Portomaggiore
24 Febbraio 2017
Disse all'insegnante "la faccio licenziare" dopo un'insufficienza in un compito d'italiano

Minacciò prof per un brutto voto alla figlia, anche la Cassazione gli dà torto

di Redazione | 2 min

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La Corte di Cassazione (foto di Cédric/Flikr/CC BY SA 2.0)

Portomaggiore. Dopo il tribunale di Ferrara, anche la Cassazione dà torto a un genitore che aveva minacciato il prof di sua figlia che le aveva dato un brutto voto.

I fatti risalgono al al gennaio del 2010, quando il padre, un uomo originario di Comacchio e domiciliato a Ostellato, andò dal preside dell’istituto tecnico per ragionieri di Portomaggiore, facendo convocare il professore. Il motivo era che quest’ultimo aveva dato un’insufficienza a un elaborato di italiano della figlia, ma lui lo aveva fatto esaminare da una terza persona, che lo avrebbe invece valutato positivamente. Ne nacque una discussione e un certo punto il padre dell’alunna, con tono di sfida e a voce alta, minacciò più volte il professore: “Io la mando in pensione”, disse due volte, per poi aggiungere qualcosa dello stesso tenore: “Io la faccio mandare in pensione”.

Dopo la denuncia per minacce, la questione finì davanti al giudice di pace che assolse l’imputato, ritenendo che quelle parole non potessero costituire una reale minaccia, sulla base del fatto che “la minaccia, perché sia tale, deve raffigurare un male ingiusto e potenzialmente verificabile”. Il giudizio venne ribaltato però dal giudice Alessandra Testoni il 2 febbraio 2016, dopo il ricorso presentato dal legale del professore, l’avvocato Paolo Scaglianti: con quelle frasi il padre avrebbe fatto intendere di avere aderenze, tanto da far sentire il professore, che non conosceva l’uomo se non come genitore di una sua allieva, realmente minacciato. Ciò è bastato a pronunciare la sentenza di condanna alla rifusione del danno per 2mila euro.

A questo punto è l’imputato a presentare ricorso per Cassazione, ma i supremi giudici, con sentenza del 2 febbraio scorso, gli danno nuovamente torto, rigettando il ricorso e condannandolo alle spese, altri 2mila euro.

“È un motivo di soddisfazione per il mio assistito – afferma l’avvocato Scaglianti -, perché sperabilmente simili episodi possano non ripetersi”.

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