Finiti nei guai dopo la maxi-operazione coordinata dalla Procura di Palermo, che ha portato a scoperchiare un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa estesa in tutta Italia, i due fratelli di nazionalità nigeriana, che nei giorni scorsi sono stati arrestati a Ferrara, hanno scelto la via del silenzio.
Ieri (venerdì 17 maggio) mattina infatti, durante l’interrogatorio di garanzia, davanti al gip del tribunale di Ferrara, i due – a cui viene contestata anche la ricettazione – si sono avvalsi della facoltà di non rispondere e, per uno di loro, è stata avanzata la richiesta di essere messo agli arresti domiciliari.
I due Azamen, così vengono definite le persone implicate in questo tipo di sistemi, chiamati Aza appunto, sarebbero stati tenutari di conti correnti da cui partivano poche centinaia di euro. Piccoli ‘pesci’ se confrontati ad altre posizioni in cui, stando a quanto si apprende, si sono registrati spostamenti anche tra i 10 e i 20mila euro.
L’inchiesta, eseguita dalla polizia di Stato, nasce dalla denuncia di due ragazze inserite nel sistema che, sequestrate dai loro stessi complici per restituire del denaro, decisero di raccontare tutto agli inquirenti, che poi attivarono controlli sui conti correnti e intercettazioni telefoniche per ricostruire i fatti.
In tutto sono state ventisei le persone finite indagate, di cui cinque di nazionalità italiana.
Secondo la Procura avrebbero messo a segno diverse tipologie di truffa. Da quelle relative a trading online e bitcoin fino a quelle sentimentali o romantiche in cui, utilizzando immagini di uomini molto avvenenti che si presentano spesso come imprenditori o militari in servizio in Paesi territori di guerra, o comunque con posizioni lavorative di alto livello, i truffatori fanno credere alla vittima di essere single, vedovi o separati.
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