Attualità
8 Febbraio 2016
Il punto dell'Arpa sulle anomalie nel trimestre novembre-dicembre-gennaio

Clima, ecco perché non arriva l’inverno

di Redazione | 6 min

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00016358-originalL’inverno sembra proprio non voler arrivare quest’anno: ad eccezione della seconda settimana di gennaio, quando le temperature sono scese sotto lo zero in maniera diffusa per l’afflusso di aria di origine polare, il periodo da novembre alla fine di gennaio è stato caratterizzato dalla persistenza dell’alta pressione, che ha mantenuto condizioni di stabilità e temperature molto al disopra della media.

Anche le previsioni non lasciano intravedere una normalizzazione nel prossimo futuro, visto che da metà febbraio è previsto un robusto segnale di rimonta del campo anticiclonico. Queste forti anomalie di circolazione determinano temperature eccezionalmente miti (soprattutto in montagna), assenza di precipitazioni, scarso rimescolamento atmosferico e quindi scarso ricambio di massa d’aria in Pianura Padana, con sensibili conseguenze in vari settori: lo stato dei fiumi, l’agricoltura, il turismo invernale, la qualità dell’aria.

Di seguito, il punto dell’Arpa sulle anomalie meteorologiche riscontrate finora e sui principali effetti rilevati.

Le cause. I flussi perturbati atlantici invernali si sono mantenuti più a Nord della norma per la persistente presenza di un campo anticiclonico sul Mediterraneo, legata alla anomala espansione della fascia di alta pressione subtropicale. La situazione è presumibilmente imputabile al graduale effetto del cambiamento climatico e alle conseguenze de El Niño, il fenomeno che si verifica periodicamente nell’area centrale dell’Oceano Pacifico, quando la temperatura di superficie aumenta di almeno 0,5° C per non meno di 5 mesi, con effetti sulla circolazione atmosferica globale.

Gli effetti sulle temperature e le precipitazioni. Le temperature medie degli ultimi tre mesi (novembre 2015-gennaio 2016) sono state molto superiori alla media: in montagna si sono registrati circa +3 °C rispetto al clima degli ultimi anni, in pianura circa + 1 °C. In particolare nella settimana dal 25 al 31 gennaio sono risultate molto superiori al clima con scostamenti settimanali tra +3-5 °C in pianura e sino a +6-8 °C sui rilievi. Emblematico in questa stagione anche il dato relativo allo zero termico, l’altitudine alla quale la temperatura è di 0°C in libera atmosfera. Il trimestre appena concluso ha fatto registrare un valore medio di 2850 metri, per cui il limite della neve e del gelo è stato mediamente molto superiore alle cime più alte dell´Emilia-Romagna, con “sofferenza” degli impianti sciistici.

Anche le precipitazioni sono state scarsissime, inferiori alla norma su tutta la regione. I valori di deficit arrivano fino a – 70% nei tre mesi sulla fascia appenninica (pari a circa – 400mm) e sulla pianura emiliana. In particolare, nelle province di Piacenza e Parma gli indici mostrano una situazione di siccità agricola e idrologica: la prima considera gli impatti sull’agricoltura, la seconda considera gli effetti sul rifornimento idrico del suolo e del sottosuolo.  Le piogge sono state più abbondanti sul settore centro-orientale grazie a un ottobre piovoso e ad un abbondante (e finora unico) evento di precipitazioni nel mese di novembre. Anche la neve registra il primato del record negativo.

Le conseguenze sulle riserve idriche: fiume Po. Tutti i fiumi, a partire da quelli occidentali, presentano condizioni di magra. In particolare la portata del Po è su valori molto bassi.  Si tratta di valori inferiori anche alla magra del 2006-2007, anche se non rappresentano un record nella lunga serie storica a disposizione, che inizia dal 1923: altri inverni caratterizzati da magre fluviali furono quelli del 2002 e del 1990. Confrontando i dati della portata media registrati a Pontelagoscuro  nei trimestri novembre-gennaio dal 1990-1991 a oggi, il dato attuale di 847 m3/s si avvicina al record del 2001-2002 di 817 m3/s.

Nessuna conseguenza negativa sulle falde idriche. La scarsità delle precipitazioni non ha inciso significativamente sul livello delle falde, ossia dell’acqua immagazzinata nel sottosuolo che, infiltrandosi nel terreno, forma depositi di acqua sotterranea. Nell’ultimo bimestre dicembre 2015-gennaio 2016 in Emilia-Romagna i livelli medi di soggiacenza delle falde di pianura (ovvero, della profondità delle acque sotterranee misurata in metri rispetto alla superficie topografica) risultano mediamente più alti del corrispondente periodo 2011-2014, quindi la situazione è decisamente positiva.

Le conseguenze sulla qualità dell’aria. Lo scarso rimescolamento, l’assenza di vento e le marcate inversioni termiche, con temperature in quota particolarmente elevate (+ 3 °C rispetto al clima) hanno pesantemente influito sull’accumulo degli inquinanti per l’intero trimestre. A novembre, sono state 6 le stazioni che hanno registrato almeno 10 superamenti della soglia giornaliera per il PM10 (le concentrazioni più alte a Ferrara e Carpi con 90 µg/m3). A dicembre le stazioni con almeno 10 superamenti sono salite a 29, il picco più alto a Rimini (123 µg/m3). Il mese di gennaio, dal 19 in poi, è stato il più critico del trimestre considerato per le concentrazioni massime di PM10, che hanno superato il valore limite giornaliero dei 50 mcg/m3, e sono progressivamente aumentate in tutta la regione fino a raggiungere valori superiori ai 100 µg/m3 in diverse stazioni, comprese quelle di fondo rurale. Le condizioni peggiori sono state osservate il 30 gennaio con 19 stazioni su 47 con valori compresi tra 100 e 155 µg/m3.

Anche i valori di PM2.5 sono stati relativamente elevati, con medie giornaliere superiori a 80 mcg/m3 nel periodo compreso tra il 28 e il 30 gennaio. All’interno del progetto Supersito promosso dalla Regione Emilia-Romagna (che ha l’obiettivo di migliorare le conoscenze degli aspetti ambientali e sanitari del particolato fine e ultrafine presente in atmosfera) è stata condotta un’analisi del PM2.5 e PM1, nei trimestri novembre-dicembre-gennaio del quinquennio 2011/2016. Nel 2015/2016 si è osservato un incremento della concentrazione di PM2.5 rispetto agli anni precedenti, a fronte di una diminuzione del PM1 (che ha fatto registrare a San Pietro Capofiume il valore più basso di tutti i periodi analizzati).

Tornando al numero dei superamenti dei limiti per le polveri (PM10), benché in gennaio vada da un minimo di 9 (Forlì) a un massimo di 16 (Modena), si tratta tuttavia di valori confrontabili con quelli fatti registrare nello stesso periodo negli ultimi 5 anni. Gli anni peggiori sono stati il 2015 (da 10 a 22 superamenti) e il 2012 (da 15 a 24). Il 2014 è risultato l’anno con il minor numero di superamenti nel mese di gennaio (da 2 a 12). ​I valori massimi giornalieri registrati in Emilia-Romagna nel trimestre, 155 µg/m3 a Mirandola (Mo) e 146 a Colorno (Pr) il 30 gennaio 2016, sono confrontabili o inferiori a quelli registrati in passato nella nostra regione (276 nel 2002 e 246 µg/m3 nel 2012 a Parma, 253 µg/m3 a Ferrara nel 2002, 209 µg/m3 a Reggio Emilia nel 2012) e non raggiungono le concentrazioni di picco misurate a gennaio da altre stazioni del Nord Italia (ad esempio Torino 246 µg/m3 il 26/1 e Venezia 215 µg/m3 il 30/1).

Il confronto con il passato. Al momento attuale possiamo dire che questa stagione invernale 2015-2016 è davvero così critica? Dal confronto col passato si vede che negli ultimi anni si sono alternati inverni molto diversi fra loro: generalmente caldi, spesso molto piovosi (come il 2010 e il 2014) oppure siccitosi, come quelli 2006/2007/2008 e il 2012. Questa alternanza meteorologica ha evidenti riflessi negativi sulla qualità dell’aria: nel trimestre novembre 2015 – gennaio 2016, ben cinque stazioni hanno registrato più dei 35 superamenti di PM10 che la normativa consente in un intero anno. Tuttavia, restiamo lontani dalla situazione del 2011-2012, quando furono ben 27 le stazioni con registrazioni così critiche. Relativamente critica, al momento, a giudicare dai livelli dei fiumi soprattutto sulla parte occidentale della regione, anche la situazione di siccità, comparabile con quella del 2006-2007.

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