Attualità
11 Settembre 2017
INCHIESTA. Contraffazioni, frode fiscale, favoreggiamento dell’immigrazione e della prostituzione: i casi nel Ferrarese

Mafia nigeriana piaga di Ferrara, ma attenzione a quella cinese

di Redazione | 5 min

Leggi anche

Rivitalizzazione dei centri storici, arrivano 700.000 dalla Regione

Grazie al recente bando regionale per la Rivitalizzazione e il Ripopolamento dei Centri Storici nelle zone colpite dal sisma, il Comune di Ferrara è stato designato destinatario di un finanziamento sostanziale pari a 700.000 euro complessivi. Questo finanziamento ha come obiettivo l’accelerare la ripresa e incoraggiare l'attività economica e sociale nelle aree colpite dal disastro naturale

Se la mafia nigeriana rimane in cima alle preoccupazioni che negli anni sembrano sempre più affliggere i ferraresi, non si può dire lo stesso per quella cinese, dalla quale la stessa città però, non è stata – e non è tuttora – esente.

Già scorrendo il capitolo dedicato alla criminalità cinese redatto nel ‘Quarto rapporto sulle aree settentrionali della criminalità in Italia’, è facile individuare l’Emilia-Romagna, assieme al Veneto e al Piemonte, classificata come “area di secondaria importanza”. E’ seconda solo alla Lombardia, a differenza della quale – soprattutto nella città di Milano, con la relativa Chinatown – non sono presenti, ad oggi, episodi legati alla presenza di gang giovanili cinesi, spesso anche minorenni.

Spiccano l’Emilia Romagna e la nostra città, però, sul fronte della contraffazione: “Qui molte imprese si dedicano alla produzione di merce contraffatta o alla sua vendita – recita il rapporto – immettendo sul mercato articoli provenienti dalla Cina. Il fenomeno risulta particolarmente concentrato nelle province di Modena (nello specifico nel distretto tessile di Carpi), di Reggio Emilia e di Ferrara, aree nelle quali si contano numerose chiusure di laboratori clandestini con sequestri di prodotti contraffatti al loro interno. È qui, infatti, che vengono prodotte le merci poi vendute al dettaglio sulla riviera romagnola o anche in altre parti di Italia”.

Ciò che, come segnala la Direzione nazionale antimafia, porta ad un “ancora inadeguato approfondimento degli aspetti associativi” di tale comunità, è una cultura sociale “che resta fortemente chiusa e omertosa”. A differenza del ‘modus operandi’ che contraddistingue la mafia nigeriana, infatti, gli elementi sinora accertati sulla criminalità cinese in Italia identificano differenti clan autonomi, articolati per lo più su base familiare e non subordinati a strutture di vertice in madrepatria.

Questo non vuol dire che siano totalmente assenti i legami con le cosiddette ‘triadi’, ovvero le celebri organizzazioni diffuse in Cina, nate tra i gangli dell’associazionismo segreto. Ma quella cinese, a differenza delle altre forme di criminalità straniere presenti in Italia, “tende a realizzare – si cita il rapporto – un modello di radicamento territoriale fortemente incentrato sui quartieri etnici, nei quali viene esercitato un vero e proprio controllo – anche psicologico – degli spazi urbani”.

Basti pensare allo sviluppo economico dell’imprenditoria cinese, alle attività manifatturiere e quelle legate alla ristorazione. Una realtà rintracciabile anche nella nostra città, in un tessuto ‘intrecciato’ in cui, come spiega il documento portato lo scorso maggio all’attenzione della commissione parlamentare sulle infiltrazioni mafiose, “gioca un ruolo fondamentale il cosiddetto ‘guanxi’, ossia un reticolo di relazioni di fiducia e di aiuto reciproco, che assicura una serie di benefici sociali a chi ne fa parte: dall’ottenimento di un posto di lavoro al reperimento di un alloggio, fino alla concessione di finanziamenti sulla fiducia tramite circuiti bancari alternativi”.

Dicitura che sembra descrivere quanto emerso, per esempio, dall’inchiesta portata a termine dalla squadra mobile della polizia di Stato e dalla procura di Ferrara nel luglio 2016, a seguito della quale 40 persone – prevalentemente cinesi – hanno dovuto rispondere a vario titolo di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, corruzione e falsità materiale.

Ma i ‘sintomi’ che sembrano segnalare un nuovo e non trascurabile dinamismo di questo tipo di criminalità, sempre secondo il rapporto, sono svariati: l’utilizzo degli incendi come atti intimidatori, l’aumento dei reati fiscali (riciclaggio, evasione fiscale e false fatturazioni), l’aumento delle attività commerciali legali rispetto ai laboratori clandestini, il maggior coinvolgimento nella vendita della droga e possibili alleanze con altri gruppi criminali, il costante aumento della prostituzione rivolta a clienti italiani, sia in strada sia al chiuso, l’aumento della gestione del gioco d’azzardo (dalle tradizionali bische clandestine agli incassi realizzati dai videopoker negli esercizi commerciali) e delle forme di usura collegate. Infine, e più in generale, i rapporti più intensi con i cittadini e le istituzioni italiane.

Sulla pratica delle false fatturazioni, il documento fa luce citando proprio l’articolo di estense.com che riporta la vicenda scoperta nel gennaio 2013 dalla Guardia di Finanza di Cento, che smantella una rete criminale di imprenditori operanti in gran parte nel settore calzaturiero e dell’abbigliamento (Operazione Luna d’Oriente 2).

Vicenda che si fa ormai un po’ in là nel tempo, e che viene puntualmente ripresa con una pratica “concettualmente imparentata”: la frode fiscale. Si parla del luglio appena trascorso con l’indagine a due imprenditori tessili nel centese ai quali la Guardia di Finanza ha sequestrato 700 mila euro, gestiti ‘a piacimento’ grazie all’utilizzo strumentale di altre imprese spalmate nel territorio fino al bolognese.

Da non dimenticare invece una vicenda molto più recente riguardante il nuovo business della droga nel quale da qualche tempo si è specializzata la criminalità cinese, quella cioè del maxi sequestro a Mesola di 870 piante di marijuana coltivate in un capannone in aperta campagna affidato a un 53enne cinese, ritenuto essere solo il custode della piantagione, una delle tante già scoperte dalle forze dell’ordine nelle province limitrofe, tanto da far pensare a una vera e propria organizzazione dedita a questo tipo di attività.

“Numerose sono le donne arrestate nell’ambito di varie indagini sulla prostituzione”, recita poi il documento, evidenziando come tratto distintivo il coinvolgimento femminile nelle attività criminali: siamo ancora nel gennaio 2013 quando, ad Occhiobello, avviene il sequestro e la sospensione delle attività illecite effettuate al centro massaggi Asia, prima che, un anno dopo, capiti la stessa cosa in un analogo centro a Santa Maria Maddalena. Fino allo scorso marzo, quando una donna cinese, titolare del centro massaggi di via Modena, finisce alla sbarra per favoreggiamento alla prostituzione.

Episodi, questi ed altri, che nella nostra città passano forse ancora ‘inosservati’, ma ai quali, come ricorda il rapporto, “è necessario prestare attenzione, per le derive criminali potenzialmente implicite tipiche di alcuni schemi di espansione imprenditoriale da parte di cittadini cinesi residenti nel nostro Paese”.

Grazie per aver letto questo articolo...
Da 18 anni Estense.com offre una informazione indipendente ai suoi lettori e non ha mai accettato fondi pubblici per non pesare nemmeno un centesimo sulle spalle della collettività. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati non sempre è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge e, speriamo, ci apprezza di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di ferraresi che ci leggono ogni giorno, può diventare fondamentale.

 

OPPURE se preferisci non usare PayPal ma un normale bonifico bancario (anche periodico) puoi intestarlo a:

Scoop Media Edit
IBAN: IT06D0538713004000000035119 (Banca BPER)
Causale: Donazione per Estense.com