Cento. Nell’ambito di un’indagine diretta dalla procura di Bologna, la tenenza della Guardia di Finanza di Cento ha sequestrato beni per un valore complessivo di circa 700.000 mila – tra cui un immobile ad uso abitativo, un capannone, un’auto, due furgoni e conti correnti – riconducibili a due imprenditori cinesi accusati di frode fiscale.
Il provvedimento è stato emesso dal tribunale felsineo su richiesta del sostituto procuratore di Bologna Claudio Santangelo. I sequestri sono stati eseguiti nella città del Guercino, Bologna e San Giovanni in Persiceto, nei confronti di due coniugi di nazionalità cinese.
A quest’ultimi sono infatti risultati riferibili i beni e le aziende manifatturiere, operanti nel settore tessile, attraverso le quali sono stati perpetrati gli illeciti consistiti, fra l’altro, nell’emissione di 2,5 milioni di euro di false fatture per un’evasione complessiva di imposta pari a circa un milione e mezzo di euro.
L’attività investigativa che ha condotto all’emissione del provvedimento di sequestro trae origine da una verifica fiscale effettuata nei confronti di un’azienda manifatturiera del centese. I risultati hanno convinto gli inquirenti che il titolare di diritto dell’azienda sarebbe un mero prestanome al quale i coniugi cinesi avevano intestato in modo fittizio le quote della manifattura per poter agire nell’anonimato.
La frode era realizzata con l’utilizzo strumentale di ulteriori imprese attive nel settore tessile, situate nel centese e nel bolognese; ciò consentiva ai due indagati di “gestire” a piacimento il volume d’affari delle proprie aziende, compensando arbitrariamente le imposte dovute attraverso false fatture e non facendo emergere, in tal modo, l’obbligo di versare le imposte nelle casse dello Stato.
Dallo sviluppo delle movimentazioni dei conti correnti esaminati è stato possibile poi scoprire non solo la frode messa in atto, ma anche un complesso meccanismo che, grazie all’utilizzo di false fatture, ha permesso di veicolare ingenti somme di denaro dall’Emilia verso la Repubblica Popolare Cinese. Ammonta infatti a circa 1 milione di euro l’importo che i due imprenditori versavano su conti cinesi, indicando nella causale di trasferimento “saldo fatture” a favore di fornitori di fantasia.
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