Attualità
26 Giugno 2017
Massimo Faggioli e Piero Stefani fanno luce sulle gettonate “sovrapposizioni di terminologie”

Trump e Bergoglio, populisti contro l’establishment?

di Redazione | 3 min

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Se il populismo è ormai diventato un epiteto ‘di moda’ in ambito politico ed economico, un po’ di chiarezza va fatta sul suo uso in ambito religioso, in particolare quando il destinatario diventa Papa Francesco: questo il nocciolo del confronto fra il biblista prof. Piero Stefani e il docente di storia del cristianesimo all’università di Philadelphia Massimo Faggioli.

Definendo i populisti come “coloro che evitano per principio l’intermediazione dell’establishment” o dell’istituzione, come introduce provocatoriamente Francesco Lavezzi, allora si potrebbe intravedere una qualche identificazione fra papa Bergoglio e il neopresidente Trump, “il cui successo elettorale è avvenuto esattamente attraverso la contrapposizione all’establishment che rappresentava la Clinton”.

Un comune risentimento che si aggiunge all’essere entrambi “contro l’economia che uccide”: ci troviamo dunque di fronte a un papa populista? Un’altra precisazione va fatta secondo Piero Stefani, perché “una cosa è il populismo al singolare e un’altra i populismi al plurale”, nei quali il biblista vede “una serie di egoismi collettivi”, diametralmente opposti al populismo – da non confondere con il nazionalismo, da cui deriva una facile “contrapposizione di terminologie” – che “nega come un gioco di egoismi possa portare a una qualsiasi forma di benessere”.

In questi termini “allora sì, Bergoglio è un populista – afferma Faggioli – che parte dal concetto di ‘pueblo’ – “al singolare”, sottolinea Stefani – come architrave dello stato sociale attraverso una sorta di superiorità morale. Un pueblo buono e solidale contrapposto a un’oligarchia cultrice del dio denaro, che prende forma nella visione di Chiesa del popolo di Dio, cosa che fra l’altro è una delle grandi idee del Concilio Vaticano II”.

A questo proposito, molto forte è la visione riportata da Faggioli sulla visione del Papa a proposito dell’infallibilità, che non applica a sé stesso, “ma alla fede del popolo di Dio”. Pur “stentando a riconoscere nel Papa un populismo dal punto di vista politico – prosegue Faggioli – (basti pensare a come si è distanziato dalla politica italiana e al difficile rapporto che ha con quella europea)”, da più di qualcuno, compreso Faggioli, papa Francesco è definito “un peronista di sinistra, e questo soprattutto in situazioni come quelle di Venezuela, Perù ed Ecuador”.

Un’altra dinamica è poi messa in luce da Stefani, quella del contrasto “tra un principio che fa capo al vertice e una parte consistente dell’aristocrazia”, che il biblista esemplifica con la riforma firmata da papa Francesco riguardo le modalità di annullamento del matrimonio. “Decentrante” secondo Stefani, oltre ad attribuire ai vescovi una facoltà che prima era più centralizzata, il fatto che “i fedeli vengano definiti sudditi dei vescovi. Una contraddizione evidente – afferma – fra il popolo di Dio e le forme di governo assolutistico-aristocratico”.

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