di Cecilia Gallotta
“Prima di scendere a terra mi sono rassettato con cura. Ho indossato i miei vestiti puliti che avevo preparato e portato con me sotto il camion. E ho messo piede in Italia”. Solo con questa radicale decisione il poco più che ventenne Gholam Najafi ha potuto salvare la sua vita e condividerla con il mondo, anche attraverso l’emozionante incontro tenuto presso la libreria Feltrinelli di via Garibaldi, reso possibile grazie all’associazione Tutori Volontari e al Comune di Ferrara.
Assieme al fondatore del Movimento Nonviolento Daniele Lugli, Gholam presenta “Il mio Afghanistan”: aveva solo 10 anni quando decise di scappare all’insaputa della madre insieme al suo fratellino di 7. “Ho sempre sognato di studiare – confessa – ma io da bambino facevo il pastore, e studiavo solo 3 mesi d’inverno. Non sono scappato perché morivamo di fame, con l’allevamento stavamo bene in quel senso: ma è arrivata la guerra civile, e poi il comunismo. Un comunismo che faceva paura anche al mondo musulmano”.
Dalla violenza delle prigioni iraniane a quelle turche, dagli orrori afghani alla fuga in Grecia, Gholam ci mise sei anni per arrivare in Italia: “Mi ricordo la volta che andai in Irlanda – rammenta – il mio primo viaggio senza aver dovuto pagare i contrabbandieri: mi sono messo a piangere in aereo e ho pensato a quanto sarebbe bello se tutti quelli della mia terra un giorno potessero viaggiare legalmente. E non ci volevano anni, ma solo poche ore”.
Ma è cominciando a studiare che Gholam inizia a riflettere: “Io ero un bambino, e prima di scappare non sapevo neanche che esistessero altri Paesi: pensavo che tutto il mondo parlasse la mia lingua. Poi dopo tanti anni, quando ho studiato la storia italiana ho pensato: ‘ma allora anche qua c’è stata la guerra!’ E leggendo dell’unità d’Italia, solo per un momento ho pensato possibile che anche l’Afghanistan un giorno potrebbe unirsi”.
Testardo e sorridente: è così che Gholam si definisce più volte tra un racconto e l’altro. Un sorriso carico di dolore con cui vuole trasmettere al mondo che la speranza è davvero l’ultima a morire: “Quando sono arrivato in Grecia ho pensato di ‘aver trovato l’America’ come dite voi qui in Italia – afferma Gholam – perché lì non mi bastonavano più e nessuno tagliava arti alla gente. Ma quando per la prima volta ebbi paura di morire in mare, ho pensato che la vita è sacra e quella che abbiamo la dobbiamo vivere a tutti i costi”.
Ogni pagina del libro è un racconto alla sua mamma, ci svela l’autore, che è non più riuscito a trovare neanche dopo essere tornato in Afghanistan. “Ho molti dubbi sulla mia data di nascita – confessa Gholam – Voi avete studiato la preistoria e l’Afghanistan è un po’ così: non c’è il calendario e io sono andato via così presto. Del resto anche sulla nascita di Boiardo abbiamo molti dubbi”.
“L’unica cosa che mi spaventa dell’Italia è la politica: quando viene diviso in diversi partiti alla fine un Paese viene spaccato”. Con la sua grande capacità di connettere il Paese d’origine e la cultura italiana che ormai gli appartiene, Gholam ci dà l’accesso a un mondo per noi lontano, che però tocca le corde di realtà molto vicine: “Quando mi hanno invitato a venire qui oggi avevo già prenotato il mio viaggio per tornare in Afghanistan – rivela Gholam – ma poi, pensare di poter incontrare anche solo un cuore in più, mi ha fatto cambiare idea”.
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