Attualità
31 Agosto 2018
Una testimone racconta quanto accaduto al Darsena City: «Nessuno ha prestato soccorso, solo una signora ha manifestato ad alta voce la propria indignazione»

Picchiato nel centro commerciale nella compiaciuta indifferenza dei presenti

di Redazione | 4 min

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Preso a calci e colpito al volto nella galleria del centro commerciale, poi minacciato da due dipendenti di un supermercato affinché si allontanasse. Il tutto nell’indifferenza generale, se non nel compiacimento, dei presenti

È quanto sarebbe accaduto nel pomeriggio di mercoledì 29 agosto al Darsena City e nel supermercato Despar al suo interno, a un giovane straniero, secondo quanto racconta in un post su Facebook una testimone, Alexandra Boeru, giornalista che per anni ha lavorato a Telestense.

“Sento il bisogno di condividere l’amarezza e la profonda preoccupazione che mi ha lasciato l’episodio al quale ho assistito ieri pomeriggio a Ferrara”, scrive Alexandra nel suo post, prima di ricostruire l’accaduto.

«Mi trovavo all’interno del centro commerciale Darsena City, intenta a fare la spesa con mia figlia di due anni. Ad un certo punto ho sentito delle urla provenire dalla galleria, appena fuori dalle casse. Mi sono affacciata e ho visto un ragazzo a terra che veniva picchiato da un altro. Il ragazzo a terra urlava “Aiuto, non ho fatto niente!” mentre il suo “aggressore” gli intimava di andarsene, di non farsi più vedere e cercava ancora di colpirlo. Si sono avvicinati alcuni uomini ma non ho visto nessuno prestare soccorso al ragazzo ferito che, col volto tumefatto e spaventatissimo, ha cercato rifugio nel supermercato».

«Me lo sono trovato a un metro. La gente lo scansava, perché oggi come oggi siamo tutti spaventati da risse, guerre tra bande, allarmi sicurezza – continua il racconto della Boeru -. Io sono rimasta immobile con mia figlia seduta nel carrello che, fortunatamente, non si era accorta di nulla. L’ho guardato negli occhi o ho visto soltanto un ragazzo, forse nemmeno ventenne, che piangeva spaventato, dolorante, e chiedeva aiuto. Sono intervenuti due responsabili del supermercato (suppongo lo fossero perché lo hanno minacciato di ulteriori botte se non fosse uscito da lì immediatamente, e perché uno dei due aveva l’abbigliamento che solitamente vedo indossare ai dipendenti), e lo hanno spintonato brutalmente verso l’esterno. Da quel momento in poi non ho più visto nulla, ho solo continuato a sentirlo gridare per un po’ ma poi mi sono spostata un pò perché temevo che mia figlia si accorgesse di cosa stava accadendo, cosa che ero riuscita ad evitare fino a quel momento pur essendo io rimasta molto turbata dalla scena a cui avevo assistito».

Estense.com ha contattato il supermercato Despar ma il manager non era disponibile e l’addetta che ha risposto al telefono e che ha affermato di essere stata lavoro anche nel pomeriggio di mercoledì, ha sostenuto di non aver contezza di episodi del genere.

«A turbarmi ancora di più sono state le frasi che ho sentito dopo – continua lo sfogo della Boeru -. Alcune cassiere, quasi a giustificare l’accaduto, raccontavano ai clienti che “quello ruba tutti i giorni, prima o poi da qualcuno le doveva prendere”. Tralascio i commenti di natura politica, razzista (il ragazzo era bianco ma dalla parlata si capiva che era dell’est Europa) e mi soffermo sui visi compiaciuti dei presenti. Un pugno allo stomaco per me che ancora credo che, in un paese civile, se uno ruba o commette un reato, quello che chi ha subito il furto o il danno deve fare è chiamare le forze dell’ordine. Non pensare di farsi giustizia da solo, a suon di calci e pugni, tra il silenzio assordante dei presenti che, non solo non hanno pensato un attimo a soccorrere il ragazzo picchiato, ma anzi si sono sentiti soddisfatti del fatto che ora non tornerà più, perché ha avuto quello che si merita».

Ma almeno qualcuno, pare, ha provato a mantenere accesa la fiamma della civiltà: «Solo una signora ha manifestato ad alta voce la propria indignazione per quanto evidentemente fuori da mio campo visivo era successo. “Non si può prendere a calci un ragazzo in quel modo, non importa che cosa ha fatto, non si può e basta!”».

«Penso continuamente a questo episodio da ieri, e mi ripeto che non può essere accettato come “cose che di ‘sti tempi succedono” – prosegue la riflessione -. Perché spero che i miei figli possano vivere in un paese, in una città, in cui le persone ancora contano. Un paese e una città in cui se qualcuno viene picchiato non ci si gira dall’altra parte solo perché tanto è un poveraccio, un ladruncolo, uno straniero. Un paese e una città in cui la giustizia è una sola, e vale per tutti. La riflessione che questo episodio apre potrebbe essere molto più ampia, su come funziona il nostro sistema giudiziario, sui mezzi che le forze dell’ordine hanno, sulla sfiducia e la paura, legittima per carità, dei cittadini. Ma io – conclude Boeru – voglio fermarla solo sull’aspetto umano, perché questo ultimamente ci manca, tanto, troppo, ed è la cosa che personalmente mi spaventa di più».

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