Come mai tutti i carabinieri incaricati di indagare sulla misteriosa morte di Denis Bergamini, il calciatore argentano trovato senza vita in provincia di Cosenza nel 1989, sono stati trasferiti in altre sedi, destinati ad altri incarichi? Come mai dei sottufficiali e graduati di comprovate capacità professionali, tutti dotati di un curriculum esemplare (il cosiddetto Gruppo Zeta), sono stati costretti ad abbandonare quel delicatissimo caso di polizia giudiziaria, nonostante si stessero producendo in un operazione giudicata già da numerose testate giornalistiche “un piccolo capolavoro”? Sono domande inquietanti quelle che l’onorevole ferrarese del Pd Alessandro Bratti, insieme al collega Franco Laratta, sottopone con un’interpellanza al Ministro della difesa, e che vorrebbero fossero rivolte agli stessi interessati, ovvero ai militari trasferiti.
Gli uomini dell’Arma – appartenenti al nucleo investigativo del comando provinciale di Cosenza – stavano lavorando per gettare luce su una morte rimasta per oltre vent’anni completamente incompresa: Denis era stato trovato senza vita lungo la strada, apparentemente vittima di un camion che l’avrebbe urtato violentemente e ucciso. Il decesso venne archiviato come suicidio ma troppi elementi stridevano con questa ipotesi, ed è per approfondire gli indizi non congruenti che la procura di Castrovillari ha deciso nel 2011 di ritornare sulla vicenda, indagando però questa volta sull’ipotesi di omicidio. Le indagini guidate dal pm Maria Grazia Anastasia non sono ancora state completate – così riporta la Gazzetta del Sud del 26 settembre scorso – ma i carabinieri nel giro di poco più di un anno sono stati trasferiti.
Bratti definisce questo spostamento “oggettivamente anomalo”, e vorrebbe sapere se questi carabinieri “nel corso dei mesi in cui sono stati impegnati nell’attività, abbiano ricevuto il necessario sostegno dalla loro gerarchia o se, diversamente, la loro opera investigativa sia stata in qualche modo contrastata o resa disagevole”. Il deputato esprime sulla questione numerose perplessità: si domanda come mai – a prescindere dai motivi che hanno indotto lo spostamento – non si sia tenuto conto del bagaglio conoscitivo che si andava a perdere distogliendo i militari dal caso, come mai non sia stato privilegiato “l’interesse superiore della giustizia e della ricerca della verità”, attesa dai familiari e dagli amici del giovane Denis da ormai 23 anni.
Il deputato interroga dunque il Ministro della Difesa sull’opportunità di riconsiderare il trasferimento, operazione effettuata “in spregio” di quanto più volte auspicato: un ulteriore impulso alle indagini. L’ultimo sollecito per avere maggiore attenzione e cura del caso risale al 25 settembre 2012 – altri solleciti erano stati inviati nel dicembre 2011 e nel luglio 2010, per un’interpellanza risale al dicembre 2009 -, i militari sono stati trasferiti appena una settimana dopo. Il provvedimento infatti è arrivato il 4 ottobre. Nella fattispecie l’interpellanza del 2009, rimasta ad oggi senza risposta, chiedeva impegno per rendere giustizia alla famiglia del ragazzo, e maggiori chiarimenti rispetto ad un altro trasferimento avvenuto all’interno delle forze armata cosentine, un trasferimento avvenuto durante le prime indagini di vent’anni fa: due poliziotti della questura di Cosenza infatti avrebbero sostenuto che la morte di Denis fosse un caso di omicidio, e non di suicidio, “e per questo sarebbero stati allontanati”.
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