Cronaca
13 Aprile 2014
Il direttore del centro malattie vascolari di Unife ospite al seminario “Orizzonti in Biologia e Medicina”

Zamboni, “l’Ulisse” della ricerca medica

di Redazione | 3 min

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zamboni“Prendo le distanze dall’uso commerciale e senza controllo che si sta continuando a fare delle mie ipotesi e dei miei studi presso strutture sanitarie private”. A dirlo è il direttore del centro malattie vascolari dell’Università di Ferrara Paolo Zamboni, che ha rimarcato le sue ipotesi sulla sclerosi multipla al seminario promosso dalla classe di Scienze Sperimentali della scuola superiore Sant’Anna di Pisa, in occasione del ciclo seminariale “Orizzonti in Biologia e Medicina”, intitolato “The extracranic cerebral venous system: a potential contributor to neurodegeneration?”.

“Quando ho osservato un vetrino con un campione di lesione da sclerosi multipla – ha introdotto l’esperto – sono rimasto colpito dal profilo morfologico delle venule residenti, le quali ricordavano molto quelle da me osservate in pazienti affetti da una patologia primitiva dei vasi venosi. Da qui, ho ipotizzato che alla base della sclerosi multipla poteva esserci un coinvolgimento importante del sistema venoso. Da qui, ha avuto inizio tutto”.

Paolo Zamboni ha sottolineato che “le vene ed i vasi linfatici sono poco studiati in ambito medico, eppure sono molto importanti al fine di garantire, anche a livello periferico, la vitalità e la corretta funzione delle cellule”. “La maggior parte degli studiosi – ha spiegato – considera la funzione del sistema venoso del distretto cerebrale e spinale ininfluente sull’attività del tessuto nervoso, un tessuto dalla complessa attività metabolica. Seppure esistano poche evidenze scientifiche sugli effetti trofici di uno scorretto drenaggio ematico, tale preconcetto ha scoraggiato il ricercatore dal soffermarsi sullo studio del ruolo delle alterazioni funzionali delle vene, le stesse che io osservo con meraviglia in pazienti affetti da sclerosi multipla. Nei vasi venosi extracranici dei pazienti con sclerosi multipla si osservano delle strutture membranose che rallentano fino ad bloccare il flusso di sangue dal cervello. Inizialmente pensai che l’uso di uno stent potesse bastare a ripristinare il flusso di sangue dal cervello e, ad alcuni pazienti, questo approccio ha determinato un importante miglioramento della qualità di vita. In seguito, sulla base dell’esperienza scientifica raccolta in questi anni, ho constatato che non è un approccio efficace in tutti i pazienti, ma questo dato non esclude che ci siano alterazioni del circolo venoso alla base della sclerosi multipla”.

“La comunità scientifica internazionale è costituita da scienziati che si pongono continuamente delle domande, alle quali cercano di rispondere con l’applicazione di un metodo. Io stesso continuo ad interrogarmi sui fenomeni che continuo ad osservare, e sarei felice se li potessi condividere serenamente con altri colleghi, esperti della materia, quali neurologi e neuro scienziati, al fine di accelerare il processo di indagine, dirimere dubbi e, nel migliore dei casi, giungere al letto del paziente con più certezze condivise.” Per quanto riguarda “l’uso commerciale dei suoi studi”, Zamboni asserisce che “sono profondamente amareggiato dal chiacchiericcio mediatico alimentato da inesattezze piuttosto che da evidenze scientifiche. Le evidenze scientifiche sono continuamente affidate alle attenzioni della comunità scientifica onternazionale. La patologia venosa pur avendo un esordio morfologico precoce si traduce in un disturbo funzionale dopo molti anni di silenzio clinico. Questo è acclarato a livello degli arti inferiori, e credo non sia da escludersi a livello dei distretti venosi extracranici”.

“Zamboni – conclude Vincenzo Lionetti, coordinatore del ciclo seminariale – ricorda molto Ulisse, il quale sentiva il mandato di rincorrere l’orizzonte al fine di garantire un passo in avanti nella conoscenza ed anche nella coscienza. Colpisce il fatto che, pur in presenza di risultati non sempre confermati, ma puntualmente comunicati alla comunità scientifica internazionale, una parte degli esperti della materia abbia preferito una repentina chiusura piuttosto che un continuo dialogo. Il mondo della ricerca resta in ascolto di possibili evoluzioni ed invita alla attenta, quanto precoce, sorveglianza di se stessi”.

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