Intrighi, soffiate e faide interne. Il tutto all’ombra della ‘Ndrangheta. C’è di tutto in questa “storia squallida”, come la definisce Gabriele Carchidi, giornalista del settimanale Cosenza Sport che svela i possibili retroscena che potrebbero aver portato al trasferito dal Gruppo Zeta.
Il Gruppo Zeta è la task force dei carabinieri che stava indagando sull’omicidio di Donato “Denis” Bergamini, il ‘calciatore suicidato’. L’atleta nato a Boccaleone di Argenta nel ’62 venne trovato morto il 18 novembre 1989 sulla statale Jonica nei pressi di Roseto Capo Spulico in provincia di Cosenza.
Sul caso del trasferimento del gruppo investigativo aveva depositato di recente una interpellanza il deputato ferrarese Alessandro Bratti (vai all’articolo), definendo il caso “oggettivamente anomalo” e chiedendo se questi carabinieri “nel corso dei mesi in cui sono stati impegnati nell’attività, abbiano ricevuto il necessario sostegno dalla loro gerarchia o se, diversamente, la loro opera investigativa sia stata in qualche modo contrastata o resa disagevole”.
Ora, secondo il settimanale Cosenza Sport, la risposta arriverebbe da una denuncia che i carabinieri Redavid, Citino, Lupo e Greco, i componenti del Gruppo Zeta – e con loro gli investigatori Giordano, Marano e Scorzo -, avrebbero fatto nei confronti di un loro collega, che ritenevano colluso con la ‘ndrangheta, e i loro superiori che – sempre secondo la ricostruzione di Carchidi – lo coprivano.
Il collega, secondo il Gruppo Zeta, avrebbe avvertito la famiglia di un latitante che la loro casa era sotto controllo, fornendo anche la mappa per bonificare gli ambienti dalle microspie. Il maresciallo spia viene intercettato dal Gruppo Zeta, che avverte i superiori. Siamo a maggio 2011.
Il 13 giugno 2011 i carabinieri che avevano trascritto le intercettazioni completano una nuova annotazione di polizia giudiziaria. Due settimane dopo arriva l’ordine di trasferimento.
Quanto alla “talpa”, Cosenza Sport fa sapere che continua la sua attività come nulla fosse. Non è stato insomma toccato da alcuna indagine di approfondimento. La storia però non finisce qui e promette di avere riverberi giudiziari. Gli uomini del Gruppo Zeta infatti, assistiti dai propri avvocati, hanno deciso di ricorrere in Cassazione.
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