Argenta
21 Novembre 2015
Le parole dette dalla docente seduta tra il pubblico a due alunne durante l'incontro con Haidi Giuliani

L’insegnante: “Alla Diaz fecero bene a intervenire”

di Redazione | 3 min

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Argenta. “I poliziotti che sono entrati alla Diaz hanno fatto bene a intervenire, erano lì per proteggerci. Hanno sbagliato solo un po’ i modi”. Sono le parole uscite dalla bocca di una docente seduta tra il pubblico durante l’incontro organizzato dagli insegnanti della scuola media di Argenta con Haidi Giuliani.

Sotto il titolo “La storia e il presente”, il progetto ha l’ambizioso intento di fornire un’ampia disamina dei fatti di cronaca degli ultimi cinquant’anni passando dal G8 di Genova, alla bomba di Piazza della Loggia fino ad arrivare a Federico Aldrovandi. Obiettivo primo degli incontri, dedicati anche agli studenti delle scuole superiori, è quello di sensibilizzare le giovani menti in merito a questioni sociali e di giustizia, anche se la strada è ancora molto lunga e irta di ostacoli.

Lo dimostra infatti lo scambio, privato, di battute sopra riportato tra la docente e due alunne, che chiedevano informazioni sulle dinamiche degli scontri avvenuti all’interno della scuola Diaz, definiti da Amnesty International “la più grande sospensione dei diritti umani dopo la seconda guerra mondiale” o, per essere utilizzare la parole del vicequestore aggiunto del primo Reparto Mobile di Roma Michelangelo Fournier, in quei giorni in servizio al G8,, “una macelleria messicana”. La docente, seduta tra il pubblico insieme alle ragazze, se n’è uscita con quella frase proprio di fianco al cronista, che non ha potuto non sentire e registrare sul taccuino la singolare versione storica del fatto di Genova spiegata alle due giovani studentesse.

Tornando invece al tema e all’ospite dell’incontro, grazie all’intervento della madre di Carlo Giuliani, manifestante ucciso durante gli scontri a Piazza Alimonda da un colpo partito dalla pistola del carabiniere Mario Placanica, ci si è potuti addentrare nei fatti accaduti a Genova quattordici anni fa.

“Carlo non aveva paura, non sopportava le ingiustizie – ricorda Adelaide ‘Haidi’ Giuliani –. Aveva tanti amici tra i membri di Rifondazione Comunista, tossicodipendenti, tra i migranti e anche tra gli anarchici, che ricordo che sono un movimento pacifico. Era antirazzista, contro ogni tipo di fascismo e soprattutto contro le guerre”.

In apertura, Haidi ha sottolineato “l’importanza della disubbidienza”, ricordando che “l’ubbidienza non è una virtù” e di quando gli stessi partigiani venivano considerati dai tedeschi dei banditi, compiendo così un parallelismo con i manifestanti che affollarono la zona rossa di Genova in contrasto con i membri del G8.

Gran parte dell’incontro è stato dedicato all’analisi degli intenti dei manifestanti, definiti dalla madre di Carlo Giuliani “altermondialisti”, perchè “lottavano per una globalizzazione dei diritti umani, e quindi il termine No global, inventato di sana pianta dai media e dai giornalisti, è completamente errato”.

Un atto di accusa, quello di Haidi Giuliani, mosso anche ai duecento black block e alle forze dell’ordine, quest’ultime “incapaci di gestire i manifestanti” e che “hanno sfogato la propria rabbia utilizzando come strumento di offesa, oltre ai manganelli, anche spranghe e sassi”, come hanno testimoniato le fotografie proiettate all’interno della sala gremita di studenti.

Inevitabilmente il discorso si è spostato a quel venti luglio 2001, giorno della morte di Carlo Giuliani: “quando mio figlio ha ricevuto il colpo alla testa si trovava a quattro metri dalla camionetta. Aveva raccolto l’estintore dopo un precedente lancio da parte di un altro manifestante. C’è chi ha scritto che Carlo era un assassino e che intendeva uccidere, lui voleva solo fermare la pistola che in quel momento era già stata estratta e si trovava fuori dalla camionetta puntata sulle persone. Rimanendo lì ha compiuto un atto di presunzione, avrebbe dovuto scappare come hanno fatto gli altri”.

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