Attualità
13 Dicembre 2019
La nuova legge regionale al centro dell'incontro con esperti presso il Centro Lgbti di Ferrara

Omotransfobia: “Non basta fare leggi, il pensiero deve divenire azione”

di Redazione | 4 min

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Un incontro all’insegna di diritti e cultura del rispetto quello svoltosi nel pomeriggio di ieri (giovedì 12 dicembre) presso il Centro Lgbti di Ferrara dove, con esperti in materia, si è discusso della nuova legge regionale contro l’omotransfobia. L’evento è stato realizzato attraverso la collaborazione di Cgil Ferrara, Arcilesbica Ferrara, Arcigay Ferrara, Agedo e Famiglie Arcobaleno e ha visto come relatori Vincenzo Branà, giornalista e attivista Lgbti, Alessandro Nascosi, professore associato di diritto processuale civile dell’Università degli studi di Ferrara e Roberta Mori, presidente della Commissione per la Parità e i diritti delle persone della regione Emilia-Romagna. A moderare gli interventi Annalisa Felletti del Coordinamento Politiche di Genere Cgil Ferrara. Interesse per l’iniziativa anche da parte dell’Amministrazione comunale che, con la presenza di Micol Guerrini, a ssessore alle Politiche giovanili, ha ribadito l’importanza della tematica.

Lo scopo dell’evento, come sottolineato dalla Felletti, è quello di “fornire strumenti adeguati a chi opera nel campo della tutela dei diritti delle persone” e la scelta del luogo, non casuale, ha voluto ribadire “il valore significativo e simbolico sul piano della lotta alla discriminazione”.

Ma cosa vuol dire Lgbti? Acronimo sentito e risentito, Vincenzo Branà ha spiegato che è un modo “per rappresentare un mondo complesso, senza fissare il numero di identità nelle quali riconoscersi”. E subito la tematica apre il capitolo discriminazione per cui, afferma l’attivista, “è necessario uno sguardo sul fenomeno della prevenzione sociale e culturale, attraverso leggi che diano la possibilità di correggere tali comportamenti nel tempo”.

“Non basta fare leggi, il pensiero deve divenire azione, i valori concretezza”. Così la pensa invece Roberta Mori, relatrice della legge regionale 15/2019 contro l’omotransfobia, che ha affermato come una legge simile “dà una risposta concreta a una questione reale che quindi necessita di una normativa specifica”. Non sono mancate dure opposizioni per l’approvazione di tale legge (basti pensare 39 ore di discussione in aula e più di 1700 emendamenti) ma, confessa la consigliera regionale, “mi ha spinta ad andare avanti la dinamicità della nostra regione, la volontà politica ma soprattutto il sostegno di tutte le associazioni Lgbti e, ad oggi, mi ritengo soddisfatta di un prodotto normativo che può reggere nel tempo”.

Ma entriamo più nello specifico. Il professore Alessandro Nascosi ha spiegato al pubblico presente che “il fulcro di questa legge è la prevenzione e il debellamento di discriminazioni contro le persone Lgbti e un tratto fondamentale è sicuramente il riconoscimento del diritto di autodeterminazione”. La legge, però, si concentra anche su politiche attive e concrete. “Tra queste – continua il professore – ci sono iniziative, incontri, eventi e corsi di formazione sulla tematica a cui si aggiungono sussidi economici per le persone Lgbti vittime di violenza assieme allo stanziamento di fondi per tutte quelle associazioni che tutelano queste vittime”. Un altro passaggio fondamentale è dato dal “monitoraggio dei dati di discriminazione per vedere i risultati di tale legge negli anni successivi assieme ad una collaborazione con il Corecom come organo di controllo su eventuali messaggi omofobi nelle programmazioni televisive, radiofoniche e commerciali”. Ultima ma non meno importante conquista è sicuramente “la possibilità per la regione di costituirsi come parte civile nei processi penali nel caso in cui, ad esempio, una persona Lgbti denunci un insulto di una certa gravità”.

Le associazioni Lgbti si dicono molto soddisfatte per la legge di recente approvazione ma per Branà “il sostegno economico doveva andare anche ai piccoli Comuni oltre che alle associazioni perché in alcuni contesti le associazioni non esistono e soprattutto non possiedono risorse da investire in progetti per la tematica”.

Se invece ampliamo lo sguardo al contesto nazionale, l’Emilia-Romagna non può che essere da esempio. “In Italia – spiega il professor Nascosi – da molto tempo si tenta di introdurre una legge simile, ma per varie motivazioni non si è mai riusciti. Attualmente ci sono due proposte di legge in merito ma per ora rimangono stagnanti nelle commissioni di competenza”. E l’accademico rilancia subito sul come “si potrebbe far rientrare nell’articolo 61 la circostanza aggravante”.

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