazione | 3 min

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Gian Pietro Testa

Se ne è andato in silenzio, quel silenzio che si era imposto negli ultimi anni. Gian Pietro Testa è morto a 86 anni nell’ospedale di Cona in seguito alle complicanze di alcune patologie di cui soffriva.

Alle nuove generazioni il suo nome probabilmente non dirà molto, ma Gian Pietro Testa, GPT come si firmava, è stato maestro per generazioni di giornalisti. E non solo di giornalisti. Il suo curriculum lo vede ascritto anche tra i poeti e scrittori italiani della fine del Novecento e inizio del terzo millennio.

Alla fine degli anni ’60 e negli anni ’70 GPT ha scritto di cronaca nera e terrorismo, occupandosi dei casi di Piazza Fontana (fu il primo giornalista a entrare nella sede della Banca dell’Agricoltura il 12 dicembre del 1969) e della strage di Bologna. Il suo lavoro investigativo lo farà annoverare tra i cosiddetti “pistaroli”, il gruppo di giornalisti d’inchiesta celebrato nel libro di Marco Nozza.

Testa aveva lavorato in diversi quotidiani nazionali, tra cui Il Giorno, l’Unità, Paese Sera. È stato tra i fondatori del settimanale Avvenimenti e direttore del quotidiano napoletano “Senzaprezzo” e della rete televisiva “NTV” a Bologna.

Terminata l’attività di cronista, ha insegnato alla scuola di giornalismo di Bologna e al Carid dell’Università di Ferrara. Dal 1985 al 1992 è stato capo ufficio stampa del Comune di Ferrara e direttore del mensile “Ferrara”.

Nel 1976 ha pubblicato per Einaudi “La strage di Peteano”, libro inchiesta sull’attentato di matrice di estrema destra avvenuto il 31 maggio 1972 in cui persero la vita tre carabinieri (il brigadiere Antonio Ferraro, i carabinieri Donato Poveromo e Franco Dongiovanni).

Ai fatti del 2 Agosto 1980 alla stazione di Bologna dedicò invece “Antologia per una Strage”, raccolta di 84 poesie, una per ogni vittima, uscita per Zanichelli nel 1980 e ripubblicata da Minerva edizioni nel 2005. Sempre sulla Strage di Bologna ha scritto “Terrorismo: la strategia che viene dall’alto”, Thyrus, 1986, a cura dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna.

Successivamente alternò la pubblicazione di opere di poesia a opere di narrativa. Tra i romanzi si possono ricordare “Il linciaggio” (edizioni Liberty House, 1988), “Don Rodrigo o la rivoluzione fallita” (Di Renzo, 2003), il pamphlet “Lettera semiseria di un comunista al signor Dio Ill.mo” (T. Editore, 2004), “Io sono il milite ignoto” (Minerva Edizioni, 2006), “Il rocchetto di Ruhmkorff” (Minerva Edizioni, 2013), “Il vestito di taffetà” (Este Edition, 2018).

Tra le raccolte poetiche si contano, oltre ad “Antologia per una strage”, “I canti di Focomorto” (Edizioni del Leone, 1985), “L’ultima notte di Savonarola” (edizioni Liberty House, 1990), “Il muschio del nord” (Corbo Editore, 1995), “Una notte che la luna era morta” (Book Editore, 2000), “Via di Gatta marcia” (Minerva Edizioni, 2009).

Nel 2017 venne insignito dall’Associazione Stampa di Ferrara del Premio alla carriera: “tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso – si legge nella motivazione – scavò nel profondo delle trame più oscure della storia italiana”.

Pochi mesi prima se n’era andata la sua compagna, Elettra Testi, con cui viveva nella casa di via Carlo Mayr. “La morte della sua Elettra lo ha ucciso dentro ma ancora di più lo ha ucciso il non arrendersi al tempo che passava e che passa – ha scritto suo figlio Enrico, caporedattore centrale di Raisport -. Papà detestava il capitalismo, papà era molto più anarchico che comunista, papà non sopportava l’arroganza del potere e il potere a prescindere”.

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