Spal
19 Maggio 2020
Il tecnico si sbilancia sul suo futuro: "Sarei contento di rimanere a prescindere dalla categoria". E sulla ripresa dice: "Tornare in campo sarebbe un segnale per il Paese"

Di Biagio: “Che si giochi o no, la Spal deve rimanere in A”

di Redazione | 3 min

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(foto di Alessandro Castaldi)

di Davide Soattin

Tra una seduta di allenamento individuale e l’altra sui campi di via Copparo, in attesa di conoscere nuovi e fondamentali risvolti per il futuro del calcio italiano, Gigi Di Biagio è tornato a parlare di calcio ai taccuini de La Gazzetta dello Sport, soffermandosi sia sul modo in cui la Spal sta attraversando questo momento di convivenza con il Coronavirus che su quello che sarà il suo futuro in biancazzurro.

A partire dalle recenti dichiarazioni di Simone Colombarini e Walter Mattioli, che nell’ultima conferenza stampa, hanno difatti lasciato intendere di volergli prolungare il contratto in scadenza già a fine stagione, anche nel caso in cui il campionato dovesse concludersi con una passo indietro e la retrocessione in Serie B: “Ferrara – ha raccontato il tecnico – è un ambiente ideale per lavorare. C’è un’organizzazione interna che è da alta Serie A. Mi hanno fatto molto piacere le parole del proprietario ma ora preferisco arrivare a giugno e poi discuterne. Sarei contento di rimanere a prescindere dalla categoria”.

Del resto, dal suo arrivo al posto di Leonardo Semplici, l’ex commissario tecnico dell’Under 21 è riuscito a dare in parte nuova linfa al gruppo, sia sotto l’aspetto tattico che sotto quello dell’atteggiamento in campo, a tal punto da guadagnarsi la fiducia di tutta la dirigenza estense: “Intanto abbiamo cambiato modulo, io sono per il 4-3-3 con variazioni, dietro comunque voglio quattro difensori perché quello che conta è l’equilibrio. E anche l’atteggiamento è più aggressivo. I gol arriveranno e penso avremo bisogno che Petagna tocchi quota venti. Mi sembra assurdo essere penultimi. Con Lecce e Juve abbiamo perso immeritatamente. C’è potenziale e materiale per fare un bel lavoro”.

La speranza – superfluo stare a ribadirlo – è quella di centrare una miracolosa salvezza sulla panchina biancazzurra, obbiettivo in cui crede fortemente l’allenatore romano: “Non faccio tabelle: dovremo cercare il risultato sempre. Saranno importanti gli incroci con le genovesi. I punti necessari possono essere 15-18-20, dipende come si incastrano rispetto alle avversarie. Su quali rivali ci sarà da fare la corsa per tagliare il traguardo? Tutte quelle che ci stanno davanti. Almeno quattro le teniamo nel mirino. Non mi basta arrivare quart’ultimo e vorrei salire più su”.

Un’ambizione che non guasta mai, soprattutto se serve per stimolare e tenere sull’attenti tutto l’ambiente spallino, in un momento in cui la grande maggioranza degli addetti ai lavori danno la Spal già per spacciata in B: “Oggi per tutti le percentuali di salvezza sono decisamente basse, ma nella mia testa sono molto più alte. Io sono ottimista per natura. E poi ho uno slogan da lanciare a squadra e città: che si giochi o non si giochi, la Spal deve rimanere in A. Sento la squadra più mia di quanto si possa pensare e ho accettato questa sfida perché è molto suggestiva, consapevole delle difficoltà. Ma sono convinto che ce la faremo”.

Prima però c’è da attendere il semaforo verde per la ripartenza del campionato, che al momento non sembra essere cosa affatto scontata: “I dubbi ci sono, io come tanti ho paura. Negli occhi mi sono rimaste le immagini di Milano e Brescia: ho giocato dieci anni in Lombardia, conosco tante persone in quelle città e temevo per loro. Ma dobbiamo provare a tornare in campo, sarebbe un segnale per tutto il Paese, un atto di responsabilità. Ci aspetta un periodo in cui dovremo adeguarci all’emergenza che non potrà mai essere la normalità. Quella la riavremo quando i tifosi torneranno negli stadi”.

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